dal Messaggero Veneto del 07/10/02

La mostra, che durerà fino al 3 novembre, comprende 256 opere tra dipinti, mosaici e disegni
Un autunno firmato da Zavagno
Presentata l’antologica dell’artista che si terrà a villa Manin dal 7 settembre


UDINE – L’autunno a villa Manin di Passariano sarà firmato da Nane Zavagno, artista friulano che, da sabato 7 settembre fino al 3 novembre, sarà protagonista in Villa con una personale o, come si dice, con una mostra antologica. La notizia è stata data ieri, in pompa magna, nella sede regionale di Udine da Giancarlo Pedronetto, conservatore di villa Manin, Vittorino Boem, sindaco di Codroipo, Silvano Midena, responsabile dell’area friulana della banca FriulAdria (sponsor della mostra) e Alfonso Panzetta, curatore del catalogo.

Fra questi, l’artista Zavagno, che i suoi settant’anni li sa portare magnificamente non soltanto nell’aspetto fisico, ma nella silenziosa modestia del suo sentire. Non ha avuto gran che da dire, Zavagno, ed è giusto così. Sono le sue opere a parlare. Di parole, invece, durante la conferenza di ieri, ne sono state spese fin troppe e, come spesso accade, la retorica ha cercato di innalzare ci&ograograve; che, in realtà, si vuol piegare al servizio della politica e dell’economia: il gesto artistico. Un esempio? Nane Zavagno vanta una trentina di mostre personali e quasi duecento collettive, sia in Italia che all’estero.

Le sue opere più famose sono esposte pubblicamente nelle piazze e nelle strade di numerose città: Amersfoort (Olanda), Venezia, Pordenone, Udine, Gorizia, La Chatre (Francia), Vicenza, Padova, Pedena (Croazia), Rimini, Roma (musei vaticani), San Gallo (Svizzera) e Trieste. Non solo. la sua carriera attraversa la seconda metà del Novecento, il che significa ben cinquant’anni di ricerca, studio e innovazione. Mezzo secolo che occuperà l’esedra di levante di villa Manin con 256 creazioni.

Ecco che ieri si poteva dire molto a proposito delle opere di Zavagno, eppure, fra le tante, si è segnalata soltanto l’ultima in ordine di tempo, forse la meno significativa, ma quella che sicuramente fa più odiens: il sepolcro in marmo realizzato per il populista olandese Pim Fortuyn il cui funerale, qualche settimana fa, s’era trasformato in un evento circense.

Alla fine, a raccontare più degnamente Zavagno, ci ha pensato Alfonso Panzetta, ma per il resto sono emersi sponsor e sostenitori (Regione, Conservatoria di Villa Manin di Passariano, Comune di Codroipo, Banca Popolare FriulAdria, Civici Musei di Udine), l’ambizione di essere sponsorizzati dai privati come avviene in Veneto con CassaMarca e, infine, la volontà da parte degli operatori culturali, quelli incaricati dagli enti pubblici, di vendere bene il pacchetto friulano “arte-intelletto”, parte dei beni preziosi di una terra che, come è stato detto ieri, per troppa modestia non ha saputo vendersi.

Al di là di tutto questo, per chi volesse godersi le opere di un bravo artista, segnaliamo gli orari: ingresso da martedì a domenica, dalle 9 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.

Per informazioni villa Manin 0432 906657. Ufficio cultura comune di Codroipo 0432 905107.
Lucia Burello
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Aperta fino al 3 novembre l’esposizione dedicata all’artista friulano: in mostra 265 opere
Successo di Zavagno a villa Manin


Migliaia di visitatori hanno sottolineato, in queste settimane, il successo della grande mostra antologica Nane Zavagno. Opere 1950 – 2002. Cinquant’anni di attività artistica, dedicata al poliedrico artista friulano, allestita a villa Manin fino al 3 novembre.

La mostra riunisce ben 265 opere negli spazi dell’Esedra di levante: disegni, dipinti, sculture in pietra e rete d’acciaio, mosaici, si alternano davanti all’ingresso della mostra e sui due piani dell’esposizione, in un percorso che guida e accompagna idealmente gli spettatori alla scoperta dell’evoluzione artistica di Nane Zavagno, documentando un felicissimo percorso, decollato verso la fine degli anni Cinquanta, con il periodo formale, e via via sviluppatosi attraverso il momento visuale delle strutture primarie degli anni Sessanta, fino alla produzione plastica degli anni Ottanta e alle opere più recenti.
«Le opere di Nane Zavagno sono state esposte, e tuttora sono ospiti, in tutto il mondo, dei grandi Musei come di prestigiose collezioni.

La mostra antologica di Villa Manin, oltre a rappresentare un affettuoso omaggio all’artista friulano, offrirà al pubblico regionale la preziosa opportunità di ammirare, in un’unica esposizione, il lungo ed eclettico percorso artistico di Zavagno»: con queste parole l’evento espositivo era stato salutato dal Conservatore di Villa Manin, Giancarlo Pedronetto, in occasione del vernissage inaugurale, dal Sindaco di Codroipo Vittorino Boem e dal critico Alfonso Panzetta, curatore del prestigioso catalogo edito Allemandi, dedicato all’opera di Nane Zavagno. La mostra è visitabile da martedì a domenica con ingresso gratuito (orari: 9 – 12.30 e 15 – 18). Per informazioni tel. Villa Manin di Passariano (0432.906657), oppure Comune di Codroipo (0432.905107).

