Tommaso nacque a Olera, borgo medievale della Val Seriana (Bergamo) sul finire del 1563.
Da piccolo condusse le pecore al pascolo, da grande faticò sui campi con il papà.
L’unica scuola che frequentò fu quella dei genitori, del parroco e di madre natura.
Illuminato da Dio, a17 anni decise di seguire il Poverello tra i Cappuccini veneti.
Raggiunta Verona, fece la richiesta. Accolta, iniziò l’anno della prova (1580-81).
Alla scuola dell’ardua spiritualità cappuccina si trasformò in un frate esemplare.
Dopo il noviziato, e per tre anni, si esercitò nei vari lavori del convento (1581-84).
Nonostante fosse frate laico, il superiore gli insegnò a leggere e soprattutto a scrivere.
Nel 1585 gli fu affidato il delicato compito di frate della cerca in città e nei dintorni.
Chiederà il pane per frati e poveri e conquisterà anime per Dio e per la sua Chiesa.
A Verona per 25 anni, a Vicenza per 7, a Rovereto per 4, ad Innsbruck per 12 anni.
Saliva le scale dei palazzi di vescovi e di principi come entrava nelle case degli umili.
Richiesto come consigliere spirituale, lasciava nel cuore di ognuno la nostalgia di Dio.
A Vicenza e a Rovereto favorì la nascita di due monasteri per giovani consacrate.
Suggerì all’amico Guarinoni di costruire vicino a Volders una chiesa all’Immacolata.
Nei ritagli di tempo, si ritirava in cella e scriveva quanto Dio gli dettava nel cuore.
Nacquero così ”le amorose composizioni”, pubblicate in due edizioni (1682 e 1683).
Sono ora in edizione critica in 4 volumi + gli Indici (2005, 2010, 2013, 2016, 2020).
Mistico dell’amore puro verso Dio, quotidianamente abitava nel cuore ferito di Gesù.
Morì il sabato 3 maggio del 1631. I presenti definirono il suo transito “una morte d’amore”.
Giovanni XXIII parlava di lui come di “un santo autentico e di un maestro di spirito”.
Libro preparato in vista della sua beatificazione, celebrata il 21 settembre 2013:
Rodolfo Saltarin, Tommaso da Olera – mistico del cuore di Gesù, Morcelliana, Brescia 2013.
Costo: 20 euro + spese postali.
Novena
Tommaso benedetto, che con la luce della tua vita rischiarasti l’orizzonte a tante persone del tuo tempo, illumina anche me desideroso di Verità e di Grazia. Gloria al Padre…
Mistico del Cuore di Gesù, che con il fuoco dell’amor di Dio riscaldasti le profondità dell’anima a quanti avvicinavi, accendi in me il santo fuoco dell’Amore. Gloria al Padre…
Silenzioso amante di Dio, che passasti per la valle del pianto trasformandola in una sorgente di benedizioni, ottienimi da Dio la grazia che ora ti chiedo… Gloria al Padre…
A Gesù crocifisso, supplica del Beato Tommaso da Olera
(Cfr. Tommaso da Olera, Selva di contemplazione, a cura di Alberto Sana, Morcelliana, Brescia 2006, pp. 284-285 e 434)
Io poverino, prostrato ai tuoi piedi e indegno di levare gli occhi al cielo, ti prego, per la tua morte crudele, di guardarmi con occhi di misericordia. Prima di guardare i miei peccati, guarda le tue mani. Guardami attraverso i fori delle tue piaghe. Passino i tuoi occhi per quei fori e non sia la tua giustizia a cadere su di me, perché quelle ferite furono fatte dalla tua misericordia.
Donami un cuore nuovo affinché, nascosto nella ferita del tuo costato, io possa, d‘ora poi, amarti con un amore forte e disinteressato. Concedimi un raggio di Spirito Santo, perché la sua luce rischiari la mia cecità, e le tenebre non m’impediscano di vedere te, unico sposo dell’anima mia.
