Anno: 1976
Regia: Marcello De Stefano
Soggetto: Marcello De Stefano
Sceneggiatura: Marcello De Stefano
Fotografia: Antonio Seguini
Musiche: Gianfranco Plenizio
Suono: International Recording
Speaker: Gianfranco Scialino, Graziella Ricci Polini
Interpreti: Remigia Grion, Marinella Petracco, Micaela Soranzo
Consulenza storica: Gian Carlo Menis
Consulenza artistica: Giuseppe Bergamini
Montaggio: Marcello De Stefano
Produzione: Seguini& Delli Zotti, Udine; 1976
Durata: 51’

Questo
film-saggio segna una tappa molto importante nella cinematografia di De
Stefano, perché si ha, da parte del regista, un calarsi ancora più
diretto nella realtà friulana e nella problematica affermazione della
specifica sua identità.

Spieghiamo innanzitutto il significato del
titolo: l’autore vuole operare qui una «controlettura» (78) nel senso
cioè di una rilettura dei dati storici, artistici e linguistici di una
comunità che è sempre riuscita, nel corso dei secoli, a mantenersi
saldamente ancorata alle proprie caratteristiche originali di lingua e
tradizioni, sapendosi nel contempo rinnovare senza omologazione al
cambiare dei tempi.

Il
titolo quindi “sottolinea la necessità del capovolgimento” (79) in
serietà del consuetudinario superficiale modo di conoscere, ed in
particolare di quel molto diffuso modo di attuarsi conoscitivo
costituito dal turismo, il quale, cinematograficamente, nel suo simbolo
si fa richiamo ad una vita vissuta non più, come troppo spesso accade,
quale esperienza epidermica, ma come un calarsi consapevole e
partecipato nella realtà e nella storia (i luoghi visitati). Solo così
si può arrivare ad un arricchimento vero della propria persona, e si può
riuscire a penetrare a fondo nell’anima e nelle sofferenze di un popolo
intero.

Nel concreto filmico, le tre protagoniste del film
(Remigia Grion, Marinella Petracco, Micaela Soranzo), tre giovani
ragazze, hanno modo di compiere in Friuli la loro evoluzione verso la
propria autoconsapevolezza.
Dapprima esse prendono atto in modo
superficiale, senza porsi problemi e domande, della presenza dell’arte
romana, paleocristiana e romanica ad Aquileia e longobarda a Cividale;
in seguito, avendo modo di compiere un excursus esplorativo tra le
memorie storiche di questa terra, Gemona e Venzone (le riprese sono
state effettuate poco tempo prima che il terremoto del 1976 distruggesse
questi paesi, la cui costruzione costò anni di fatiche alla gente
friulana, e queste immagini non possono non destare un moto di
commozione) e grazie anche alla presa di coscienza della antichità di
una lingua, tramite la lettura di testi scritti con essa, arrivano a
comprendere che dietro a tutto ciò vi è un popolo con la sua civiltà, la
sua storia, le sue sofferenze.

E
prendono consapevolezza che tra le componenti che contribuiscono a
tenere unita una gente ci sono oltre agli usi e ai costumi comuni, anche
una lingua unificante, e nel caso specifico quella friulana.
Questo
film è un invito, a tutti i friulani, a diventare coscienti della
propria identità e a difendersi dai pericoli di inglobamento e
livellamento da parte della cultura maggioritaria. La ricostruzione del
Friuli terremotato deve avvenire per mano dei propri abitanti (e infatti
così è stato), perché solo essi sono in grado di ridare alla loro terra
il suo aspetto originale, senza lasciare spazio a scempi e speculazioni
(80).

E simbolo di unione e speranza sono anche il Tagliamento, il
fiume che attraversa il Friuli dalle montagne al mare (e che porta nel
nome la radice celtica «Til») e l’autostrada che percorre la terra
friulana. “Dopo secoli di segregazione, il popolo friulano deve
prepararsi ad assumere un ruolo non secondario in Europa: è finita l’età
della civiltà universale, ed inizia quella delle culture e delle
civiltà, e quella friulana ha radici ben profonde” (81).

