ALIDA PUPPO : l’ARTE DEL RECUPERO CREATIVO

MUSICA ESISTENZIALE
Sulle opere dei celebri artisti Enrico Marras ed Alido Puppo, scorre una musica elaborata appositamente da Pier Angelo Piai, la quale evoca sensazioni interiori difficilmente descrivibili. L’abbinamento non è casuale…

https://www.youtube.com/watch?v=3k5Z2iqPDzQ

NOTA BIOGRAFICA

Nata a Martignacco (UD), Alida Puppo vive e lavora nella frazione di
Suzzolins, fra i Comuni di Teglio Veneto (VE) e Cordovado (PN), ove si
distingue sia per l’impegno profuso da anni nella formazione artistica
dei ragazzi, presso il locale Centro Sociale, che nelle partecipazioni
a varie rassegne artistiche.

La sua arte si esprime nell’originale idea di riciclare, in modo
indubbiamente inconsueto, articoli da discarica, solitamente in vetro,
creando, mediante continue sperimentazioni tecniche, opere di notevole
vivacità cromatica nelle quali l’ispirazione raggiunge la purezza e
l’autenticità della passione.

Ha partecipato alle seguenti mostre d’arte:

1999- “Creazioni su vetro – Alida PUPPO/Opere pittoriche – Enrico
MARRAS” (due personali in concomitanza) , Teglio Veneto (VE) , Ex Sala
Consiliare;
1999/2000 – mostra “Opere su vetro”, Spilimbergo (PN), “Collezioni d’arte Bisaro Roberto”;

2000- mostra personale “Opere su vetro”, Fossalta di Portogruaro (VE) , “Moka Caffe”;

2000- “Opere recenti Alida Puppo – Enrico Marras”, Cividale del Friuli (UD), “Caffe Paolo Diacono”;
2000 – mostra personale “Opere recenti”, Fossalta di Portogruaro (VE) , “Moka Caffe”;

2000- “Creazioni su vetro – Alida PUPPO/Opere pittoriche – Enrico
MARRAS” (due personali in concomitanza) , Fossalta di Portogruaro (VE)
, Centro Culturale Ippolito Nievo;
2000- “Sperimentazioni Alida PUPPO – Enrico MARRAS” (due personali in
concomitanza) , Fossalta di Portogruaro (VE) , “Moka Caffe”;
2000- “Alida PUPPO – Enrico MARRAS” (due personali in concomitanza),
Coderno di Sedegliano (UD), Casa Natale del poeta, Padre David Maria
Turoldo;
2000- “Opere 1998/2000 Alida Puppo – Enrico Marras” ( due personali in concomitanza) , Udine – “Caffe Quadri”;

2000- “Sperimentazioni 1998/2000 Alida PUPPO – Enrico MARRAS” (due
personali in concomitanza), Fossalta di Portogruaro (VE), “Moka Caffe”;

1998- Rassegna artistica “Teglio Veneto – Paese della Poesia”, Teglio
Veneto (VE); 1994- Collettiva d’arte, Teglio Veneto (VE) , Ex Sala
Consiliare.

Persona estremamente attiva nell’ambito culturale e sociale del paese
ha recitato nella Compagnia Teatrale “I Viandanti” di Teglio Veneto
(VE) interpretando varie opere dello scrittore Mirco Stefanon.

Da anni scrive articoli, riguardanti, fra l’altro, le situazioni legate
all’arte e all’ambiente di Teglio Veneto (VE) per il giornale locale
“Il Tiglio”; ha partecipato, inoltre, alla stesura della monografia
“Enrico Marras – Colore e Materia” (Ed. Pro Suzzolins, 2000) .

ALIDA PUPPO

In un ‘ epoca, come la nostra, scarsamente caratterizzata e compiaciuta
di tante evasioni nel mondo dell’ipotetico o quantomeno dell’inedito
fine a se stesso, non meraviglierà constatare la propensione di Alida
Puppo a decorare piatti e bottiglie di vetro, recuperati fra i
“rifiuti” della società dei consumi ed a qualificarli con la lucida
intensità degli smalti e la preziosità delle dorature.

Il suo, quindi, non e solo intendimento ecologico, ma chiara
determinazione dimostrativa che il senso della vita sta anche nel
conferire impronta culturale a qualcosa che alla pratica quotidiana non
serve più e che perciò, incurante di ogni suo possibile riutilizzo, la
società rigetta, quasi che il passato non rappresenti un preambolo
giustificante il presente, a cui debbono essere consegnati i sogni ed i
miraggi di una vita intellettualmente più vivace.