Al Cuore aperto di Gesù, contemplazione del beato Tommaso da Olera
(Cfr. Tommaso da Olera, Scala di perfezione, a cura di Alberto Sana,
Morcelliana, Brescia 2010, p. 158)
Amato mio Signore, dalla ferita del tuo costato così larga che comodamente poteva entrare una mano d’uomo e così profonda da mostrare il tuo cuore aperto, dopo la tua morte di croce apparvero due sorgenti: una di amore e l’altra di carità, per attrarre a te non solo il giusto e l’amico di Dio a bere l’acqua del tuo amore, ma anche i peccatori a bere il sangue della tua misericordia.
Erano come due fiumi: uno di sangue, cui può andare ogni peccatore, sicuro di ricevere misericordia, e l’altro d’acqua, cui può accedere ogni amico di Dio nella speranza di crescere in virtù e perfezione.
All’innamorato Gesù, supplica del beato Tommaso da Olera
(Cfr. Tommaso da Olera, Scala di perfezione, a cura di Alberto Sana,
Morcelliana, Brescia 2010, pp. 445-446)
O amabile Gesù, Dio dell’anima mia, mio rifugio e mio conforto, più godrò nelle miserie e travagli con te che nella felicità senza di te. Altro bene non voglio, altra ricchezza non bramo, altro tesoro non desidero, altro paradiso non pretendo. Crea in me uno spirito nuovo, un amore nuovo, un desiderio nuovo e una nuova volontà.
Signore Gesù, solo allora sarà quietato il mio cuore e saziato ogni mio desiderio, quando godrò della tua presenza. Prendi il mio cuore e non ridarmelo più. Sei il centro dell’anima mia, il tabernacolo del mio cuore, il segretario dei miei pensieri, la luce della mia mente. Altra cosa non bramo che conformarmi al tuo divino volere. Amen.
I MISTERI DI GESÙ
(tommaso da olera, Selva di contemplazione, a cura di Alberto Sana, Morcelliana, Brescia 2005)
01 Gesù è presentato al tempio (cfr. pp. 167 e 363-366)
Arriva il giorno in cui Maria deve recarsi al tempio di Gerusalemme, per purificarsi e per riscattare il Bambino dalle mani del pontefice mediante l’offerta di due tortorelle. Parte in compagnia di Gesù e di Giuseppe. Arrivati, trovano il vecchio Simeone, al quale era stato rivelato che non sarebbe morto se prima non avesse visto il Desiderato delle genti. Egli si avvicina a Maria e guarda il Bambino. Vedendolo avvolto in poveri panni ne rimane stupito, ma anche consolato. Lo prende fra le braccia e, ripieno di Spirito Santo, canta: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo se ne vada in pace perché i miei occhi han visto la salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli».
02 Gesù rimane nel tempio (cfr. pp. 183-185 e 376-378)
Verso i dodici anni, Gesù, insieme a Maria e Giuseppe, sale a Gerusalemme per celebrare la Pasqua e per far conoscere al mondo la sua dottrina. All’insaputa dei genitori, rimane là per tre giorni. Questi lo cercano affannosamente e alla fine la madre lo scopre, mentre sta discutendo con i dottori della legge attoniti e stupiti: «Questa sapienza viene dal cielo. Di chi è figlio e qual è la sua patria?». Maria lascia che il dibattito finisca e poi, turbata e gioiosa, tra lacrime di tenerezza gli dice: «Che hai fatto, figlio mio caro? Io e tuo padre, dolenti, ti cercavamo». E lui, per nulla agitato: «Perché mi cercavate? Non sapevate che dovevo occuparmi delle cose del Padre mio?»
03 Gesù istituisce l’Eucaristia (cfr. pp. 208-210 e 393-394)
Lavati i piedi agli apostoli, Gesù si toglie l’asciugatoio, srotola le maniche, si rimette il manto e va a sedersi a mensa, invitandoli a fare altrettanto. Desidera iniziare un banchetto nuovo, dando da mangiare il suo preziosissimo corpo, divinità e umanità insieme. Non solo per cibare le loro anime, ma anche per rimanere vicino a loro (e a noi) sino alla fine del mondo. Prende del pane nelle sue mani, lo benedice e lo consacra. Quel pane si trasforma e diventa il suo stesso corpo e sangue: lo stesso corpo partorito dalla vergine Maria, lo stesso Dio che creò il cielo, la terra e tutte le cose. Divide quel pane in pezzi e li consegna ai Dodici, comunicandoli con le proprie mani.
