Alcune considerazioni sul concetto di eutanasia oggi.

Coloro la cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare. Le persone ammalate o handicappate devono essere sostenute perché possano condurre un’esistenza per quanto possibile normale. Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l’eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile.

Cosi un’azione oppure un’omissione che, da sè o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un’uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L’errore di giudizio nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest’atto omicida, sempre da condannare e da escludere.

L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’« accanimento terapeutico».

Non si vuole cosi procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.

Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d’ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L’uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta nè come fine nè come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.

IL RISPETTO DELLA PERSONA E LA RICERCA SCIENTIFICA

Le sperimentazioni scientifiche, mediche o psicologiche, sulle persone o sui gruppi umani, possono concorrere alla guarigione dei malati e al progresso della salute pubblica.

La ricerca scentifica di base come la ricerca applicata costituiscono una espressione significativa della signoria dell’uomo sulla creazione. La scienza e la tecnica sono preziose risorse quando vengono messe al servizio dell’uomo e ne promuovono lo sviluppo integrale a beneficio di tutti; non possono tuttavia, da sole, indicare il senso dell’esistenza e del progresso umano. La scienza e la tecnica sono ordinate all’uomo, dal quale traggono origine e sviluppo; esse, quindi, trovano nella persona e nei suoi valori morali l’indicazione del loro fine e la coscienza dei loro limiti.

È illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica e delle sue applicazioni. D’altra parte, i criteri orientativi non possono essere dedotti nè dalla semplice efficacia tecnica, nè dall’utilità che può derivarne per gli uni a scapito degli altri, nè, peggio ancora, dalle ideologie dominanti. La scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso significato intrinseco, l’incondizionato rispetto dei criteri fondamentali della moralità; devono essere al servizio della persona umana, dei suoi malienabili diritti, del suo bene vero e integrale, in conformità al progetto e alla volontà di Dio.

Le ricerche o sperimentazioni sull’essere umano non possono legittimare atti in se stessi contrari alla dignità delle persone e alla legge morale. L’eventuale consenso dei soggetti non giustifica simili atti. La sperimentazione sull’essere umano non è moralmente legittima se fa correre rischi sproporzionati o evitabili per la vita o l’integrità fisica e psichica dei soggetti. La sperimentazione sugli esseri umani non è conforme alla dignità della persona se, oltre tutto, viene fatta senza il consenso esplicito del soggetto o dei suoi aventi diritto.

Il trapianto di organi non è moralmente accettabile se il donatore o i suoi aventi diritto non vi hanno dato il loro esplicito consenso. Il trapianto di organi è conforme alla legge morale e può essere meritorio se i danni e i rischi fisici e psichici in cui incorre il donatore sono proporzionati al bene che si cerca per il destinatario.

È moralmente inammissibile provocare direttamente la mutilazione invalidante o la morte di un essere umano, sia pure per ritardare il decesso di altre persone.