Il mondo figurativo di Alida Puppo si distingue per l’ esuberanza dei
riverberi dorati e degli smalti colorati, nei quali immerge, quale
significativa costante, un enigmatico volto umano.

L’artista lo stilizza in forme prevalentemente geometriche, non immuni
da suggestioni arcaiche, ma trasposto in una dimensione
orientaleggiante per l’insistita trama decorativa con cui lo contorna e
per i sempre guizzanti riflessi con cui lo smaterializza e lo rende
fortemente allusivo.

Esso funge solamente da spunto impaginativo: la vivacità del riflesso
dorato lo disancora da ogni valenza fisiognomica per consegnarlo alla
preziosità di un gusto che s’inebria dell’atemporalità di lucentezze e
di bagliori, che parlano dell’approdo formale di una personalità
segnata da un impegno immaginativo di estenuata raffinatezza.

Marzo 2000 LUCIANO PERISSIN0TTO

ALIDA PUPPO

In un ‘ epoca, come la nostra, scarsamente caratterizzata e compiaciuta
di tante evasioni nel mondo dell’ipotetico o quantomeno dell’inedito
fine a se stesso, non meraviglierà constatare la propensione di Alida
Puppo a decorare piatti e bottiglie di vetro, recuperati fra i
“rifiuti” della società dei consumi ed a qualificarli con la lucida
intensità degli smalti e la preziosit delle dorature.

Il suo, quindi, non e solo intendimento ecologico, ma chiara
determinazione dimostrativa che il senso della vita sta anche nel
conferire impronta culturale a qualcosa che alla pratica quotidiana non
serve più e che perciò, incurante di ogni suo possibile riutilizzo, la
società rigetta, quasi che il passato non rappresenti un preambolo
giustificante il presente, a cui debbono essere consegnati i sogni ed i
miraggi di una vita intellettualmente più vivace.

Il mondo figurativo di Alida Puppo si distingue per l’ esuberanza dei
riverberi dorati e degli smalti colorati, nei quali immerge, quale
significativa costante, un enigmatico volto umano. L’artista lo
stilizza in forme prevalentemente geometriche, non immuni da
suggestioni arcaiche, ma trasposto in una dimensione orientaleggiante
per l’insistita trama decorativa con cui lo contorna e per i sempre
guizzanti riflessi con cui lo smaterializza e lo rende fortemente
allusivo.

Esso funge solamente da spunto impaginativo: la vivacità del riflesso
dorato lo disancora da ogni valenza fisiognomica per consegnarlo alla
preziosità di un gusto che s’inebria dell’atemporalità di lucentezze e
di bagliori, che parlano dell’approdo formale di una personalità
segnata da un impegno immaginativo di estenuata raffinatezza.
Marzo 2000 LUCIANO PERISSIN0TTO

I SENTIERI INTERIORI DI ALIDA PUPPO

Fili dorati o color avorio, in rilievo, che corrono attorno ed
attraverso superfici, rendendo evidenti campiture di colore o composte
di materia colorata. Fili dorati che costruiscono, spezzettati,
molteplici piani e superfici, disposti armoniosamente, evidenziandone
le periferie, aggraziandole ed impreziosendole, talvolta
sovrapponendosi, per mettere in rilievo elementi ricchi di vibrazioni
artistiche.

Sulle bottiglie e sui piatti che Alida Puppo rigenera, togliendo loro
lo stato di inservibilità e di abbandono, pone segni netti, di
contenuti espressivi, facendo immaginare un ritmo creativo veloce,
incisivo, definitivo, voluto con determinazione: sui piatti e sulle
bottiglie corrono sentieri creativi vivaci, segnati da percezioni
profonde, da passione.

Per questo, sulle superfici definite sono depositate immagini e forme
che hanno il respiro della vastità: quelle cne si vedono, sono forme
che spingono a percorre gli infiniti sentieri di quella immaginazione
gioiosa che produce emozioni.
I sentieri interiori di Alida Puppo si possono leggere qui: sono
elementi aperti e dilaganti nei quali lei trova i ritmi gestuali
appropriati, ricchi di apporti, ed intravede progetti compositivi
infiniti, sempre armoniosi.

Per questa ragione, forse, le sue composizioni sanno stimolare i giusti
ritmi emotivi della gioia. Queste composizioni si potrebbero definire
musicali, se musica puo essere anche l’armonia compositiva segnica,
quella che suscita emozioni tenere o forti, davanti ad oggetti resi
vivi da una creatività che è anche fresca, e teneramente femminile.

