Novella Cantarutti è nata a Spilimbergo e morta a Udine nel settembre del 2009.
È vissuta a Udine, dove ha insegnato per molti anni letteratura italiana e storia all’Istituto tecnico industriale “A.Malignani”, dopo aver diretto la Scuola Media della cittadina del mosaico.
Scrive nella parlata di Navarons, paese della Val Meduna, patria della madre e sua; il paesaggio umano e fisico di Navarons costituisce spunto e motivo di creatività ed anche oggetto oggetto prevalente di ricerca e studio etnografico, a partire dal 1946.
Fin dal primo dopoguerra la Cantarutti è presente nel quadro della letteratura friulana ; ha condiviso le posizioni innovatrici di Pier Paolo Pasolini , dell’Academiuta casarsese e di Giuseppe Marchetti che animò il gruppo Risultive, mantenendo però una sua linea.
Sue poesie sono state tradotte in francese, tedesco, inglese, rumeno, sloveno, romancio, catalano e musicate da diversi compositori, tra cui Cecilia Seghizzi, Oreste Rosso, Albino Perosa, Olinto Contardo, il gruppo musicale ” I Braul” .
Tra le numerose voci della sua bibliografia, oltre alla produzione in versi, raccolta in gran parte nel volume “In polvara e rosa” (1989) , spicca quella in prosa di “Oh, ce gran biela vintura!” (1986), “Polvere di gente- Polvara di gent” (1989), “Bel che la dì ‘a discrosa li’ ali’ ” (1995), “Sfueis di chel âtri jeir – Fogli di un altro ieri” (1997) ; si annoverano inoltre diversi contributi e note sulla cultura tradizionale, tra cui “La collezione Perusini. Ori gioielli e amuleti tradizionali”, in collaborazione con Gian Paolo Gri (1988).
Il 18 giugno 2001 è stata presentata a Udine la raccolta della narrativa, delle preghiere e dei canti tradizionali dei paesi tra Meduna, Mujé e Colvera, ancora con il titolo “Oh, ce gran biela vintura!…”.
Tra i Libri Online il suo recentissimo testo teatrale, presentato a San Giorgio l’8 giugno 2001 “Bertrant cinc spadis” e la presentazione di “Oh, ce gran biela vintura!…”
Storie e soprattutto leggende legate agli antichi manieri della regione in un libro e un video
I castelli di Novella Cantarutti
La scrittrice presenterà la sua opera sabato a Fontanabona di Pagnacco
PAGNACCO –
da:
http://www.sangiorgioinsieme.it/novella-c.html
dal Messaggero Veneto del 06/06/2002
RACCONTARE DI CASTELLI IN FRIULI
Anni fa sono stati presentati, al Museo di storia contadina, a Fontanabona di Pagnacco, il video e il libro di Novella Cantarutti, Raccontare di castelli in Friuli, editi dal Menocchio.
Nata a Spilimbergo, ai piedi delle Prealpi carniche dove stanno la Val Meduna e Navaròns, paese della madre, Novella Cantarutti considera Navaròns la sua patria, scrive poesia e prosa nel linguaggio di quel luogo il cui paesaggio umano e fisico costituisce non solo spunto e motivo di creatività, ma oggetto di ricerca e studio etnografico a partire dagli anni Quaranta.
Nel quadro della poesia friulana del dopoguerra Novella Cantarutti occupa un posto a sè, pur avendo condiviso le posizioni innovatrici di Pier Paolo Pasolini e del gruppo “Risultive”.
Le sue poesie sono state tradotte in francese, tedesco, inglese, sloveno e rumeno. Tra le innumerevoli voci della sua bibliografia figurano contributi sulle tradizioni popolari e sulla narrativa orale.
Tra le opere ricordiamo la raccolta di poesie In polvara e rosa e il testo di tradizioni orali Oh, ce gran biela vintura!
Questa nuova pubblicazione di Novella Cantarutti propone una ricca serie di leggende nate intorno ai castelli friulani e da lei recuperate in oltre quarant’anni di appassionata raccolta delle memorie orali.
