AFRO BASALDELLA
(Afro-Libio, detto Afro)
Udine 1912- Zurigo 1976;
pittore
Dopo la morte del padre, pittore e decoratore, compie i primi studi a Venezia e a Firenze. Si diploma in pittura a Venezia (1931). Nel 1928 con i fratelli Mirko e Dino e con A. Filipponi espone alla I Mostra della Scuola friulana d’avanguardia (Udine, ottobre), e l’anno seguente alla XX Esposizione dell’Opera Bevilacqua La Masa (Venezia). Sempre nel 1929 vince una borsa di studio della Fondazione Marangoni, grazie alla quale può recarsi a Roma, dove incontra Scipione, Mario Mafai e Corrado Cagli. Nel 1932 trascorre un periodo a Milano, frequentando con il fratello Mirko lo studio di Arturo Martini. Nel 1933 espone a Milano alla galleria del Milione .
Tra il 1934 e il 1935 è a Roma, vicino a Cagli e al “tonalismo” da lui interpretato con accenti che si riallacciano alla pittura veneta.
Nel 1936 si cimenta in un ciclo di affreschi per il collegio dell’Opera Nazionale Balilla di Udine (distrutti poco tempo dopo), una delle imprese in cui si esprime la vocazione architettonica della pittura tonale (cfr C. Cagli , Muri ai pittori, in “Quadrante”, maggio 1933).
Nel 1937 a Parigi collabora con Cagli alle vaste decorazioni per l’Esposizione internazionale. Si interessa alla pittura impressionista e cubista.E’ del 1937 una importante personale alla Galleria della Cometa di Roma: Libero de Libero, presentandolo in catalogo, esalta la matrice veneta del suo acceso colorismo. Nel 1938 esegue degli affreschi a Rodi (villa del Profeta e Albergo delle Rose) e a Udine (casa Cavazzini). Nel 1939 partecipa alla III Quadriennale di Roma ed espone con Mirko a Torino (galleria della Zecca) e a Genova (galleria Genova). Nello stesso periodo la sua attività di pittore-decoratore si esplica in alcune mostre romane dedicate a temi sociali e “autarchici” :Maternità e infanzia, del Tessile, del Minerale (le opere, eseguite a tempera su pannelli, sono andate perdute). Alle soglie della guerra, Afro partecipa al clima di rinnovamento che si esprime nell’attività di � e nelle varie edizioni del Premio Bergamo .
Le opere del periodo 1940-’42 (le nature morte, le Rovine e i quadri di figura) vivono in una dimensione più interiore ed evocativa, le superfici tonali si stemperano e si frantumano in una sorta di impressionismo della memoria. Dal 1941 alla fine del conflitto Afro è a Venezia, dove insegna mosaico all’Accademia . Realizza i cartoni per i mosaici del palazzo dei ricevimenti dell’E42 (Roma-EUR). Nelle opere successive al 1943 si manifesta una tendenza alla sintesi lineare e coloristica, in sintonia con la nuova attenzione italiana per il linguaggio cubista e postcubista. Questo periodo di ricerche, durato fino a tutto il 1947, fu la premessa della sua produzione postbellica che sfocerà nell’Informale. Decisivo nella formazione del suo linguaggio astratto fu anche il lungo soggiorno compiuto negli Stati Uniti (1950).
Bibliografia: E. Crispolti, I Basaldella, Milano 1984 (con bibliografia precedente); Afro fino al 1952, catalogo della mostra a cura di B. Mantura, P. Rosazza, Spoleto 1987; Afro, dipinti 1931-1975, catalogo della mostra a cura di L. Caramel, Venezia 1982; The Italian Metamorphosis 1943-1968, catalogo della mostra a cura di G. Celant, New York 1994 (poi Milano , Wolfsburg 1995), AA. VV., Afro, Catalogo Generale Ragionato, Roma, 1997.
Le Demolizioni di Afro e quelle di Mafai entrano presto nelle collezioni della Galleria, che le acquista non tanto (o non solo) per il loro valore pittorico, quanto per il significato documentario, legato alle due operazioni urbanistiche più notevoli di quel periodo�: le demolizioni nella zona dell’Augusteo, volte a ripristinare il rudere della tomba di Augusto e a creare spazio per la nuova sistemazione di piazza Augusto Imperatore; la demolizione della “spina” dei Borghi, ovvero dell’isolato compreso tra il Tevere e piazza S. Pietro, necessaria per aprire via della Conciliazione. Nel quadro di Afro è difficile risalire a un luogo preciso, le abitazioni sono già antiche rovine, consunte da secoli di intemperie. I due operai che si intravedono tra le mura diroccate non sono uomini di questo tempo, ma fantasmi di una città invisibile. Con le loro mani, anziché distruggere, sembrano formare nuove mura di fango, che domani cadranno di nuovo, in un ritmo ciclico e inesorabile.
L’immagine si impone per la raffinata semplicità e per la chiarezza dell’equilibrio formale – cromatico. I colori, abbassati e modulati da velature condotte con precisa sapienza tecnica, sono distribuiti in stesure aperte e sfrangiate ai bordi, dialoganti con i segni bruni che non hanno funzione delimitante ma corrono liberamente sulla superficie. La libertà del segno e la tendenza a sfumare delle stesure cromatiche caratterizzano la pittura di Afro per un lungo periodo, dai primi anni Cinquanta sino al 1970 (il giardino della speranza, 1958; Parigi, Palazzo dell’Unesco). La tela chiara, radiante, affiora sotto la materia pittorica magra contribuendo a creare una luminosità distillata e notturna.
M.T.
Dopo gli studi condotti presso il Liceo artistico di Venezia e Firenze Afro espone, nel 1928, a Udine alla mostra della Scuola friulana d’avanguardia insieme gli amici Angilotto Ermagora Modotto, Candido Grassi e il fratello Dino con cui aveva fondato un gruppo artistico in aperta polemica con la passatista cultura figurativa udinese dell’epoca. L’anno successivo vince una borsa di studio della Fondazione Marangoni di Udine che gli consente di soggiornare, insieme al fratello Dino, a Roma dove entra subito in contatto con gli esponenti della Scuola romana (Scipione, Cagli e Mafai). Successivamente frequenta a Milano lo studio di Arturo Martini e conosce Birolli e Morlotti. A Roma tra il 1934 e il 1935 condivide, con Mirko e Cagli, l’esperienza pittorica del gruppo di giovani artisti raccolti attorno alla Scuola romana e qui incontra Capogrossi, Fazzini, Cavalli, Leoncillo.
Nel 1934 vince in il concorso indetto a Udine per la decorazione del Collegio dell’ONB, affreschi che porta a compimento due anni dopo, ma che vengono subito scialbati. Dopo un breve soggiorno parigino nel 1937, rientra a Roma. Nel 1939 ottiene a Udine il primo premio al concorso di pittura indetto quell’anno dalla Fondazione Marangoni dal titolo “Si fondano le città” (il grande dipinto si trova oggi presso la Galleria d’Arte Moderna cittadina). Dal 1941 insegna mosaico all’Accademia di Venezia. Nel 1950 compie un viaggio negli Stati Uniti dove rimane affascinato dalla pittura astratta di Arshile Gorky. Nel 1952 aderisce al Gruppo degli Otto proposto da Lionello Venturi alla Biennale veneziana di quell’anno approdando progressivamente tra gli anni Cinquanta e Sessanta a forme d’espressione astratta di intensa concentrazione lirica ed evocativa.