04 Gesù è inchiodato in croce (cfr. pp. 249-251 e 418-419)
Gesù è nudo, avvolto nel suo sangue. Gli sbirri lo prendono, chi per le mani e chi per i piedi, e lo gettano sulla croce. Gli afferrano una mano, piantandogli sopra un chiodo spuntato e arrugginito. Gli afferrano l’altra mano e fanno altrettanto dall’altra parte. Gli strattonano i piedi, ritratti per il dolore, fino a raggiungere il terzo foro predisposto. Posti i piedi uno sull’altro, gli conficcano il terzo chiodo, anch’esso spuntato e arrugginito. Con grande violenza li trapassano entrambi. Sollevano la croce e la lasciano cadere dentro una buca profonda. Tutto ciò alla presenza del popolo, di Maria sua madre e di Giovanni, che lo vedono trafitto, insanguinato e deforme.
05 Supplica a Gesù crocifisso (cfr. pp. 284-285 e 434)
Io poverino, prostrato ai tuoi piedi e indegno di levare gli occhi al cielo, ti prego, per la tua morte crudele, di guardarmi con occhi di misericordia. Prima di guardare i miei peccati, guarda le tue mani. Guardami attraverso i fori delle tue piaghe. Passino i tuoi occhi per quei fori e non sia la tua giustizia a cadere su di me, perché quelle ferite furono fatte dalla tua misericordia. Donami un cuore nuovo affinché, nascosto nella ferita del tuo costato, io possa, d‘ora poi, amarti con un amore forte e disinteressato. Concedimi un raggio di Spirito Santo, perché la sua luce rischiari la mia cecità, e le tenebre non m’impediscano di vedere te, unico sposo e riposo dell’anima mia.
A MARIA IMMACOLATA, supplica del Beato Tommaso da Olera
(Cfr. Tommaso da Olera, Scala di perfezione,
a cura di Albero Sana, Morcelliana, Brescia 2010, pp. 481-483)
Degnissima Madre di Dio, fra tutte le donne la favorita. Senza di te che cosa può fare l’anima mia? Soccorri me, vilissimo tuo servo, pronto a dare mille volte la vita in tua difesa. Che ciò sia vero tu lo sai, perché lo puoi vedere nello specchio della divinità.
Accostati a me e tocca il mio cuore perché possa accogliere, nel mio amore puro e filiale, tuo figlio Gesù. Voglio amarlo e servirlo più di quanto sia stato amato e servito dai santi. Non vi domando paradiso, gloria, gusti, gioie, ma che riempiate il mio cuore del vostro puro amore, poiché questo è il mio unico fine e l’unico mio paradiso.
I MISTERI DI MARIA (Tommaso da Olera, Selva di contemplazione, a cura di Alberto Sana, Morcelliana, Brescia 2005)
01 Dio vede l’umiltà di Maria (cfr. pp. 141-142 e 341)
Maria, ricolmata da Dio di scienza infusa, oltre che essere istruita nella legge divina, pregava e meditava la Sacra Scrittura. Era molto devota delle profezie e delle figure che trattavano della venuta del Messia; in particolar modo di quella che dice che una vergine partorirà il Messia, il redentore del mondo. Avvertendo che oramai era giunto quel momento, ardeva dal desiderio di essere la serva di quella vergine, scelta da Dio a diventare la Madre del Signore. Giorno e notte pregava il Signore di farle la grazia di poter servire quella vergine e così star vicino al Figlio di Dio. Maria era così umile che non riusciva nemmeno a pensare di poter diventare la Madre del Signore.
