p. Ermes Ronchi
IV di quaresima
Gv 3,14-21
Si è appena conclusa la scena irruente, fragorosa, sovversiva di Gesù che caccia i mercanti dal tempio.
A Gerusalemme si parla di quel maestro che dice finalmente cose nuove e così vere! Ne parlano i capi dei farisei e la gente comune.
Da quella scena clamorosa e rumorosa, si passa ora a un vangelo intimo, mistico. Vediamo il contesto: v. 3,1: vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodemo, uno dei capi. Costui andò da Gesù di notte…
Addirittura un membro del Sinedrio, come dire uno della Corte costituzionale, dove la corrente dei farisei sono il gruppo più influente.
È un rappresentante dell’istituzione più importante e infatti parla al plurale: sappiamo che tu sei venuto da parte di Dio.
Questo maestro ha grande stima di Gesù, vuole capirlo, senza però compromettersi, perciò va da lui di notte, di nascosto.
La prima sorpresa: Gesù rispetta la paura di Nicodemo. Lui che ha detto: “Il vostro parlare sia sì sì, no no”, ora non si perde a sottolinearne la mancanza di coerenza e di coraggio, ma proprio rispettando la debolezza di Nicodemo, lo trasforma, lo rende coraggioso al punto che si alzerà ad opporsi al suo gruppo (la nostra legge vieta di condannare uno prima di averlo ascoltato Gv 7,50) e sarà presente al tramonto del grande venerdì (Gv 19,39) per prendersi cura del corpo del Crocifisso. Quando tutti i coraggiosi saranno fuggiti, lui andrà sotto la croce, portando trenta chili di aloe e mirra
Rispettando la sua fragilità Gesù lo trasforma. È una via tutta nuova, controcorrente, per opporsi al mondo, dove la scelta sembra ristretta alle due alternative: potenza o impotenza, dominio o sudditanza, coraggio o viltà.
Gesù ci mostra una via alternativa: la forza dell’amore che non ha paura della fragilità, ma dolcemente e tenacemente la trasforma, come il grano che matura nel sole. Lo fa rinascere.
Il Signore anche con noi agisce allo stesso modo. Non convoca eroi al suo seguito, ma gente che inizia percorsi, che avvia processi, gente del primo passo.
E allora scopro che le mie debolezze non sono un ostacolo per il Signore ma una opportunità; che i miei difetti non sono un limite, ma l’occasione di un gradino in più.
Che le mie ferite diventano feritoie di luce. Siamo tutti dei guaritori feriti.
Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio, perché chiunque crede non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Siamo al versetto centrale del vangelo di Giovanni, il versetto dello stupore che rinasce ogni volta per parole buone come il miele, tonificanti come una camminata in riva al mare fra spruzzi d’onde e aria buona respirata a pieni polmoni: Dio ha tanto amato il mondo…
Versetto decisivo, centro del vangelo di Giovanni, parole da riassaporare ogni giorno e alle quali aggrapparci: Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio.
A queste parole la notte di Nicodemo si illumina. E le nostre notti. Qui possiamo rinascere. Ogni giorno.
Rinascere alla fiducia, alla speranza, alla serena pace, alla voglia di amare, di vivere, di custodire e coltivare persone e cose, e ogni più piccolo giardino di Dio, ognuno è Adamo.
La rivelazione di Gesù è questa: Dio ha considerato il mondo, ogni uomo, più importante di se stesso.
Per acquistare me ha perduto se stesso. Follia d’amore.
Non solo l’uomo, ma è il mondo che è amato, la terra è amata, e gli animali e le piante e la creazione intera. E se egli ha amato il mondo, anch’io devo amare questa terra, i suoi spazi, i suoi figli, il suo verde, i suoi fiori, la sua bellezza. Terra amata.
Dio ha tanto amato, e noi come lui: abbiamo bisogno di tanto amore per vivere bene (Maritain). Quando amo in me si raddoppia la vita, aumenta la forza, sono felice. Ogni mio gesto di cura, di tenerezza, di amicizia porta in me la forza di Dio, spalanca una finestra sull’infinito.