Quello che particolarmente colpisce, osservando le opere di Alida, è
quella tanta voglia insopprimibile di comunicare, di dire. Ci riesce
egregiamente, se, come è successo a me, le sue bottiglie, pur non
avendomi fatto gustare il loro contenuto, perché vuote, mi hanno
inebriato.

Aprile 2000 GIOVANNI B. CUM

SULLE ORME DI ALTRE FORME

Dalla saggezza antica ho imparato che non c’è niente di nuovo sotto il
sole e dalla mia esperienza quotidiana che non c’è niente di nuovo
sotto I’ombelico. Insomma, a questo mondo si continua a riciclare di
tutto: storie amori cappotti minestre riscaldate. . .

Lo diceva sempre anche mio nonno: L’età avanzata… non si butta via!
Figuriamoci un piatto, una bottiglia, un vassoio o una vetrata.
La ricetta per conservarli è semplice: basta andare oltre le forme!
E Alida ha la sensibilità e la mano per farlo. Almeno così mi ha
raccontato a Fossalta di Portogruaro, alIa personale “Creazioni su
Vetro”, un viso di ragazza che ha preso vita, grazie alla creatività di
Alida, in una vecchia bottiglia blu notte. Le racconto la favola di
Cenerentola – continua a parlarmi la ragazza. – No, grazie, la. conosco
a memoria.

E’ una storia vecchia. – Ma io l’ho riciclata, – mi precisa. – Ah, se è
riciclata, l’ascolto volentieri! C ‘era una volta una vecchia bottiglia
che viveva in una buia e polversa cantina. La poveretta era sempre
triste e sola. Passava le sue giornate sognando la luce di una sala da
pranzo, di un salotto o di uno studio.

Ma, ahimé, vestiva solo di una logora ragnatela, e, così vestita, si
sentiva goffa e bruttina. Nessuno si sarebbe più accorto di lei! Ma
ecco che un giorno, cadde sotto gli occhi magici della Fata dei
Ricicli. E subito, tra le sue mani, la vecchia bottiglia blu notte si
vestì a giomo e si sentì rinascere in colore in meraviglia e in gioia
di vivere.

Ora in compagnia di altre Cenerentole, splende in tutta la sua
bellezza, e vive, finalmente, felice e contenta. Mi ha raccontato la
sua storia. Io, che I’ho ascoltata facendo orecchie da mercante, mi
dico: Quasi quasi la compro! E mentre continuo a guardarla stupito, mi
si avvicina un signore, con I’aria di chi la sa lunga, e mi fa: E’ un
fiasco. A me, invece, sembra un lavoro ben riuscito!

Marzo 2000 MIRCO STEFANON

L ‘ ANIMA DELL’ INUTILE

Nel tentativo di eseguire un’analisi critica dei lavori di Alida Puppo
non si può di certo prescindere dalla sua sublime dimensione creativa,
priva di inibizioni di sorta nell’assorbire voracemente elementi
interni ed apparentemente esterni all’arte stessa.

Successivamente alIa prima metà degli anni novanta, contraddistinta da
un periodo paesaggistico, con l’utilizzo della tecnica ad olio su
supporti classici quali tele e cartoni intelati, debitore degli stilemi
impressionistici e post-impressionistici con riferimenti precipuamente
vangoghiani (fase nella quale già si denota un gusto innato negli
abbinamenti cromatici) , la Puppo inizia a sviluppare; conseguentemente
alIa visione “ispiratrice” di una discarica, la sua originale ricerca
di materiali da riciclare (bottiglie, piatti, specchi, lampadine,
finestre, ecc.); “rifiuti” della societa dei consumi ai quali “dare
un’anima” mediante l’utilizzo di vari pigmenti, dai colori acrilici e
per vetro allo spray.

Tale condizione artistica, la porta ad una crescita pittorica in
simbiosi con le forme per poi sopravanzarle mediante una
sperimentazione continua; dalla fase intensamente puntinata (1996-1997)
alle linee oniriche (1997) passando per le “crepe” (con l’immagine
alquanto suggestiva della bottiglia suddivisa in tasselli irregolari) ,
l’artista si spinge in un contesto colmo di pathos, generando prima
(1998) alcune creazioni con immagini zoomorfe (specie animali
solitamente selvatiche) fra soggetti rousseauniani e ligabuiani e
tecniche divisioniste ( Seurat e Signac in primis) , per poi arrivare (
1998-1999 ) alle splendide vetrate sia sacre (esprimendo apertamente,
grazie anche ad un viaggio culturale in Toscana, il suo amore per la
Scuola Senese, Duccio in particolare) che affini allo stile liberty
(create con la tecnica della finta vetrata, attraverso l’impiego del
piombo e dello stagno uniti all’applicazione di colori per vetro,
sempre su materiali rigorosamente riciclati) .