Controlettura
viene prodotto su ordinativo della Cassa di Risparmio di Udine e
Pordenone, in occasione del primo centenario della Banca, nel 1977.
La
pellicola viene presentata, per la prima volta, nella sala del teatro
Palamostre di piazzale Diacono a Udine, dallo storico e critico
cinematografico Mario Quargnolo, che la definisce “un altro importante
capitolo di quel cinema friulano che faticosamente, ma sicuramente,
avanza fra mille comprensibili difficoltà” (82). E di queste difficoltà
sono anche causa quei “fasulli Catoni”(83), come li chiama un importante
poeta e saggista, con nomination al Nöbel, quale Domenico Zannier, che
“fanno finta di non vedere i problemi della etnia friulana, non
riconoscendole la propria identità culturale ed umana”, e a cui sembra
“che non si dia Italia senza livellamento e pecorume, senza uniformità
pedissequa dei popoli della Penisola ai canoni toscani o romaneschi.

E invece il Friuli è Friuli e non ammaina bandiera” (84).
Rimane
da sottolineare l’importanza del fatto che protagoniste della
controlettura e della riscoperta del Friuli siano tutte e tre delle
donne, cioè delle persone a cui si è storicamente dato il ruolo delle
subalterne, non titolate a pensare e con il compito esaustivo del
mistico angelo del focolare: e qui De Stefano avvia praticamente il suo
discorso pro-donna, “femminista”, che riprenderà nei suoi ulteriori
film.

Per quanto riguarda la loro recitazione, essa viene
realizzata in maniera nuova rispetto al documentario tradizionale, nel
quale si vedono persone riprese nel mentre di un’azione della loro vita
reale. Qui De Stefano adopera “la recitazione guidata propria dei film,
ma le azioni dei personaggi sono accompagnate e coperte non dalle loro
voci bensì da quella dello speaker in una sorta di discorso indiretto al
quale non siamo abituati” (85).

Inoltre, mentre all’inizio –
quando osservano in modo superficiale gli elementi artistici presenti
nel territorio friulano – esse sono riprese di spalle, a figura intera e
sono quasi delle presenze sfuggevoli sullo schermo, in seguito, dopo
l’avvenuta presa di coscienza, vediamo per la prima volta i primi piani
dei loro volti e quindi una loro partecipazione più viva e sentita a ciò
che scoprono, e cioè (come già è stato detto) l’esistenza di un’etnia
che da secoli è rimasta carattere distintivo “della identità di un
popolo” (86).

L’avvento
della presa di coscienza è avvertibile anche da alcuni dati formali.
Bellissima è la metafora ottenuta attraverso le immagini di alcuni
alberi stecchiti (simbolo di una mancanza di coscienza) con attorno un
paesaggio nudo e sterile, che poi si ricoprono di un verde vivo e
radioso, a simbolo della rinascita, e ciò allorché prendono coscienza
dell’essere parte di un popolo, il popolo friulano (87).

La fotografia,
come dice sempre Mariateresa Padova, “dapprima ‘piatta’ e ‘pastellosa’
acquista plasticità e maggiore luminosità col procedere della nuova e
autentica lettura”. Infine la musica inizialmente piuttosto statica, si
trasforma in un motivo dall’andamento più dinamico e vivo.

Scelto,
quale unico dal Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici
Italiani tra le opere filmiche concorrenti, Controlettura ha una sua
prima proiezione – l’anteprima – al Teatro Sistina di Roma ad
inaugurazione della serata del “Nastro d’Argento” il 25 ottobre 1976,
(la proiezione fu precisata dalla radio nazionale come il clou della
serata), mentre “la prima” – di cui si è già detto – quale presentazione
ufficiale del centenario della Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone,
ha luogo al Palamostre di Udine il 1° febbraio 1977.

