RIFLESSIONI ESISTENZIALI SULLE OPERE DI ENRICO MARRAS
di Pier Angelo Piai
NOTA BIOGRAFICA
Nato nel 1969 a Udine, Enrico Marras ha partecipato a vari corsi d’arte, tra i quali gli studi di specializzazione di restauro dipinti presso il Laboratorio/Bottega d’Artigianato di Arte e Restauro di Domenico Ruma, cimentandosi, fra I’altro, in ricerche artistico/attributive, unitamente a Barbara Medda, su opere di maestri del settecento veneto.
La sua pittura si muove in un ambito informale di costante ricerca che si caratterizza, in una prima fase, in composizioni dal cromatismo acceso, connotazione alla quale si aggiunge, in particolare dopo la conoscenza delle opere di Valentina Verani, una vigorosa matericità.
MUSICA ESISTENZIALE
Sulle opere dei celebri artisti Enrico Marras ed Alido Puppo, scorre una musica elaborata appositamente da Pier Angelo Piai, la quale evoca sensazioni interiori difficilmente descrivibili. L’abbinamento non è casuale…
https://www.youtube.com/watch?v=3k5Z2iqPDzQ
COMMENTI
Il quadrato o il rettangolo che, al centro del dipinto, s’incastona come pietra preziosa in una opera orafa, non intende autoflettersi a conquistare lo spazio circostante, ma essere, come afferma l’autore, una finestra attraverso la quale egli si propone di esplorare la sua interiorità.
In un tempo votato all’esteriore, al superficiale, dl caduco, Enrico Marras si mette in causa e, senza reticenze, indaga dentro di sé.
Così vive la sua esperienza di pittore: egli interagisce con il mondo principalmente per ricavarne stimoli atti a corroborare i fermenti interiori sui quali visualizza il suo problema esistenziale.
Rifiutando ciò che è “effetto” e puntando ad affermare l’importanza dell’interiorità, Marras non si preoccupa di impreziosire il piano pittorico, realizzato con parsimonia di colore su un fondo quasi sempre matericamente elaborato, nell’intento di rompere la continuità del piano.
Apparentemente appagato, l’artista invece è un inquieto: lo dice la preparazione del sottofondo, realizzata ad ampie spatolate, indice di un’insofferenza che sa di lotta interiore per emanciparsi da un pesante autocondizionamento.
Ad alleggerire ogni tensione provvede, in parte, il colore, almeno quando è leggero e trasparente: col colore Marras cerca di stabilire una relazione meno drammatica con la realtà, di cui egli è ineludibilmente parte integrante, nonostante la coltivata illusione di vivere una dimensione tutta sua, fatta di domande e di risposte dalla compiaciuta valenza estetizzante.
Marzo 2000
LUCIANO PERISSINOTTO
UN’ISPlRAZIONE SOFFERTA ED AMATA
Nell’espressione di Enrico Marras il confine tra fenomeno, ciò che si manifesta, e il noumeno, ciò che è nascosto, assume le proporzioni di un conflitto esistenziale in perenne dinamismo cromatico.
L’evoluzione creatrice bergsoniana si fissa nelle opere in un flusso interiore – esteriore, mentre il gioco pittorico diviene sottile, quasi matematico, eludendo il paradosso tra anima e ragione, facendo convergere l’apparente dualismo in una sola essenza.
Se infatti all’apparenza il messaggio di Marras si fissa un’alternanza tra essere e non essere, tutto evidenzia piuttosto la volontà di offrire una via d’uscita, uno sbocco esistenziale all’intolleranza verso il mondo.
Se fuori l’universo si tinge di scuro, l’animo palpitante può ancora sognare d’amare, può, con spazi emotivi che paiono restringersi, divenire sempre più zone di conquista, a volte aree di silenzio, di volontario esilio dal mondo.
Comunque sia, la vita, in un divenire hegeliano, ci propone continuamente il moto come alternanza, come dolore e resurrezione. In Marras la valenza astratta del linguaggio si fa metro di un itinerario che ci immerge in una visione quasi infinita, cosmica.
