FRA I SERVI DI MARIA (racconto)
“ Bene, ci vediamo domani! “.
“ A che ora parti? “.
“ Il treno per Roma, passa qui alle cinque “
“ Allora, sarai a Firenze per le dieci; ti aspetto! Ah! Una raccomandazione, non dimenticare di mettere in valigia qualche maglia pesante, perché quassù fa ancora freddo “.
“ D’accordo “.
Mauro riattaccò il telefono pensando ancora all’amico.
La loro conoscenza risaliva agli anni del collegio; questa, avvenne in una situazione alquanto strana per il modo con cui si verificò; Mauro ancora ricordava quel momento che bonariamente lo faceva sorridere.
Quando, poi, usciti che furono da quell’ambiente, si persero di vista per alcuni anni; ma il destino provvide sì a farli riunire.
Da quel momento, si può dire, che la loro frequenza fu alquanto stabile, salvo alcune assenze da parte di Piero per motivi personali
L’ultima volta che Mauro lo vide, fu quando gli dette la notizia che avrebbe cominciato il noviziato a Monte Senario.
Egli conosceva già da tempo quella sua propensione ad abbracciare la vita monastica, tanto che sin dall’inizio: “ Se quella è la tua strada, seguila “, aveva detto quel giorno che gli riferì quel desiderio.
La sua prima destinazione, su suggerimento di un frate, lo condusse ad Isola Vicentina, in terra veneta, dove per due anni seguì una vita da postulante.
Dunque, due anni erano passati e fu in quel periodo che Mauro, grazie a lui, ebbe modo di conoscere una realtà fino a quel momento solo immaginata.
Vero era che sì, nella sua prima giovinezza, aveva sentito parlare di monasteri e conventi, ma mai avrebbe creduto, più tardi, di fare esperienze seppur fuggevoli, di qualche giorno, fra quelle mura.
Durante l’adolescenza si era sentito tormentato dal dubbio che sentiva oscillare nel suo intimo, tanto che per un periodo aveva disertato quelle pratiche religiose; eppure, sentiva latenti desideri di aspirare ad una simile vita da quando, con l’amico, cominciò a addentrasi su temi di natura dapprima filosofica e poi teologica.
Le circostanze, però, si dimostravano avverse per una serie di situazioni che frenavano qualsiasi intenzione in tal senso.
No, quella chiamata non venne mai seppure da ragazzino un cappellano della parrocchia, da lui frequentata, addetto appunto alla guida dei giovani, gli parlasse della vita sacerdotale durante un colloquio informale ( ciò che lo stupì, tempo dopo, fu che quel prete aveva abbandonato la tonaca per sposarsi ).
Forse, con quella risposta di allora, data all’amico, Mauro pareva identificarsi in lui, seppure avvertisse quella sensazione che, con quella scelta fatta da Piero, probabilmente le loro strade si sarebbero divise e che la loro amicizia alla fine si sarebbe evaporata nei ricordi.
Per sua fortuna non fu però così. Sin da postulante, infatti, i contatti epistolari la facevano rinsaldare, anzi: “ Ti scriverò al più presto possibile “, gli aveva detto “… tanto che abbia il modo di familiarizzare con l’ambiente e prendere dimestichezza con quella nuova dimensione; quindi ci vorrà un po’ di tempo “.
L’attesa però non fu lunga; neppure passato un mese dalla sua partenza, ecco ricevere la sua prima lettera.
Dovendo, però, una volta, disbrigare alcune vecchie faccende in loco, ecco fargli un’improvvisata; e fu proprio in quell’occasione che gli propose di passare un fine settimana in quel convento.
Il tempo era favorevole per accettare l’invito e staccarsi, così, dall’ordinario.
Fu un’esperienza che lasciò in lui una sensazione particolare, sin dal momento che vide quel convento arroccato, da una parte, su una parete rocciosa che digradava giù verso un torrente; stagliato nell’oscurità della sera ormai avanzata, gli pareva che esso si ergesse in una sua severa solennità, tanto che provò un sentimento di timore.
Quel sentimento lo tenne per sé, non dicendo nulla all’amico fino a che quel timore cominciò a stemperarsi man mano che il suo sguardo prendeva confidenza con il luogo, nonostante l’oscurità.
Quel timore però non scomparve del tutto, quand’ecco Piero prese a farlo conoscere alla comunità; la timidezza l’assalì sì che si rese quasi muto quando poi egli lo presentò a colui di cui aveva grande ammirazione per via di quella profondità dei suoi studi.