Nella primavera
e nell’estate del 1977 la pellicola viene proiettata in numerose scuole
della provincia: come indicativi esempi, la media Bellavitis;
l’Istituto magistrale Percoto; la Scuola Cattolica di Cultura a Udine;
in Sala Comunale a San Giorgio della Richinvelda; al cinema «Roma» di
Tolmezzo; e nei “Centri della Comunità”(88) pro-terremotati istituiti in
tutto il Friuli. I dibattiti di De Stefano, che seguono alle
proiezioni, mirano anche a favorire
l’esito positivo della battaglia combattuta in Friuli per la
costituzione dell’Università Friulana, e a sensibilizzare gli spettatori
presenti a fronte dell’argomento, oltre al dato “friulanità”

Nel
luglio-agosto di quell’anno, viene invitato al Festival Cinematografico
Internazionale di Taormina, nella sezione «Mostra Itinerante», scelta da
De Stefano proprio perché non era competitiva e quindi in linea con le
idee del regista, da sempre contro una logica “privatistica” del
premio89.
Nell’autunno-inverno viene poi proiettato a Gemona, per
iniziativa della Clape Cultural «H. di Colored», e nelle Biblioteche di
Mortegliano e di Palmanova.

Controlettura trova fortuna anche al di
fuori dei confini regionali: nel novembre 1977, infatti, viene
applaudito calorosamente a Milano, dopo essere stato proiettato durante
una serata organizzata dal Fogolâr Furlan della città lombarda.

Nel
1978 è la volta di oltrepassare anche la frontiera nazionale, poiché la
Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone ne organizza la proiezione a
Vienna, allo scopo di creare un contatto tra i protagonisti della nostra
nazione e quelli austriaci e di rinforzare anche i rapporti economici
già da tempo intercorrenti tra la banca udinese e simili Istituti
dell’Austria: qui il film-saggio otterrà un successo così eclatante che
il film verrà proiettato una seconda volta, su richiesta delle autorità
austriache, presso l’Istituto Italiano di Cultura, sempre a Vienna.

Nel
corso di questa manifestazione, sempre con l’obbiettivo da parte della
Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone di far conoscere e di promuovere
oltralpe la realtà friulana, sono stati proposti (oltre al film di De
Stefano e alle opere del pittore Giorgio Celiberti) anche due volumi: il primo intitolato “Storia, lingua e società del
Friuli” di Francescato e Salimbeni, edito da Mario Casamassima, ed il
secondo dal titolo “Aquileia” di Belluno, Gioseffi e Ciol, entrambi
promossi dall’istituto bancario friulano, e presentati dallo scrittore
Elio Bartolini.

C’è da notare che il film di De Stefano,
Controlettura è la più radicale antitesi al volume di Francescato e
Salimbeni, essendo, al contrario di quest’ultimo, in funzione di un
Friuli rivendicato nella sua identità e anche nel diritto all’uso della
sua lingua alla pari di quella italiana (90).

Nell’aprile dello stesso
anno De Stefano è ad Aosta, in occasione del 30° anniversario dello
Statuto speciale, dove partecipa alla «Première Rencontre du Cinéma des
Communautés Ethniques et Culturelles»; questa volta, all’interno della
manifestazione, vi è inserita una serata d’onore intitolata “Hommage au
Frioul”, durante la quale vengono proiettati tre film di De Stefano:
Controlettura, Da un pugno d’erba e In verità, in verità vi dico.

Questa
rassegna data il primo incontro tra le comunità etnico-linguistiche
d’Italia e d’Europa: sono infatti presenti, oltre quelle del Friuli (tre
film di De Stefano), tre opere provenienti dalla Sardegna, una dalla
Valle d’Aosta, tredici dalla Catalogna, una dalla Corsica, una dai
Walser -comunità di lingua tedesca al confine tra Valle d’Aosta e
Svizzera-, quattro dalla Galizia e una dal Giura, per un totale di
ventisette film.