02 L’angelo è inviato a Maria (cfr. pp. 141 e 341)
Dio era ammirato di quella figlia, adornata d’ogni santa virtù. Era invaghito della sua bellezza. Si godeva in rimirar colei che doveva diventare sua Madre. Essendo Maria di circa quattordici anni, Dio manda l’eterno Verbo, la seconda persona della Santa Trinità, nella nostra valle di lacrime, per incarnarsi nel ventre purissimo di Maria e per redimere il genere umano: così come aveva promesso nella divina legge antica. Invia perciò uno degli angeli a lui più cari e preferiti, Gabriele, dicendogli di scendere nel mondo, di andare a Nazaret e di annunciare a Maria la venuta del Figlio di Dio nel suo ventre verginale. L’angelo Gabriele partì per fare l’annuncio alla Vergine Maria.
03 Maria dialoga con l’angelo (cfr. pp. 143 e 342-343)
«Ave, piena di grazia, il Signore è con te». Di fronte a tali parole, Maria si turba. L’angelo la rassicura: «Non temere, hai trovato grazia presso Dio; ecco concepirai un Figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù». Gli chiede: «Come avverrà questo? Io non conosco uomo». E l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra». Risposta di Maria: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che tu hai detto». Dio amava la verginità di Maria, ma la sola verginità non fu sufficiente ad attrarne l’attenzione. Lo fu invece la sua umiltà, unita alla sua verginità. Allorché Maria terminò di dire tali parole, il Verbo entrò in lei.
04 Maria parla con il Bambino (cfr. pp. 144 e 344)
Piangendo e singhiozzando di allegrezza e tenerezza, Maria continuava a dirgli: «O Figlio di Dio e anche mio, quanto grande è la tua umiltà nell’avere eletto me, poverella, per tua madre! Mancavano, Dio dell’anima mia, le vergini nel mondo, regine e imperatrici, che ti avrebbero nutrito e allevato in grandezza e maestà? Hai eletto me, che non possiedo cosa alcuna, essendo io poverina e nascosta. Caro mio Figlio, se stimi che l’amore sia ricchezza e grandezza, io di certo ti amerò più di ogni altra creatura. Per amore tuo mi consumerò in nutrirti e allevarti in risposta d’un tale dono, a me fatto sopra ogni altra donna del mondo. Per questo ti adoro, ti ringrazio e ti benedico».
05 Maria genera Gesù il Cristo (cfr. pp. 151-154 e 350-352)
Venuta l’ora di partorire la Luce del mondo, quella giovane si mette in ginocchio per meglio seguire ciò che sta accadendo in lei. Si sente ripiena di grande gaudio e subito dopo partorisce il Bimbo sulla nuda terra. Lui la guarda e con gridi e pianti, la incita a prenderlo fra le braccia poiché trema di freddo. Ella prende quel tesoro del cielo e, stringendoselo al petto, lo accarezza e lo bacia. Desidera fasciare quel caro corpicello, ma non c’è fuoco per riscaldare i pannicelli. Li mette dentro il seno, li riscalda alquanto e, levandoseli di là, avvolge Colui che i cieli non possono contenere. Mentre la madre lo allatta, lui le accarezza il volto con le sue tenere manine.
Passione di nostro Signore Gesù secondo Tommaso (Tommaso da Olera, Selva di contemplazione, a cura di Alberto Sana, Morcelliana, Brescia 2005)
I stazione: Gesù nell’orto degli olivi (cfr. pp. 220-221 e 399-400)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Partito dal cenacolo, Gesù andò nell’orto degli ulivi con i suoi apostoli. Ne lasciò otto un po’ lontani, dicendo che pregassero per non cadere in tentazione, e s’inoltrò con Pietro Giacomo e Giovanni. Dopo un po’, lasciò anche questi e se ne andò oltre, solo. Si fermò e, genuflesso, pregò il Padre. Gli si presentarono sotto gli occhi i peccati di tutta quanta l’umanità e, insieme, tutti i dolori che avrebbe dovuto patire, compresa la stessa morte. Quel peso amaro gli parve insopportabile, tanto da sudar sangue in abbondanza. Trapassando le sue vesti, quel sudore sanguineo bagnò perfino la terra. Pregò il Padre che gli togliesse quel dolore estremo; ma, poi, si rimise alla sua volontà.