La parte introduttiva è dedicata alle ragioni per cui la leggenda si è andata modificando parzialmente nell’Ottocento e al confronto con le stesse storie raccontate a distanza di un secolo. La leggenda del Novecento risulta, infatti, molto più consunta, spoglia, scarna e non presenta più la ricchezza tipica della narrazione orale di cui si è perduta la cultura. Ma risulta comunque preziosa perché, pur essendo racconto di fantasia, a differenza della fiaba essa parte sempre da un dato concreto, storico, da un nome, un luogo, un avvenimento.
L’autrice ne organizza i temi dominanti: la fondazione del castello; i suoi abitatori, signori e sudditi; la vita nel castello; i rapporti dei signori con i sudditi e i familiari (sempre cruentissimi); l’assedio; la distruzione del castello; il fantasma; la galleria di fuga; il tesoro come ultimo residuo del castello, rappresentato a volte da una cassa di denari e di gioielli, oppure da un tesoro vivo come la maiala con i maialini o la tacchina con i pulcini; e, infine, le leggende dei morti e delle processioni. Sono temi tra cui – singolarmente – non compare mai il terremoto che viene eluso come se non esistesse, per quanti ve ne siano stati tanti e distruttivi.
L’interesse e l’amore per la leggenda nascono in Novella Cantarutti da questi nuclei narrativi che crescono sempre su di un tessuto storico e risultano del massimo interesse perché in essi si versano anche dati e personalità dello stesso narratore. «Di fronte al lavoro di ricerca e di organizzazione, la mia testa tace», afferma l’autrice.
Come a dire che lo scrivere creativo, nel quale così straordinariamente si è espressa con le sue poesie, resta silenzioso per ascoltare invece le voci, il testo, il racconto e il modo di raccontare ormai perduti.
Il video che accompagna il volume riprende alcune leggende narrate dalla voce dell’autrice, castello per castello, sui luoghi delle leggende stesse. Salvans e pagans prima dei castelli (Erto e Casso), La galleria segreta (Spilimbergo), Signori e sudditi (Solimbergo e Strassoldo), Contrasti tra castellani (Palombaro), L’assedio (Antro e Toppo), La distruzione (Maniago, Montereale, Partistagno).
E.C.
Altri siti dedicati a Novella Cantarutti
http://www.sangiorgioinsieme.it/cebielavintura%20.htm
http://www.interware.it/tsr/biblio-teche/canta.htm
http://www.pordenonelegge.it/2005b/autori2005/sc_cantarutti.htm
http://www.kataweb.it/viaggi/?p=home.articolo&id=51501
UN TESTO DI NOVELLA CANTARUTTI CHE SI RIFERIVA ALLA MIA PERSONA:
Tornammo poi a ritrovarci e a vivere bene fino alla conclusione dell’anno e per sempre, poiché, anche se sono tanti, i ragazzi finisco per seguirli e, se non mi compaiono davanti per strada, si disegnano nella memoria dietri il nome o il pezzo di carta che la sollecitano: una mezza pagina, nel caso che sto per dire, la brutta copia di un compito messa da parte, con il nome di un ragazzo aggredito dalla leucemia (Zamaro di Buttrio). Tra gli alti e i bassi, le crisi rovinose dell’ultimo anno di scuola e, per lui, di vita, volle prendersi il diploma con gli altri.
Gli fu intorno gran parte della sua quinta classe dispersa da pochi mesi, per salutarlo, prima che andasse via, e io feci il viaggio verso Buttrio con uno dei ragazzi: vedo il suo capo, nella luce grigia del treno e l’ombrello che teneva in mano, e riascolto la storia della sua esperienza, anzi d’una di quelle esperienze d’altri, dei grandi, che si riversano sopra vite incolpevoli, fino a raschiarne via ogni fiducia. Eppure lui non ne era uscito distrutto: era diventato uomo.
Parlava a bassissima voce, con un riserbo lucido, che rifiniva, per me, una personalità che avevo intuito negli anni di scuola, ricca di spazi segreti.
Per questo posso dire – a costo di far stridere con sufficienza – che classi con gente così non si perdono, e che viene da ricordarle come macchie in fiore, nel prato magro.
n.6 – 15 aprile 1982 p.228-229 (Novella Cantarutti Segni sul vivo – La Biblioteca del Messaggero Veneto)