Nel dicembre del 1978 De Stefano viene chiamato a
presentare il suo film al «Congresso dei Ladins» che si tiene in Val
Badia, dove nel corso del dibattito che segue la proiezione vengono
anche avanzate “reciproche proposte per accrescere i rapporti tra i
ladini e friulani” (91).

In seguito Controlettura viene abbinato alla
«Mostra Itinerante della Civiltà Friulana» e portato quindi in diverse
nazioni dei cinque continenti.

A
distanza di quasi dieci anni dalla sua uscita il film è ancora molto
richiesto: nel 1986 viene proiettato ad Aprilia nel corso dei
festeggiamenti artistici e culturali per il cinquantenario di fondazione
“friulana” della stessa.

NOTE

78 A proposito di tale termine, Mario Quargnolo fa notare
come si tratti di un neologismo. Riferisce il critico nel saggio “Il
cinema e il farsi della lingua: appunti contenuto nell’opera Il cinema
friulano di Marcello De Stefano (dieci saggi)”, pagg.107 – 108: «Il film
saggio Controlettura determinò un grande dibattito in Friuli alla sua
proiezione () e la parola «controlettura» echeggiava continuamente tra i
friulani (). Ed è stato talmente forte il valore di quella parola che essa è stata adoperata anche dalla stampa locale, e a distanza di anni dalla sua prima enunciazione».

79 Marco Soranzo, Due film di M. De Stefano su «La Vita Cattolica», 12 febbraio 1977.

80 Vedi anche Marcello De Stefano, Cinema e
ricostruzione, intervento dell’arcivescovo Alfredo Battisti su “Quaderni
di Cultura” n.5, 1976-1977.

81 Roberto Iacovissi, “Dalla liberazione dell’uomo alla liberazione dei popoli”, pag. 50.

82 op. cit., pag. 46; cit. tratta da Presentato il film della Cassa di
risparmio in un incontro con i dipendenti su «Messaggero Veneto», 30
gennaio 1977.

83 Domenico Zannier, Controlettura di Marcello De Stefano su «Friuli d’oggi», Anno XII – n 7/8, aprile 1977.

84 ibidem.

85 Mariateresa Padova,
Controlettura di Marcello De Stefano al festival di Taormina – Messina
in «C.M. – Ricerca e informazione sulla Comunicazione di Massa», 3°
trimestre 1977. pag. 42.

86 art. cit., pag. 41. La Padova riporta
un’espressione già usata da Pietro Angelillo, La riscoperta
dell’identità di un popolo su «Il Gazzettino», 13 aprile 1977.

87 cfr.
anche Domenico Zannier in art. cit. e in Un regista friulano su «Friuli
sera», 15 aprile 1977. «E le tre ragazze si sentono figlie di questo
popolo il cui volto hanno riconosciuto».

88 I Centri della Comunità –
che ho già ricordato -erano stati istituiti dalla Chiesa (in numero di
circa un centinaio) al fine di favorire il mantenimento di una vita di
relazione tra i friulani terremotati, stimolandoli ad assurgere al ruolo
di protagonisti nella progettazione della ricostruzione del Friuli
nella fase post-terremoto.

89
«I boscimani» ha ricordato spesse volte De Stefano nei dibattiti dopo
le proiezioni dei suoi film «non dicono “Cogito, ergo sum”, ma “Siamo,
quindi sono”, insegnandoci molto». C’è da precisare che il film-saggio
girò per molti centri urbani della Sicilia e alla fine fu proiettato a
Taormina.


90 Così anche Arduino Cremonesi in Storia «manovrata» del Friuli su «Friuli sera», 1 luglio 1977.

91
Roberto Iacovissi, Il Friuli in Val Badia su «TVR – Notizie» n. 2, 13
gennaio 1979. Cfr. anche “Quaderni della FACE” n. 53, 1979.

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