Dal “Diario di un pellegrino carnico” di p.Albino Candido

14 Settembre 1979 Croce. Me la sento.

Sentire la croce è meno dura che portarla senza riconoscere che è croce.

Avviene di considerare croce una determinata cosa spiacevole, un fatto spiacevole, un patimento fisico ben preciso: può essere croce tutto questo.

Però penso che croce sia anche quella incancellabile nebbiolina di tristezza che copre l’anima, come di uno strato di elementi autunnali.

Soltanto il pensiero dell’Eternità riesce a trafiggere quel velo e a raggiungere l’anima con un raggio di luce e di calore.

Il non credere alle Tue sofferenze portate per me vuol dire non credere al Tuo amore. La Tua croce è quella della sconoscenza. È la Tua croce non riconosciuta da moltissimi, dalla maggioranza degli uomini. Esaltazione!

Soltanto ciò che costituisce croce avrà la sua gloria. Perdonami che finora non ho tenuto conto della Tua croce e ho camminato come se la strada fosse un dovuto, un diritto, come se la vita non fosse un dono da custodire.

Però sento che anche la Tua croce è fatta anche della mia e che la mia è fatta anche della Tua. È meglio stare con la croce che cercare liberazione da parte degli uomini.

Se consideri croce quel dato aspetto di te stesso è perché non la porti con pazienza e fede. Lui cammina davanti a te e a tutti quelli che hai intorno.

Egli occupa il primo posto. È bello, è liberante sentirlo, vederlo sempre al primo posto. È la prima persona.  (p.144)

 

 

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