Anima mia, guarda quella faccia divina coperta di sangue. Vedi i rivoli che scorrono per quel beato volto. Contempla quegli occhi purissimi, annegati nel sangue.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
II stazione: Gesù tradito da Giuda (cfr. pp. 225-232 e 402-407)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Giuda era andato dai principi dei sacerdoti. Questi avevano dato l’ordine di prendere Gesù e di condurlo in prigione, ma non sapevano come eseguirlo senza creare disordini. Temevano, infatti, che nascesse qualche tumulto. Il popolo amava Gesù per i segni che aveva compiuto. Stavano progettando il da farsi, quando arrivò Giuda. Disse loro: «Cosa mi date se vi consegno il Maestro?». Misero la mano nella borsa e gli diedero 30 denari. Presi i danari, Giuda accompagnò al monte degli ulivi il capitano e i suoi soldati, armati di lanterne, bastoni e catene. Giuda camminava verso Gesù e Gesù verso Giuda. Trovatolo, allargò le braccia, lo abbracciò e, come segno di riconoscimento, lo baciò.
Quanto ebbe a soffrire Maria, quando Giovanni gli portò la notizia che Gesù era stato fatto prigioniero, che Giuda l’aveva tradito e tutti gli altri abbandonato!
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
III stazione: Gesù condannato dal Sinedrio (cfr. pp. 232-234 e 407-408)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Introdussero Gesù nella casa del sommo sacerdote Anna, uomo ambizioso e crudele. Aveva le mani legate dietro la schiena. Anna gli disse alcune parole e lo mandò dal sommo sacerdote Caifa, suo parente, quello che aveva profetizzato: «È bene che uno muoia per tutto il popolo». Lungo il tragitto i soldati gli fecero ogni sorta di villanie. Fu presentato a Caifa, che l’interrogò sulla sua dottrina e su i suoi discepoli. Poi, convocò il Consiglio contro di lui e gli chiese se per caso fosse figlio di Dio. Gesù gli rispose: «Tu l’hai detto». Stracciandosi la veste, rispose: «Che altri testimoni desideriamo? A noi basta solo questo per dargli la morte, perché da uomo si è fatto Dio».
Gesù, abisso di misericordia e gloria del cielo, bellezza degli angeli e mio consolatore, sono io che devo patire questi tormenti e non già tu che sei innocente!
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
IV stazione: Gesù deriso da Erode (cfr. pp. 235-237 e 409-411)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Gesù fu condotto al palazzo di Pilato, per essere condannato a morte. Con queste accuse: si faceva Dio, sovvertiva il popolo, proibiva di dare il tributo a Cesare. Non trovando in lui alcun motivo di condanna e venuto a sapere che era un galileo, Pilato mandò Gesù da Erode, che in quei giorni si trovava a Gerusalemme. Questi, curioso di vederlo, quando l’ebbe davanti, lo interrogò più volte, ma Gesù non aprì bocca. Allora Erode lo trattò da pazzo e lo lasciò in balia ai cortigiani. Gli bendarono gli occhi, gli misero una canna in mano e con essa gli percossero il capo. Genuflessi, gli chiedevano: «Profetizza: chi ti ha percosso?». Per disprezzo, poi, lo chiamavano “re dei giudei”.
O anima mia, contempla il tuo Gesù, la tua vita, il tuo tesoro. È malmenato, straziato e bestemmiato da un branco di manigoldi. E tu da che parte stai nella vita?