Ma la purezza delle emozioni, la liricitè unica che contraddistingue
l’acme del suo iter espressivo si estrinseca, dalla fine del 1998 al
2000, nel periodo delle maschere etniche africane ed orientali che
risultano dense di genialità e forza creativa; opere tendenti sì alIa
ricerca ma con evidenti correlazioni alIa volontà di evadere da un
ambito sociale generale, a volte frustrante, con l’arma dei colori
sempre accesi e vibranti, che si ritrovano nella fase quasi
concomitante (seconda metà del 1999) dei pugnali medioevali.

I soggetti sono sistematicamente personalizzati con stilemi, attenti
alle esperienze modiglianesche e picassiane, estremamente moderni con
un gusto impeccabile legato sovente a basi geometriche vicine, per la
meticolosità quasi maniacale, a Mondrian e Van Doesburg. Comunque sia,
le composizioni della Puppo restano uniche per un insieme di
connotazioni (dall’autenticità dei sentimenti alIa purezza passionale
dell’ispirazione) e solo una loro visione diretta potrà far comprendere
sino in fondo la palpitante emozione di cui sono intrisi quei “rifiuti”
elevati al rango di opere d’arte.

UN COMMENTO SU ALIDA PUPPO DI VITTORIO SGARBI (EA)

 

ALIDA PUPPO COMMENTATA DA SGARBI

Prima ho scritto sul figlio, Enrico Marras. Ora é il turno della madre, Alida Puppo. Che collabora con Enrico, ma dal quale si distingue, come avevo avuto già modo di accennare nel testo a lui dedicato, per una personalità artistica certamente diversa, lì prevalendo il linguaggio informale, qui quello primitista. Un punto in comune, e non secondario, figlio e madre lo avrebbero. Entrambi si pongono nel segno di una continuità storica con la friulanità, il rapporto sentimentale e culturale che stabiliscono con la loro terra, che però va ritenuta più ideale che filologica. Se quella di Marras si lega al Novecento artistico di Afro, giusto per intendersi, ma in un modo tale da non determinare di-pendenze troppo stringenti con esso, quella della Puppo si lega alle espressioni di carattere etnografico che possono rimandare anche a quelle popolari del Friuli, ma che più propriamente sì rifanno a un archetipo, a un ipotetico imprinting dr base da cui sono scaturite tutte le derivazioni di civiltà constatabili In ogni angolo dell’orbe terracqueo. Detto altrimenti, l’approccio che porta la Puppo a confrontarsi con l’arte etnica, e non per recepirla semplicemente, ma per riappropriarsene, é di matrice prettamente intuitiva, cosa che la porta a immaginarsela come possibile sviluppo di qualcosa di già esistente nel comune sentire, in una forma che per questo potrebbe essere definita di Neo o iperetnicismo. ll concetto di sviluppo, inteso come proiezione nell’attualità, giustifica anche l’Impiego di materiali residuali qual vetri e specchi rotti, pezzi dì mobili rotti, busti da sartoria, cartoni da imballaggio, fiaschi e bottiglie usati, che nella Puppo rispondono a una doppia motivazione. Da una parte, adottare la logica del reimpiego estetizzato dello scarto ancora così in voga nelle popolazioni che si collocano ai margini della civilizzazione moderna, identificandola con una delle funzioni primarie dell’arte, la conversione dei brutto in bello. Il cambio dì destinazione che porta qualcosa diventato inutile a ritornare necessario. Dall’altra, la conformazione cielo creazione artistica a un principio diventato irrinunciabile nell’etica ecologista dei nostri tempi, il riciclaggio del rifiuto d’origine industriale. Per sentirsi pienamente contemporanei, sembra dirci la Puppo, non c’é nulla di meglio che recuperare la pezza del primitivo ancora dentro di noi.

Vittorio Sgarbi

 

 

Alida PUPPO risiede a Teglio Veneto (VE), via Suzzolins nr: 54 tel. 0421 706455.