L’individualismo ha perso slancio ma è ancora vivo…

Recentemente si è diffusa la tesi, attribuita a Giuseppe De Rita, che in Italia è finalmente incominciato un rilancio morale e sociale. Dopo un decennio dominato dall’individualismo e dal consumismo più sfrenato, adesso finalmente sono riapparse le responsabilità, la riappropriazione del territorio, la rinascita della solidarietà sociale.

Io ho letto con cura il rapporto Censis e non ho trovato prove a favore di questa tesi ma, semmai, elementi che rafforzano la mia diagnosi, assai diversa.

1) L’individualismo, la cura per se stessi sono, semmai, aumentati. Sono aumentati i consumi di cosmetici, le spese per le vacanze invernali. Studiando il rapporto fra valori ed erotismo ho trovato, soprattutto nelle giovani donne, ambizione, slancio erotico, desiderio di affermarsi, di piacere. In tutto il paese c’è interesse per la sessualità, la vita privata.

2) I consumi privati nel corso dell’anno non sono affatto diminuiti. É diminuita la spesa per l’abbligliamento, ma è aumentata quella per la casa.
Nel campo alimentare è diminuito il consumo di scatolame, ma è cresciuto quello di cibi freschi, verdure, pesce. É in declino il fast food, ma la gente va nei buoni ristoranti.
Gli italiani sono divenuti ancora più raffinati nel cibo, più esigenti.

3) Eppure vi sono serie difficoltà economiche. Il nostro benessere è fondato sul risparmio privato e sull’indebitamento pubblico. Oggi questo è tanto cresciuto che nessuno riesce più a controllarlo. Le imprese che esportano e che competono sul mercato internazionale si trovano in gravissime difficoltà. Nessuno sa come faremo a partecipare alla moneta comune europea.

4) Si fa un gran parlare di privatizzazione, ma in realtà gli unici posti sicuri, in cui il reddito cresce e non viene licenziato nessuno, sono quelli pubblici.
Perfino a Torino i giovani cercano un impiego statale. La concorrenza internazionale invece morde le imprese produttive e i suoi lavoratori.

5) il sistema produttivo italiano è in difficoltà. Il made in Italy perde terreno. Spariscono i grandi artigiani, vengono licenziati e prepensionati gli operai al massimo della loro competenza e non ci sarà più nessuno a rimpiazzarli. Molte ditte spostano la loro produzione nei Paesi asiatici con una perdita di qualita e di prestigio.

6) Si riduce sempre di più la classe operaia, il proletariato, con la sua etica del lavoro e la sua sobrietà, e cresce il sottoproletariato, il sinistro Lumpenproletariat di Marx. É formato di disoccupati, persone senza qualifica, immigrati extracomunitari, mendicanti, drogati, giovani che hanno rinunciato alla scuola e al lavoro, skinhead, manodopera della mafia e della camorra.

7) I partiti sono invecchiati. Soprattutto nel Nord la gente vorrebbe subito riforme: elezione diretta del sindaco, introduzione del ballottaggio, premi di maggioranza per consentire di governare, primo ministro responsabile di fronte al Parlamento.

Il Sud ha paura dei cambiamenti per timore di perdere l’appoggio dello Stato centralizzato.
Il Paese tende a dividersi in due e la classe politica, di conseguenza, è anch’essa divisa, lacerata, incerta e non riesce a costituire un modello, una guida.

Conclusioni: ciò che caratterizza l’Italia in questo momento è un individualismo stanco che ha perso l’impeto e la creatività degli anni 80. Ma tutti sentono il profondo bisogno di nuove istituzioni politiche e di una guida politica all’altezza dei problemi di questo decennio.

(di Francesco Alberoni)

DAL CORRIERE DELLA SERA DEL 29-1-91