Ciò che lo bloccò fu quel tono con cui l’accolse; mentre i confratelli gli avevano rivolto un cenno di cordialità, egli sembrò assalirlo quasi con un tono impetuoso tanto che alla fine: “ Ma sa parlare? “, chiese rivolgendosi all’amico.
Quella provocazione sciolse l’imbarazzo e per la prima volta comprese quanto l’insormontabile si potesse eliminare con una battuta, tanto che l’amico si mise a ridere.
Fu quel clima di familiarità che gli permise, ritornando a casa, di ringraziare la comunità attraverso una lettera indirizzata a Piero stesso.
A quella prima, capitò altre occasioni di respirare quell’atmosfera, e in una di queste fece conoscenza con altri due postulanti, di cui uno lo avrebbe rivisto proprio a Monte Senario, come apprese al momento della comunicazione.
L’indomani, dunque, gli avrebbe rivisti entrambi dopo un anno, da quell’annuncio.
– – – – –
Si sarebbe dovuto alzare presto; perciò andò a letto quasi subito, dopo la telefonata.
Ma non riuscì a addormentarsi; la paura di non svegliarsi in tempo lo teneva sulle spine ed ecco allora i suoi pensieri aggirarsi nella mente.
Ripensò a quel suo ultimo mese in cui si era dovuto sobbarcare quasi solo l’onere dell’attività, che gestiva con la madre.
Per via dell’influenza che l’aveva colpita, si era perciò trovato sotto pressione per l’intero periodo della malattia.
Vedendolo, perciò, così stressato ella andò incontro a quel desiderio che il figlio nutriva di raggiungere l’amico almeno per una settimana, quasi poi rimangiarsi la promessa quando si sentì in forze; ma quella determinazione ad attuare quel desiderio, la fece desistere.
Era un modo anche di rendersi autonomo da lei nei suoi movimenti, anzi; sarebbe stata proprio lei a doverlo accompagnare, di buon mattino, alla stazione.
Il biglietto, preacquistato il giorno prima, era già pronto in tasca.
Quando fu lì, non dovette aspettare a lungo l’arrivo del treno; ed ecco ritrovarsi solo nello scompartimento.
Seduto accanto al finestrino, Mauro osservava scorrere le luci dei lampioni che a poco a poco venivano diradandosi; stava uscendo dalla città.
Si lasciò cullate da quello sferragliare che sentiva sotto di sé mentre il cielo man mano cominciava a far sgocciolare le ombre della notte ridando forma a quelle sagome che facevano tutt’uno con il buio ed ecco vedere i paesi, le case, le chiese con i loro campanili nei loro contorni.
Era immerso nelle sue riflessioni quand’ecco lo scompartimento si aprì ed entrò il controllore a verificare il biglietto, Mauro glielo presentò e, dopo un cenno di cortesia, l’uomo rinchiuse la porta dello scompartimento.
Ma la porta si riaprì cinque minuti dopo, lasciando entrare un passeggero di media età che si accomodò d’altra parte, vicino ad essa; non ci fu nessun cenno di saluto.
Mauro non ci fece caso; era ben consapevole che l’approccio con uno sconosciuto non poteva sortire chissà che se non una forma di indifferenza, e quindi se ne stava tranquillo, continuando a seguire i suoi pensieri, continuando ad immaginare come sarebbe stato il suo incontro con Piero fra qualche ora
L’amicizia con lui si era ben cementata nel corso del tempo e, soprattutto, i suoi ricordi ritornarono all’ultimo periodo che gli fece assaporare la diversità di un mondo immerso in una novità che mai avrebbe pensato.
Riandò con la memoria proprio ai giorni della prima visita ad Isola Vicentina.
Dopo l’impatto di quella sera, quei due giorni che ne seguirono furono avvolti dalle novità che l’amico gli faceva vivere.
Ricordava soprattutto la visita che egli gli fece fare ad una anziana maestra in ospedale e che nei discorsi scoperse che era innamorata della poesia e soprattutto del Pascoli.
Fu una novità che gli fece molto piacere, perché la poesia si era ben radicata in lui proprio attraverso il Pascoli.
Come egli si fosse indirizzato alla poesia, fu forse dettato dall’inconsapevolezza della madre stessa che raccontando, a lui, l’esperienza dei suoi esami scolastici, con enfasi aveva recitato proprio una poesia del poeta.
Anche lui, guidato da quell’entusiasmo, avrebbe portato, tempo dopo, all’esame una sua poesia; il Pascoli aveva invaso il suo mondo fantastico.
Inconsciamente sorrise a quei ricordi.