Sull’opera di Nane Zavagno si sono soffermati artisti come Giuseppe Zigaina, che nel 1969 scriveva: «Osservando il recente lavoro di Zavagno, parlando con lui, ascoltando le sue poche parole, interpretando soprattutto le sue frasi spezzate (per nordico pudore e antica riservatezza) una cosa appare subito evidente: le sue ricerche e le sue proposte emergono naturalmente dalla sua attività di mosaicista: così che il suo lavoro viene portato avanti dal di dentro con intelligenza e giusta misura. Questo fatto gli toglie la presunzione dell’assoluto, legittima le sue esperienze e le depura dall’aura fumosa di mistica spiritualità; permettendogli così, seccamente, di riproporle – nel giusto verso – come limpida metodologia di una ricerca espressiva».
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Dal Messaggero Veneto del 10/11/02
Il mondo di Nane Zavagno: un’immagine inedita
dall’officina del disegno

CODROIPO.

Una mostra fitta e intensa, ricca di rimpalli stilistici ed emozionali, da esplorare e cogliere tutta d’un fiato. Così sono stati presentati i cinquant’anni di ricerca e opere di Nane Zavagno a Villa Manin.

Una mostra da attraversare percorrendo il lungo e curvo spazio architettonico dell’esedra di levante, suggestivo e affascinante, ma complesso dal punto di vista allestitivo nel piano superiore, dove l’assenza di pareti divisorie propone la convivenza e la sovrapposizione di diversi punti di vista senza soluzione di continuità.

Difficoltà che porta con sé una sfida e una suggestione, ben colte nella mostra di Zavagno, che si percorreva adottando scambievolmente due modalità di visione: ad altezza di sguardo s’incontravano le sculture e alcuni dipinti sospesi nel vuoto; verso terra, invece, si osservavano i disegni, esposti su basse bacheche, che avrebbero potuto, però, delineare un unico grande parterre nella parte centrale dello spazio intervallato dalle colonne, per ospitare, così, un maggior numero dei disegni datati dalla fine degli anni 40 a oggi.

Disegni che hanno rappresentato l’aspetto inedito dell’intera mostra, delineando un nuovo volto di Zavagno, quello tenuto scrupolosamente e timidamente sotteso agli sguardi pubblici. Un volto che da sempre abita l’identità creativa e umana dell’artista friulano, e che ora, finalmente, è stato presentato unitamente alla produzione con la quale si è contraddistinto.

Come sottolinea il curatore Alfonso Panzetta nel catalogo Allemandi, è proprio attraverso la freschezza e la sintesi dei disegni che si riesce a cogliere l’univoca anima creativa di Zavagno, quella che si respira sotto la pelle delle opere e che aleggia nei racconti dell’artista. Racconti piacevoli e curiosi, che sotto l’alone della discrezione pulsano di entusiasmo e consapevolezza a ridosso di una ricerca portata innanzi per mezzo secolo all’insegna di un filo rosso contrassegnato dalla sperimentazione dei materiali, da una sorta di sottile ossessione per la modularità (che senz’altro deriva dalla lunga pratica del mosaico) e dal rigore delle geometrie poste in relazione alla spazialità.

Il tutto attraverso la coniugazione assolutamente contemporanea dei concetti di monumentalità e di leggerezza, nonché quella verve più impulsiva ed emozionale affidata al segno e all’accoglienza di una sorta di automatismo espressivo.

Due caratteristiche, queste, che primeggiano proprio nei disegni, ma che si ritrovano anche in certi momenti pittorici e scultorei, come nelle esplosioni cromatiche degli acrilici degli anni Ottanta e nei neri della fine degli anni Novanta, laddove la materia bituminosa e porosa, l’inserimento di garze annegate nelle sabbie e nel colore sottendono – dietro la rigorosa scelta di formalismi minimali e di un monocromo che sintetizza ormai da tempo la tavolozza – l’emozionalità e la dimensione fabbrile quale contraltare alla dimensione concettuale.

La sintesi di questi tre aspetti la si ritrova, del resto, in una componente essenziale dell’opera di Zavagno, quella relativa alla dimensione progettuale, fondata essenzialmente sulla relazione fra due moduli che si appoggiano l’uno sull’altro, che si equilibrano vicendevolmente nello spazio, si intersecano, compenetrano e sostengono. La ripetizione di questa modularità bipolare, risolta a livello scultoreo con materiali diversi, dall’acciaio alla pietra artificiale e a quella naturale, dal marmo alla rete d’acciaio, è ciò che di Zavagno si conosce di più.

Ma grazie a questa mostra, e nello specifico ai disegni esposti, è anche ciò che ci permette di sottolineare la tenuta d’insieme di un’opera dispiegata nella diversità dei linguaggi e delle tecniche. Disegni che non avevamo mai visto, e che oltre a rafforzare la dimensione emozionale sottesa alla materia scultorea, nell’espressione urlata e monocorde dei volti, nonché nei secchi grovigli dei corpi, mettono a nudo quella componente cupa e quella dibattuta ricerca creativa che sottende da un lato la caratterialità pacata e tranquilla di Zavagno, e dall’altro il rigore delle sue geometrie.

Sabrina Zannier