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
V stazione: Gesù condannato da Pilato (cfr. pp. 238 e 411)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Gesù fu condotto di novo da Pilato, perché lo interrogasse dinanzi al Consiglio dei sacerdoti e al magistrato della plebe. Lo fece e alla fine concluse: «Pure alla vostra presenza io l’ho interrogato, ma non trovo in lui alcuna colpa della quale voi l’accusate. Anche Erode non ha trovato in lui cosa degna di morte». In quei giorni vi era in prigione un certo Barabba, ladro e omicida. Pilato propose ai capi e al popolo di liberare Gesù e far morire Barabba. Ma essi gridarono: «Crocifiggi Gesù e libera Barabba». Aggiunsero i capi: «Se tu lo liberi, non sei amico di Cesare». Temendo di venire querelato a Roma dinanzi al tribunale di Cesare, Pilato condannò Gesù alla crocifissione.
Non senti rinnovare ancora, anima mia, quella orribile sentenza contro il re del cielo e della terra? Non sei forse anche tu a perpetuare quella crudele condanna?
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
VI stazione: Gesù flagellato dai carnefici (cfr. pp. 238-240 e 411-413)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Prima di eseguire la sentenza, Pilato fece flagellare Gesù, pensando di placare in questo modo il popolo delirante. Condussero Gesù in un luogo dove c’era una colonna e lo spogliarono delle sue vesti. Quando Gesù si vide nudo alla presenza di cosiffatta gente, annegò nella confusione e nel rossore. Lo pigliarono per le braccia e, appoggiandolo alla colonna, gli legarono le mani stringendolo di traverso. E cominciarono a colpirlo con quanta rabbia e furia avevano in corpo. I flagelli penetrarono nella carne, raggiungendo perfino le ossa. Il sangue gli usciva da tutto il corpo e scorreva per terra. Quando lo slegarono dalla colonna, cadde come morto, nuotando nel suo sangue.
Non bastava a Gesù una goccia di sangue per redimere mille mondi? Sì, ma egli non si contentò e si mise nelle mani dei suoi nemici, per spargerne quanto ne aveva.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
VII stazione: Gesù caricato della croce (cfr. pp. 243-244 e 414-415)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Gli sbirri caricarono sopra le spalle lacere di Gesù l’enorme peso della croce. Avevano con sé chiodi e martello, corde e catene, per crocifiggere Gesù sul Calvario. Egli andava come agnello mansueto in mezzo a lupi rapaci, bramosi di divorarlo. Camminava come meglio poteva. Era tanta la debolezza, che non poteva più stare in piedi. Cadendo più volte, veniva calpestato dalla moltitudine di gente e tirato su a forza con corde e botte. Le vesti gli si attaccavano alle piaghe e, nel camminare, gli si aprivano di nuovo. Scorreva il sangue sul suo corpo e persino per terra. A dolori si aggiungevano dolori: lo bestemmiavano, lo maledivano, dicendo parole ingiuriose anche contro sua Madre.
Vedi, o anima mia, con quale furia diabolica quei manigoldi stanno attorno a Gesù! E tu, che fai? Ti unisci a loro, bestemmiandolo e insultando perfino sua Madre?
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
VIII stazione: Gesù aiutato dal Cireneo e asciugato dalla Veronica (cfr. pp. 244-246 e 415-416)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Stava arrivando da quelle parti, per tornarsene a casa, un povero contadino, di nome Simone, originario di Cirene, cittadina ricca di terre coltivate. Appena lo videro, i centurioni subito decisero di prenderlo a forza e di costringerlo a portare la croce al posto di Gesù, in modo da arrivare prima là dove dovevano arrivare. Gliela sistemarono sulle spalle robuste e ripresero il doloroso cammino: il Cireneo davanti e, a seguire, Gesù. Mentre così andavano, una discepola del Signore, chiamata Veronica, vedendo Gesù in tanti dolori e sudori, gli si presentò, furtiva, davanti e con un sudario di bisso, gli asciugò delicatamente il viso, e il suo Volto Santo vi rimase prodigiosamente impresso.
