Fb 14 maggio – VI di Pasqua
Gv 14,15-21
A tu per tu, con la pazienza del “se…”
In questo passo del Vangelo di Giovanni, Gesù chiede, per la prima volta, di essere amato. In principio a tutto, pone un legame d’amore. La sua prima parola è “se”: se mi amate. Un punto di partenza libero, umile, fragile, fiducioso, paziente. Puoi aderire o rifiutare, in totale libertà.
La sua parola finora diceva: amerai Dio e il prossimo, vi amerete gli uni gli altri; ora agli obiettivi dell’amore aggiunge se stesso. ‘Se mi amate’: e seguono parole che grondano unione, vicinanza, intimità, un tu per tu con Dio, in divina monotonia: il Padre vi darà lo Spirito, che rimarrà con voi, che sarà presso di voi, che sarà in voi; io stesso verrò da voi, e se voi sarete in me, io sarò in voi.
Chi ama osserverà il suo comandamento, il nuovo, l’unico: amatevi come io vi ho amato, e farlo diverrà per lui naturale, perché l’amore ti cambia la vita, e se ami non potrai ferire, tradire, rubare, violare, restare indifferente.
Se mi ami, ti trasformerai in un’altra persona, prolungherai i miei gesti e diventerai trasparenza di me. Sarai eco delle mie parole e del mio vento. Se mi ami, si spalancherà per te il mare immenso di Dio, e tu ne farai parte.
Gesù cerca spazi aperti e spazi nel cuore, ma amarlo è rischioso. Infatti per sette volte ribadisce il suo sogno: unirsi, abitare in noi: essere-in. Non soltanto “essere accanto”, presso, vicino, ma “essere-in”. Dentro, immersi, uniti, nella stessa creta, fino a diventare l’uno casa dell’altro.
E lo fa con parole che dicono unione, incontro, intimità, festa umile e sublime nella comunione, in una circolarità infinita. Ognuno è goccia della sua sorgente, fiamma dell’unico roveto, respiro nel suo vento, riflesso del suo sguardo.
Quindi non temete, mai vi lascerò orfani. Orfano è parola legata all’esperienza della morte e della separazione, ma Gesù afferma: non abbiate paura! Non lo siete ora e non lo sarete mai. Mai orfani, mai separati da me.
La presenza di Cristo in me non è quindi da raggiungere, non è lontana. È già data, è qui, è dentro e indissolubile, oceano immenso che mai verrà meno.
E infine la promessa di Gesù: io vivo e voi vivrete. Lui che vive e fa vivere: cinge un asciugamano e lava i piedi, che spezza il pane, che nel giardino piange nel cuore dell’amica, che sulla spiaggia prepara il pesce per consolare i suoi. Comandamenti che confortano la vita. Vivrete, perché io vivo: il mestiere di Dio è far vivere.
Chi ama, vive: perché il tempo dell’amore è più lungo del tempo della vita, perché forte come la morte è l’amore, e le grandi acque non possono spegnerlo né i fiumi travolgerlo.
Il cristiano è così: un amato che diventa amante.
Un Vangelo da mistici, di fronte al quale si può solo tacere, portando la mano alla bocca. La mistica però è un’esperienza per tutti: “il cristiano del futuro o sarà un mistico o non sarà” (Karl Rahner).
Avvenire
VI di Pasqua Gv 14,15-21
Sette versetti, nei quali Gesù ripropone, per sette volte, il centro del suo messaggio: in principio a tutto e a compimento di tutto, è posta la stessa azione: amare, pietra d’angolo e chiave di volta della vita viva. «La legge tutta è preceduta da un “sei amato” e seguita da un “tu amerai”. Sei amato, fondazione della legge; amerai, il suo compimento. Chiunque astrae la legge da questo principio amerà il contrario della vita» (P. Beauchamp). Amerà la morte.
“Se mi amate”. Gesù non detta regole, si fa mendicante d’amore rispettoso e paziente. Entra silenzioso e a piedi nudi nel tessuto più intimo della vita Non rivendica amore per sé, lo spera. Lo fa con estrema delicatezza, mettendo a capo di tutto un “se”. Il punto di partenza più umile, fragile, fiducioso, paziente: “se mi amate”.
Nessuna minaccia, nessun ricatto. Puoi accogliere o no, in totale libertà.
Ma amarlo è pericoloso: amore è parola che brucia le labbra se pronunciata male, se suona incoerente. “Se mi amate, osserverete…”, un bellissimo automatismo, radice della coerenza: solo se ami, osservi. Che cosa? “I miei comandamenti”. Non le tavole di pietra del Sinai, ma il suo, il nuovo, l’unico, la cronaca del suo amore diventata legge: lui che si perde dietro alla pecora perduta, dietro a pubblicani e prostitute e vedove povere, che fa dei bambini i principi del regno, che ama per primo e in perdita.
La secondo termine decisivo del vangelo di oggi è una parolina, brevissima, ma esplosiva come una mina disseminata in tutto il brano, la preposizione “in”: “voi in me e io in voi”. Dio dentro di me e io dentro Dio, innestato, immerso. E non è fatica di conquista, vetta che non raggiungi. Ci siamo già dentro, dobbiamo solo prenderne coscienza! E non scappare, non fuggire dietro agende e telefonini, ma ascoltare la sua richiesta sommessa: Resta con me, rimani in me!
Gusto l’immagine di me immerso “in” Dio, tralcio della vite madre, stessa linfa, stessa vita; raggio del sole, stessa luce, stesso fuoco; goccia d’acqua dello stesso oceano. C’è un cromosoma divino nel nostro DNA. Per questo la nostra vita è piena di futuro.
Infatti il brano è tutto sotteso da un filo d’oro di verbi al futuro: “ pregherò, vi darò, non vi lascerò, verrò, mi vedrete, saprete, vivrete, amerò, mi manifesterò”. Che senso di vitalità e di strade spalancate, di gemme che si schiudono e di nascite! Abbiamo un Dio che presiede a tutte le nascite, che ci precede su tutte le strade, che irrompe dal futuro e non dal passato.
“Non vi lascerò orfani, io vivo e voi vivrete”. Far vivere è la vocazione di Dio, il suo mestiere. La prima legge di Dio è che l’uomo viva e questa è anche tutta la sua gioia.
(p.Ermes Ronchi)