Fb 22 gennaio 2023
Mt 4,12-23
Gente della strada (di p.Ermes Ronchi)

Il Battista è appena stato arrestato. Un fatto che, anziché rendere prudente Gesù, lo fa uscire allo scoperto, per dare il cambio a Giovanni. Lascia così famiglia, casa, lavoro, Nazaret per Cafarnao. Non porta niente con sé, solo un annuncio che riparte da là dove Giovanni si era fermato: convertitevi, il regno è vicino.
Convertitevi. Non è un «pentitevi», è l’invito a rovesciare la vita: cambiate logica, spostatevi, non vedete dove vi porta questa strada? Venite dove il cielo è più blu, il sole più caldo, le persone più sane, la vita più vera! Cambiate visione delle cose, cambiate direzione, la strada che vi hanno fatto imboccare porta tristezza e buio.
La conversione non è la causa ma l’effetto della mia «notte toccata dall’allegria della luce» (Maria Zambrano). Immaginavo la conversione come il luogo dove trovare Dio a ricompensa del mio impegno. Ma che buona notizia sarebbe un Dio che dà secondo le prestazioni? Il movimento è esattamente l’inverso: è lui che mi raggiunge, è lui che mi abita. Gratuitamente. Prima che io faccia qualsiasi cosa. Allora io cambio vita, e il modo di intendere le cose.
Gesù cammina lungo il mare di Galilea e guarda. Vede solo due coppie di fratelli, due barche, un lavoro? No, vede molto di più: in Simone bar Jona vede Kefa’, Pietro, la roccia; in Giovanni colui che ci folgorerà definendo Dio “amore”; Giacomo sarà il «figlio del tuono», abitato dalle sue vibrazioni e la sua potenza. Un giorno nell’adultera risveglierà la sposa, amante e fedele; e nel pauroso Nicodemo l’impavido che reclamerà da Pilato il corpo del giustiziato.
Lo sguardo di Gesù è profezia. Mi guarda, e vede in me un tesoro sepolto, nel mio inverno vede grano che matura e strade nel sole. Nei suoi occhi vedo per me la luce di orizzonti più grandi, una melodia che non udivo, fame di nascere. E mi dice: seguimi!
I quattro pescatori scoprono d’avere dentro non le rotte del lago o la strada di casa, ma la mappa del cielo, del mondo, del cuore dell’uomo. E’ la conversione. E seguono Gesù senza sapere dove, e neppure se lo chiedono: hanno scoperto le strade del mondo nel cuore di Dio, e tanto basta.
Gesù camminava per la Galilea, passava libero e regale fra le cose, e guariva la vita. Mostrando che “la nostra tristezza infinita si cura soltanto con un infinito amore” (Evangelii gaudium).
Allora ti seguirò, Gesù, perché ti lasci dietro nient’altro che luce. Come i tuoi quattro amici, lascio le barche e le piccole reti per qualcosa di più grande. Mi prenderò cura di chi cerca e soffre ed è solo; e poi più di ogni cosa custodirò il mio cuore, anche le sue parti fragili e malate, perché “da esso scaturisce la vita” (Pro 4,23).

 