Anima mia, il Volto Santo, dalle forme tumefatte e deformate, impresso nel raro e prezioso tessuto di bisso, continua a ricordarti quanto sei costato a Gesù.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
IX stazione: Gesù spogliato delle vesti (cfr. pp. 248 e 417-418)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Spogliarono Gesù, quel Dio che aveva vestito i cieli con le stelle, con il sole e con la luna, gli uccelli con variopinte piume, gli animali con la pelle, i pesci con le squame, gli uomini con vaghi vestiti, i prati con odorosi fiori, gli alberi con verdeggianti foglie. Questo creatore venne spogliato delle sue vesti dalle mani degli sbirri. Lo spogliarono con rabbia. Quelle vesti s’erano attaccate non alla pelle, ma alla carne. Levandogliele, levarono anche la sua carne e in molte parti del corpo restarono soltanto le ossa. Si rinnovarono crudelmente altre dolorosissime ferite. Da tutte le parti gli scorreva il sangue. Quei manigoldi si tingevano le mani con quel sangue prezioso e lo calpestavano.
O dolcissimo Gesù, ti vedo quasi morto; eppure non vi stancate, neppure per un istante, di patire per me, uomo ingrato e troppo spesso irriconoscente.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
X stazione: Gesù crocifisso (cfr. pp. 249-251; 418-419)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Gesù è nudo, avvolto nel suo sangue. Gli sbirri lo prendono, chi per le mani e chi per i piedi, e lo gettano sulla croce. Gli afferrano una mano, piantandogli sopra un chiodo spuntato e arrugginito. Gli afferrano l’altra mano e gli fanno altrettanto dall’altra parte. Gli strattonano i piedi, ritratti per il dolore, fino a raggiungere il terzo foro predisposto. Posti i piedi uno sull’altro, gli conficcano il terzo chiodo, anch’esso spuntato e arrugginito. Con grande violenza li trapassano entrambi. Sollevano la croce e la lasciano cadere dentro una buca profonda. Tutto ciò alla presenza del popolo, di Maria sua madre e di Giovanni, che lo vedono trafitto, insanguinato e deforme.
Dove sono i cuori di bronzo? Venite e poneteli nel sangue caldo di Cristo, perché vengano sciolti. O cuori induriti e occhi chiusi, versate torrenti di lacrime.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
XI stazione: Gesù e il buon ladrone (cfr. pp. 253-254 e 421)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
A Gesù non fu risparmiato nemmeno l’ulteriore ed estremo dolore, quello di venire crocifisso tra due sciagurati ladroni. Uno di essi, quello a sinistra, offendeva Gesù re della gloria, bestemmiandolo con il dire che, se egli era Dio, scendesse dalla croce e liberasse se stesso e loro. Ma quello di destra ammoniva il compagno col dire che Cristo era giusto e innocente e che essi meritavano una morte crudele a causa dei loro numerosi e gravissimi misfatti. Costui, voltandosi verso Gesù, lo confessò come Dio e, raccomandandosi a lui, si meritò di sentirsi dire tali consolanti e imprevedibili parole: «Oggi stesso sarai con me in paradiso» (Lc 23,43).
Contempla, o peccatore, il Dio degli angeli, il tuo redentore, la tua vita e pace, la tua gloria. Vedi come l’umanità di Cristo era sformata, insanguinata per te.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
XII stazione: Gesù con sua madre e con Giovanni (cfr. pp. 253 e 421)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Stavano le Marie con Giovanni. La Madre di Dio era in agonia. Si avvicinava l’ora di rendere al Padre l’anima di Cristo, avendo egli adempiuto le figure dei patriarchi e quelle dei profeti. Aveva pagato la giustizia di Dio, redento il genere umano, vinta la morte, chiuso Lucifero nell’inferno e aperto il cielo. Prima di spirare, Gesù disse alla sua diletta Madre: «Ecco, donna, il tuo figlio Giovanni». Che amaro scambio, o Maria, fu quello: il discepolo in luogo del Maestro, la creatura al posto del Creatore! Ma ciò che maggiormente recava grandissimo dolore a Maria era che suo Figlio fosse crocifisso tra due ladroni, che rappresentavano alla perfezione il genere umano.