Vi invito a gustare la bellezza di questi verbi al passato: Dio ha amato, il Figlio è venuto. Mi dicono non una speranza (vedrai che Dio ti amerà), ma un fatto sicuro: Dio è già qui, ha intriso di sé il mondo e il mondo si è imbevuto di lui.
Provate a sentire dentro questa presenza, e i pensieri che assorbono questa verità bellissima: Dio è già venuto, è nel mondo, qui, adesso. E ripeterci queste parole ad ogni risveglio, ad ogni difficoltà, ogni volta che siamo sfiduciati e fa buio.
L’amore è già venuto, ed è qui. A prescindere da me, indipendentemente da me, amore incondizionato, asimmetrico. Che io sia amato dipende da Lui, non dipende da me.
Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio.
Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama.
Ha tanto amato da dare il suo figlio.
Nel vangelo il verbo amare si traduce sempre con un altro verbo, semplice, asciutto, concreto: il verbo dare. Amare non è un fatto di emozioni, come l’intenerirsi per la primavera, i fiori o i cuccioli, ma è un fatto di mani che offrono: dare.
Ricordiamo: non c’è amore più grande che dare la propria vita per chi si ama. Chi avrà dato anche solo un bicchiere d’acqua per amore del mio nome, non perderà la ricompensa. Avevo fame e di avete dato da mangiare. Tutto ciò che avete dato/ fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli è a me che l’avete dato.
Dio non ha mandato il Figlio per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato, perché chi crede abbia la vita.
A Dio non interessa istruire processi contro di noi, neppure per assolverci alla fine. La vita del credente non è pensata a misura di un’aula di tribunale e di processo! Ma a misura di fioritura e di abbraccio. Cristo venuto come intenzione di bene, nella vita datore di vita, perché anche noi diventiamo come lui: nella vita datori di vita.
Salvare vuol dire conservare, e nulla andrà perduto, non un sospiro, non una lacrima, non un filo d’erba.
“Il cristiano è uno ben consapevole che la sua vita darà frutto, ma senza pretendere di sapere come, né dove, né quando. Ha la sicurezza che non va perduta nessuna delle sue opere svolte con amore, non va perduto nessun atto d’amore per Dio, non va perduta nessuna generosa fatica, nessuna dolorosa pazienza. Tutto ciò circola attraverso il mondo come una forza di vita. (E.G. 278-279).
Perché il mondo sia salvato: salvare vuol dire conservare, e nulla andrà perduto; nessun gesto di cura per quanto piccolo e nascosto:
Se potrò impedire a un Cuore di spezzarsi,
non avrò vissuto invano.
Se potrò alleviare il Dolore di una Vita
o lenire una Pena,
o aiutare un Pettirosso caduto
a rientrare nel suo nido
non avrò vissuto invano. (Emily Dickinson).
Alla comunione
CARLO BROGI, Messaggio al moralista
Non dirmi d’esser buono
e di non fare il male
ché la mia libertà
confina con l’altrui:
Piuttosto dimmi quanto
dev’esser coraggioso
il grido dell’amore
che brucia dentro me.
Non perder tempo
a ribadire concetti
a chiarire le idee
a distinguere i limiti.
Poiché è l’amore
il concetto autorevole
la luce di ogni idea
lo sconfinato limite.
E’ l’amore
ragione di ogni cosa
forza che rompe gli argini
cuore dell’esistenza.
Solo l’amore costruisce
Solo l’amore fa crescere
Solo l’amore vale.
Non perder tempo,
vai a lezione d’Amore.
NON SOLO NOI
Leggiamo – Dio ha tanto amato il mondo…
E allora non soltanto gli uomini
Ma anche la batticoda
E l’ape affumicata
Il riccio damerino mai uno spillo fuori posto
addirittura il mulo né questo né quello
perché non è un cavallo ma nemmeno un asino
(rammaricato perché creato dall’uomo…)
il pero che infiora un po’ prima del melo
le foglie di mughetto quasi senza gambo
il vitellino che si trascina dietro alla madre
e noi che a Dio siam sempre a chieder coccole
come se avesse solo noi da amare al mondo. (Jan Twardowski).