Avvenire III domenica A

Tace la voce potente del deserto, ma si alza una voce libera sul lago di Galilea. Esce allo scoperto, senza paura, un imprudente giovane rabbi, e va ad affrontare, solo, problemi di frontiera, di vita e di morte, nella meticcia Galilea, crogiolo delle genti. A Cafarnao, sulla via del mare: una delle strade più battute da mercanti ed eserciti, zona di contagio, di contaminazioni culturali e religiose, e Gesù la sceglie. Non è il monte Sion degli eletti, ma Cafarnao che accoglie tutti. C’è confusione sulla Via Maris, e insieme ombra, dice il profeta, come la nostra esistenza spesso confusa, come il cuore che ha spesso un’ombra…, e Gesù li sceglie.
Cominciò a predicare e a dire: convertitevi perché il regno dei cieli è vicino. Sono le parole sorgive, il messaggio generativo del vangelo: Dio è venuto, è all’opera, qui tra le colline e il lago, per le strade di Cafarnao, di Magdala, di Betsaida. E fa fiorire la vita in tutte le sue forme. Lo guardi, e ti sorprendi a credere che la felicità è possibile, è vicina.
Gesù non darà una definizione del Regno, dirà invece che questo mondo porta un altro mondo nel grembo; questa vita ha Dio dentro, una luce dentro, una forza che penetra la trama segreta della storia, che circola nelle cose, che le spinge verso l’alto, come seme, come lievito.
Allora: convertitevi! Cioè: celebriamo il bello che ci muove, che ci muove dal di dentro. Giratevi verso la luce, perché la luce è già qui. Non una ingiunzione, ma una offerta: sulla via che vi mostro il cielo è più azzurro, il sole più bello, la strada più leggera e più libera, e cammineremo insieme di volto in volto. La conversione è appunto l’effetto della mia «notte toccata dall’allegria della luce» (Maria Zambrano).
Gesù cammina, ma non da solo. Ama le strade e il gruppo, e subito chiama ad andare con lui. Che cosa mancava ai quattro pescatori per convincerli a mollare barche e reti e a rischiare di perdere il cuore dietro a quel giovane rabbi? Avevano il lavoro, anzi una piccola azienda di pesca, una casa, la famiglia, la sinagoga, la salute, la fede, tutto il necessario per vivere, eppure mancava qualcosa. E non era un codice morale migliore, dottrine più profonde o pensieri più acuti. A loro mancava un sogno. Gesù è venuto per la manutenzione dei sogni dell’umanità, per sintonizzarli con la salute del vivere.
I pescatori sapevano a memoria le migrazioni dei pesci, le rotte del lago. Gesù offre la mappa del mondo e del cuore, cento fratelli, il cromosoma divino nel nostro DNA, una vita indistruttibile e felice. Gli ribalta il mondo: “sapete che c’è? non c’è più da pescare pesci, c’è da toccare il cuore della gente”. C’è da aggiungere vita.

 

Gesù rilancia l’Isaia della prima lettura, riprende l’esultanza del suo verbo centrale: hai moltiplicato la vita. Gesù è, nella vita dei quattro, donatore di vita.

Che cosa si fa subito? Ciò che piace, ciò che è bello, ciò che attrae, ciò che prende.
Gesù sta proponendo una cosa bella. Non una rinuncia, ma una fioritura di vita, una addizione di vita.
Lasciano subito le reti, non le riprendono nemmeno, le lasciano in acqua; come gli altri due che lasciano la piccola azienda, il padre, i garzoni, le barche, una vita sicura. Perché lo seguono?
Perché Cristo ha cose belle da dire.
La Parola ci mette in movimento perché ci dice qualcosa di bello, non perché ci fustiga, non perché ci da i voti come una maestra, ma perché ci tira fuori dalle nostre piccole prospettive, fuori dal laghetto, dal cortile di casa, per portarci a un’opera bella, grande, luminosa, che abbraccia il mondo.

 

III domenica dell’anno, d’ora in poi: Domenica della Parola.
La comunità ha deciso di celebrarla mettendo le bibbie a disposizione di tutti, sui banchi.
La Parola di Dio ci è posta fra le mani. Perché familiarizziamo con questo libro, che è la nostra sorgente. Più si ritorna alle fonti, più si è nuovi, creativi, liberi, perfino rivoluzionari.
Mi viene in mente lo scrittore biblico Neemia, quando racconta del ritorno dall’esilio, terribile momento, senza casa, senza il campo da coltivare per sfamarsi, senza il tempio per essere popolo ancora…da dove ripartire?
Tutto il popolo è radunato, come fosse un sol uomo, in piazza, un giorno di intero di preghiera e di ascolto della Parola ritrovata, fino a scoppiare in lacrime di commozione. Ecco il punto di partenza. Mettersi n ascolto.
Vorrei dirlo con una battuta, riprendendo il titolo di una trasmissione TV: C’è posta per te. Apri quel libro, sfoglia, leggi: dentro c’è posta per te.
Qualcuno si rivolge proprio a te.
Oggi nelle letture è perfetto il passaggio tra A.T. e N.T. , a indicare quasi visivamente l’unità dei 73 libri della bibbia, un arcobaleno storico, un arco voltaico che congiunge la profezia di Isaia e Gesù, compimento del sogno di Dio.

La bella notizia non è “convertitevi”, cioè “cambiate direzione”; la parola nuova e potente sta in quel piccolo vocabolo “è vicino”: il regno è vicino, e non lontano; il cielo è vicino e non perduto in lontananze siderali; Dio è vicino e non smarrito nell’alto dei suoi cieli.
La traduzione esatta sarebbe: il regno è venuto vicino, è quel sogno che viene incontro, che adesso cammina sulla via del mare che pullula di vita. C’è polline divino nel vento del mondo, là dove c’è umanità, tanta umanità, come a Cafarnao.
Dio viene, forza di vicinanza dei cuori, “forza di coesione degli atomi, forza di attrazione delle costellazioni” (Turoldo). Cos’è questa passione di vicinanza che corre nel mondo? Che brucia lontananze? Amore, in tutta la potenza e varietà del suo fuoco.
“L’amore è passione di unirsi all’amato” (Tommaso d’Aquino), passione di comunione, di Dio con l’umanità lungo la Via del Mare, di Adamo con Eva sulla via dei corpi, il luogo dove è detto il cuore; le vie della madre con il figlio, dell’amico con l’amico, delle stelle con altre stelle.
.

