Anno: 1974
Regia: Marcello De Stefano
Soggetto: Marcello De Stefano
Sceneggiatura: Marcello De Stefano
Fotografia: Antonio Seguini
Musiche: Rodolfo de Chmielewski
Suono: Leonardo Venturini
Montaggio: Marcello De Stefano
Speaker: Rodolfo de Chmielewski
Produzione: Ma. De. Ste. Film, Udine; 1975
Durata: 15’

Nel
1974 il Centro Iniziative Culturali di Pordenone, edita una
pubblicazione sulle opere pittoriche – dipinti e grafica – e la locale
galleria d’arte «Sagittaria» le espone, dell’artista svizzero (ma
italiano per parte materna) Jorg Schuldhess.
La figura di Schuldhess è molto particolare all’interno del panorama artistico europeo.

Gli
esordi della sua carriera pittorica si possono inserire senz’altro
nella tradizione dell’espressionismo centro-europeo e nordico,
specialmente per come raffigura i campi di sterminio nazisti (alla
mostra allestita a Basilea nel ’64 -’65 si possono ammirare quadri che
raffigurano figure nude, che “gridano in faccia all’umanità le sue
colpe” (70), forni crematori o quanto rappresenta quello che è
l’universo degli emarginati e degli oppressi.

In seguito arricchisce
il suo linguaggio di nuovi mezzi espressivi: l’art noveau, l’arte
indiana, africana, approdando ad un simbolismo “fatto di grida senza
voce” (71).

Infine,
arriva a concretizzare una sintesi originale tra il misticismo e le
culture religiose e filosofiche orientali, restando nel contempo sempre
legato all’espressionismo iniziale (e ciò si può rilevare “dalla
sottolineatura e dal caricamento del dato pittorico” (72) e al fatto
religioso come fattore di fratellanza e di unione per tutta l’umanità,
la quale – per Schuldhess – necessita di una liberazione “integrale”.

Da
queste poche note si capisce che l’operato di un pittore così ascetico e
rigoroso quale quello preso in esame non è sicuramente di facile
sintesi, soprattutto se questa deve essere condensata nel giro di pochi
minuti.

Ma, comunque, è proprio questo che con un’iniziativa
privata si richiede a Marcello De Stefano: di realizzare un filmato su
Schuldhess che nel giro di poco più di una decina di minuti raccolga in
sé, non soltanto i dati essenziali della carriera artistica del pittore,
ma anche quello che è il suo mondo interiore.
Ma forse nessun altro
più di De Stefano era in grado di cogliere le mille sfaccettature e le
mille tensioni di un uomo come Schuldess.
E questo perché i due artisti,
nei temi e nelle motivazioni del loro operare, sono più che mai vicini:
stesso interesse per il mondo degli emarginati e degli oppressi,
vittime di una società disumanizzata ed alienante, e stesso modo di
vedere nell’arte un valido strumento di denuncia e di protesta.

De
Stefano è riuscito così, con più facilità, a penetrare nell’universo
interiore del pittore svizzero, arrivando a condividerne le ansie e i
dolori, e facendoli suoi.
Inoltre ad accomunarli c’è anche la
tematica religiosa, quella fiducia in un ecumenismo umano prossimo
venturo, visto come unica soluzione ai mali del mondo.

Schuldhess, grazie forse anche al fatto che,
durante la sua esistenza, ha compiuto numerosi viaggi intorno al mondo
che lo hanno portato alla conoscenza delle più svariate culture e
civiltà, è riuscito a raggiungere il grado di apertura più completa
verso tutte le grandi religioni storiche (cristianesimo, ebraismo,
induismo, islamismo).

Anche per la realizzazione di questo
film-saggio De Stefano si è avvalso del contributo, tecnico e artistico,
di alcuni dei suoi collaboratori abituali, come Antonio Seguini per la
fotografia, Rodolfo de Chmielewski, per quanto riguarda le musiche e,
questa volta, anche per il commento parlato, e Leonardo Venturini come
tecnico del suono.

La prima del film si tiene in occasione della
vernice della mostra, con un notevole successo di pubblico e di critica,
mentre nel 1977, grazie a questo film-saggio, a De Stefano verrà
assegnato per la seconda volta il «Premio Nazionale di Qualità»,
confermando ancora una volta l’apprezzamento dato sul terreno nazionale
all’artista friulano.

Esso sarà presentato anche a Portogruaro
(dato che nel 1975 la mostra verrà ivi trasferita) e, nel maggio del
’75, al «3° Festival Internazionale del Film sull’Arte e sulle Biografie
d’Artisti».
In seguito, per iniziativa della Famiglia Artisti
Cattolici «G. Ellero» ovvero della FACE, viene proiettato a Udine in
abbinamento ad Eucaristia e segno e Da un pugno d’erba con introduzione
del critico Mario Quargnolo, il 28 aprile 1976.

Il film, che si era
aperto con il racconto della prima mostra di Schuldhess a Basilea, si
conclude con una breve intervista da parte di De Stefano all’artista
ebreo. Ne viene qui sotto riportato un breve estratto molto
significativo nel suo contenuto perché esplicativo del significato
profondo dell’opera di Schuldhess.

D. «Senta, Schuldhess, qui c’è scritto Schulthess con la – t – e qua, invece, con la – d – ; qual è il suo vero nome?»
R.
«Mi chiamavo Schulthess, ma l’ho cambiato in Schuldhess, che vuole dire
colpa, dopo aver visto l’opera disumana dei colonialisti bianchi sugli
abitanti di Lamu e Zanzibar; a quell’orribile spettacolo, io, come
bianco, mi sono sentito colpevole»
D. «Non c’è redenzione da questa colpa?»
R. «Sì, c’è redenzione, se l’uomo che ascolta il pianto dell’oppresso si rende conto che è il pianto di Dio».


NOTE

70 Roberto Iacovissi, In un linguaggio il futuro – L’opera di Shuldhess in un documentario su «Friuli sera», 2 aprile 1975.
71 Ibidem.
72 Ibidem.

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