I suoi occhi seguirono la monotonia della campagna che, ormai, l’aurora illuminava; il suo sguardo teneva a mente le località in cui il treno si fermava… Era arrivato a Mestre.
Dunque, il viaggio aveva ancora da macinare i suoi chilometri; si rilassò continuando a seguire il filo dei suoi pensieri.
Tranne sporadici episodi, era la prima volta che affrontava da solo un viaggio, per lui, abbastanza lungo; si era buttato allo sbaraglio in quella che si mostrava un’inusuale avventura, avendo una fobia di viaggiare senza qualche conoscente a fianco.
Sapendo, però, che l’amico era pronto ad accoglierlo all’arrivo, non si dette pena di trovarsi in una situazione così singolare essendo, per natura, ansioso.
Non era la prima volta che si apprestava a vedere Firenze; la prima delle occasioni di vederla si presentò allorché al ritorno dal Giubileo a Roma, i pellegrini avevano strappato all’autista del pullman la promessa di una deviazione, non essendo la città inserita nel programma.
Fu una visita mordi e fuggi; ma da piazzale Michelangelo, egli si era goduto un panorama che lo aveva veramente estasiato.
L’anno dopo, proprio con Piero, era ritornato, rifacendo quasi lo stesso itinerario della prima volta, ma in automobile.
Ed ecco, per la terza volta, rivedere Firenze.
In quel momento, puntualmente alle dieci, si trovò a scendere alla stazione di Santa Maria Novella; scendendo al binario stabilito, non trovò però l’amico ad aspettarlo… Che fare?
Si trovò come un pesce fuori d’acqua; la banchina era deserta.
S’avviò verso l’uscita nella speranza di incontrarlo lungo il percorso.
Si decise, perciò, a fare un giro nelle vicinanze della stazione, spiandone i volti fra la gente; ma di Piero, nessuna ombra: “ Che fare? “, si domandò di nuovo.
Si risolse a prendere un taxi: “ Dovrei andare a Bivigliano… “.
“ Bene… Salga pure “, rispose il taxista dopo aver sistemato la valigia.
Durante il tragitto, però, a Mauro venne un sospetto che lo disorientò; perché aveva detto Bivigliano?
La spiegazione la trovò nella telefonata della sera innanzi: “ Bene… “, aveva detto Piero “ Io scendo a Firenze con la corriera, poi al ritorno, sempre in corriera, ci fermiamo a Bivigliano dove un confratello ci aspetta con l’auto per salire a Monte Senario “.
Si rivolse al taxista: “ Senta; io dovrei andare, precisamente, a Monte Senario “.
“ Non c’è problema; siamo sulla strada “.
Mauro diede un sospiro di sollievo.
……
Il convento lo accolse con la solennità di quel silenzio che la natura poteva offrire; il posto era veramente un luogo di meditazione.
Il complesso della struttura si ergeva compatto; una scalinata conduceva alla portineria e lì Mauro suonò la campanella, ma lo fece piano quasi pensando che la sua venuta fosse di disturbo e l’assalì quella timidezza che già la prima volta provò a Isola Vicentina.
Pensò di suonare nuovamente credendo non avessero sentito, ma il frate portinaio era pronto ad accoglierlo.
“ Sono l’amico di Piero “, disse.
Il frate sorrise e lo fece entrare: “ Sapevo che doveva scendere a Firenze a prendere un amico…”.
Mauro sorrise a sua volta: “… Sì, sono io quello; pensavo di trovarlo alla stazione, ma lui non c’era e così ho preso un taxi “.
“ Sarà costato caro “, continuò il frate “, facendolo accomodare.
“ A dire il vero mi ha fatto lo sconto, perché buona parte del denaro lo avevo in valigia e per non farmela aprire, ha lasciato correre “.
Il frate lo lasciò tranquillo, dovendo sbrigare altre mansioni; ogni tanto, però, veniva controllare la situazione ed ecco arrivare una telefonata.
“ Sì, è qui… “, rispose il frate.
Passò così quasi più di mezzora quando s’incontrarono; come Mauro durante il tragitto aveva dato un sospiro di sollievo nel dare al taxista la direzione giusta, così Piero diede un sospiro di sollievo, vedendolo lì.
“ Cosa è successo? “, chiese Mauro.
“ Un disguido mi ha fatto arrivare tardi, ma pensavo di trovarti per tempo; quando però sono arrivato, non ho trovato nessuno. Preoccupato, ho telefonato anche a tua madre e mi ha detto che ti aveva accompagnato lei stessa alla stazione “.
Risero tutti e due di fronte a quel qui pro quo; poi Piero prese in consegna Mauro.