Ma tutto questo può restare un discorso astratto, e allora il vangelo racconta una storia concreta, la chiamata dei primi discepoli.
Dove si racconta di qualcuno che fa un salto fuori dall’ombra, esce da una vita in ombra: da una vita che è lavorare, mangiare, dormire, e poi ancora lavorare mangiare, dormire… e un giorno morire. Tutto qua? Tutto questo il futuro?
Riascoltiamo il vangelo: mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli che gettavano le reti in mare. Gesù li vede mentre iniziano il loro lavoro, li chiama, e gli cambia la prospettiva, li chiama ad osare, ad essere un po’ folli, come lui.
Sapete che facciamo, che non c’è più da pescare pesci, c’è da toccare il cuore della gente. C’è da salvare e illuminare vite. Volete farlo con me?
E loro lo fanno subito. Notate: subito!
Perché lo fanno? Perché sono degli eroi? Uomini pieni di coraggio e insieme di incoscienza? Io allora non ce la farò mai, non ha questi slanci eroici.
Domandiamoci: che cosa si fa subito?
Immaginate: state facendo un lavoro, chiedete l’aiuto di un figliolo che sta nella sua stanza, di un marito davanti alla tv, e gli dite: dai, vieni c’è questo e quest’altro da fare. E in risposta sentite: E aspetta, dai, ancora un momento…
Se invece gli dici: c’è qui un tuo amico, è già lì.
Non possiamo pensare di consegnare agli uomini una parola che è un richiamo morale. Per pescare gli uomini dobbiamo consegnare non una Parola che suona come un richiamo morale, ma la bellezza che conosciamo, la libertà che conosciamo, la luce bella che conosciamo, il regno…
Il vangelo non è una morale ma una sconvolgente liberazione.
Celebriamo il bello che ci muove, che ci muove dal di dentro.
Ci conceda il Signore di godere oggi e di celebrare la sua Parola,
che illumina, libera, sorride,
che mette tanta voglia di vivere e tanta voglia di bellezza.
Questo è ciò che ci vuole dare il Regno:
voglia di vivere, voglia di bellezza.
Passa per tutta la Galilea uno che è il guaritore dell’uomo.
Passa uno che sa reincantare la vita.
E dietro gli vanno uomini e donne senza doti particolari,
e dietro oggi gli andiamo anche noi,
affascinati da qualcosa che lui solo ha
e nessun altro sa dare.

Pescatore di uomini, di Helder Camara.

Per amore di Dio rispondetemi:
Dove sono i bambini
per raccontarmi i loro giochi,
i poeti
per raccontarmi i loro sogni
i pazzi
per raccontarmi i loro deliri,
i malati
per raccontarmi le loro sofferenze,
e i felici e gli infelici
i santi e peccatori
i bambini e i vecchi
i morti e i vivi
i credenti e gli increduli
gli uomini e gli angeli
gli animali e le piante
le creature tutte
di tutti i mondi?
Povero me
se salissi da solo
all’altare di Dio!…

Dom Helder Camara, da “Mille ragioni per vivere”

Abbiamo un debito di memoria e di gratitudine verso fra Germano,
lo ricordiamo, oggi, insieme a voi, a sette giorni dalla morte.

A te, Germano,
ultimo di quella splendida razza evangelica
Dei cercatori, dei mendicanti per amore
Dalle tue mani ho ricevuto pane.
Grazie.
Dai tuoi occhi ho ricevuto luce.
Grazie.
Noi preghiamo per te Germano, fratello caro,
cuore libero e occhi di luce,
ma tu prega per noi, perché conquistiamo
il tuo cuore bambino e grande
il tuo sguardo gioioso sulla vita,
la tua carità instancabile.
Perché le cose che per te furono vere e grandi
Siano vere e grandi anche per noi,
che continuiamo più poveri e più soli il nostro cammino.
Arrivederci, fratello amato, amico della vita,
sulle vie del cielo.
Mandi.