In tal senso, nella interdisciplinarietà dell’arte, vi è il richiamo letterario a Jorge Luis Borges e si fa permeante al “Giardino dei sentieri che si biforcano” dove la tensione è tra oggetto e soggetto, è scelta tra macro e micro-cosmo.
La vita nella sua dualità maschile-femminile, luce tenebra, esistenza terrena-esistenza ultraterrena, ci pone di fronte ad un eterno confronto. L’arte di Enrico Marras si pernea di tale vitalismo e ci porta a delle riflessioni che travalicano la tela.
Le sue opere sono dunque sospese tra essere e non essere, ma nel vigore cromatico, nella “vis” di un tratto incontaminato svelano motivazioni ancestrali.
Si tratta di un’ispirazione sofferta ed amata, ricercata quasi negli innumerevoli viaggi all’estero, ma legata al confronto con il Duemila.
Si dovrebbero citare vari artisti che potrebbero aver costituito l’humus della formazione di Marras, ma l’audacia di ogni tratto fa scoprire un pittore inedito, nato dal caso e dal mistero esistenziale.
Giugno 1999 VALENTINA VERANI
UN IMMENSO E VIBRANTE SPAZIO INTERIORE
Per Marras il quadro non è uno schermo che racchiude immagini, ma un luogo in cui si attua visivamente un evento esistenziale.
Le sue tele, quindi, sono dei luoghi ove si producono dei fatti, spesso carichi di tensione drammatica, sovente intrisi d’amore e passionalità.
Egli stesso conferma di manifestare degli stati d’animo ed è per questo che le sue composizioni sono concepite come qualcosa di vivo, facente parte di un immenso e vibrante spazio interiore, volto ad esprimere un insieme di pensieri empirici che si manifestano sotto forma di sostanze coloristico-luminose espanse e di rara intensità.
L’artista produce fenomeni colorati, avvalendosi di una tecnica spontanea e materica, capace di occupare la nostra facoltà percettiva; ponendo in evidenza la sua sensibilità alla luce, Marras la incanala arginandola nel flusso del colore alla ricerca di un equilibrio fra materia e superficie, fra percezione visiva ed interiore.
Esemplari, a tal riguardo, risultano le opere a due tinte accostate, nelle quali l’artista si serve dei colori come forze manovrabili che possono sommarsi o sottrarsi a seconda dell’impulso creativo. La creazione artistica avviene in piu momenti: con dei gesti espressionistici Marras impasta gli strati densi di gesso e pittura per interni, avventandoli sul supporto pittorico (tela, pannelli in legno e metallici, ecc.) con fare dirompente quasi a disgregare la realtà; poi avvalendosi di pigmenti quali tempera, acrilico, olio e vernici spray, completa l’opera, aggiungendo più strati fino a che la superficie non raggiunge un certo grado di densità.
Di conseguenza i suoi componimenti artistici non rimangono mere facciate esteriori, bensì divengono ambienti che avvolgono il fruitore degli stessi, aprendo lo spazio all’immaginazione. Inizialmente egli presentava elementi figurativi, poi nel corso della sua ricerca questi sono scomparsi per lasciare spazio a sensazioni visive e tattili.
Condizione che rende tangibile la ricerca di un contatto, un tramite tra la curiosità dell’essere umano e l’estensione illimitata del suo pensiero che ad un certo punto fugge dai perimetri delimitati dalle cornici al fine di non creare zone chiuse, sconfinando vorticosamente nell’interiorità e nella piena manifestazione della sua volontà di esistere attraverso l’accrescimento del sempre affascinante incontro tra macrocosmo (fantasia) e microcosmo (interiorità) .
Tale espressione si evince ineludibilmente nella vigorosa e palpitante matericità, indicatrice di possibili moti espressivi che mediante i rilievi e gli incavi della materia danno al movimento, estremamente dinamico, un ritmo ed al colore la qualità non di forma bensì di forza.
Una forza che muove la mano dell’artista attraversando il suo animo a volte solitario ma denso di una profonda sensibilità.
Marzo 2000 ELENA VEDOVATO
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