O Gesù, a te fu negato un po’ d’acqua perfino sulla croce. È vero che la sete corporale ti ardeva molto, ma ancor di più ti ardeva dentro la sete della mia anima.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
XIII stazione: Gesù muore in croce (cfr. pp. 253-254 e 421-422)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Era giunta l’ora che Cristo in croce non potesse più durare in vita. Erano circa tre ore da quando si stava consumando, secco e arso per l’uscita del sangue. Non gli restava altro umore che un po’ di sangue e acqua, ritiratisi nel cuore. Levando al cielo gli occhi tutti insanguinati, a voce alta esclamò: «Eterno Padre, ti consegno lo spirito». Inclinando il capo sopra il petto, mandò fuori lo spirito. Mentre Gesù moriva, si spezzò il velo del tempio, si sentirono terremoti, si divisero i monti, si oscurarono il sole, la luna e le stelle. Per tutto il mondo si stupirono gli uomini, sentendo in se stessi gran dolori senza saperne il perché. Gli stessi animali provarono grande mestizia.
E tu, anima mia, piangi giorno e notte la morte del tuo redentore. E tu, uomo o donna che sia, emenda la tua vita e non peccare più, per non farlo morire ancora.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
XIV stazione: Gesù ferito da una lancia (cfr. pp. 254-255 e 422)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Era consuetudine che venissero rotte le gambe a quelli che erano stati crocifissi, per farli morire più in fretta. Così fecero con i due ladroni; ma, arrivati a Gesù, vedendo che era già morto, non gli ruppero le gambe. Però, un soldato, chiamato Longino e che in seguito diventerà un grande amico di Dio, con una lancia gli trapassò insieme il petto e il cuore. La punta di quella lancia fu così larga che l’apostolo Tommaso poté comodamente mettere la sua mano in quell’apertura. Tale lanciata fu data a Gesù in presenza di sua madre, la vergine Maria, e dell’apostolo Giovanni, che nel suo vangelo, a testimonianza del fatto, aggiunse che ne uscì «sangue e acqua» (19,34).
O peccatore, vedi e contempla il cuore aperto di Gesù. Non scopri in esso l’“eccessivo” amore che ha per te e la fornace, da cui divampano le fiamme d’amore?
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
XV stazione: Gesù deposto nel sepolcro (cfr. pp. 255-257 e 423-422)
S. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
T. Perché per la tua santa croce hai redento il mondo.
Nicodemo e Giuseppe di Arimatea, discepoli del Signore, andarono da Pilato a domandargli il corpo di Gesù. Glielo concesse. Ritornarono sul monte Calvario con un lenzuolo, con aloe e altri aromi. Presero con sé anche scale e tenaglie, per togliere dalla croce il corpo del Signore. Il sacro corpo discese dalla croce e, subito dopo, fu deposto nel grembo di sua madre, la vergine Maria. Stava la santa Vergine sopra l’umanità del Figlio di Dio, giungendo faccia a faccia, petto a petto. Il Gesù morto era lacerato, impiagato e insanguinato. Non aveva né forma né aspetto d’uomo. Maria baciava quella divina faccia, quegli occhi incavati, quelle labbra secche.
Ricordati: al Serafico Padre Francesco, devoto della Passione e trasformato nel suo Gesù, le vive piaghe di Cristo gli rimasero impresse nelle mani, nei piedi e nel costato.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Preghiamo insieme davanti al Crocifisso
Io poverino, prostrato ai tuoi piedi e indegno di levare gli occhi al cielo, ti prego, per la tua morte crudele, di guardarmi con occhi di misericordia. Prima di guardare i miei peccati, guarda le tue mani. Guardami attraverso i fori delle tue piaghe. Passino i tuoi occhi per quei fori e non sia la tua giustizia a cadere su di me, perché quelle ferite furono fatte dalla tua misericordia. Donami un cuore nuovo affinché, nascosto nella ferita del tuo costato, io possa, d‘ora poi, amarti con un amore forte e disinteressato. Concedimi un raggio di Spirito Santo, perché la sua luce rischiari la mia cecità, e le tenebre non m’impediscano di vedere te, unico sposo e riposo dell’anima