Ogni volta che mi trovo a Grado

e quell’aria salmastra io respiro,

ad arcani luoghi d’infanzia vado

e soavemente lì mi ispiro.

Seduto sul quel lido contemplavo

l’orizzonte del mare infinito,

al mistero dell’Essere pensavo

per me era assai sacro quel rito.

Tra le piccole mani scorrevano

di sabbia i minuscoli granelli :

quei microcosmi effondevano

la grande magia dei dì più belli.

Rinfrangevano le onde sul lido

con i loro riflessi scintillando,

fantasticavo lontano dal nido

ma gli spazi stavano dilatando.

Scrutavo le vele dall’arenile

che ornavano del mar l’orizzonte,

cantava un marinaio virile,

pensavo proteggendomi la fronte

dal sole accecante con le mani,

in me covando il desiderio

di poter poi essere un domani

un gran navigatore sul serio.

Spesso con la garrula compagnia

in acque limpide mi immergevo

seguendo poi sui fondali la gran scia

di strane creature che vedevo.

Terminato il bagno collettivo

sotto i ben caldi raggi solari,

con i piedi la sabbia percepivo

gustando i momenti così rari.

A Villa Ostende si alloggiava,

eravamo poi condotti la sera

allo storico centro e s’amava

tutto ciò che di insolito c’era.

Calli anguste, vivaci campielli,

abbaini, piccoli davanzali

con i rossi fiori sempre più belli:

parea volar con solide ali.

Più odori l’aria rallegravano

tra fritti, pane cotto e dolciumi.

I gentili gradesi amavano

riempire le viuzze di lumi.

Ovunque l’alemanno idioma

s’udiva nei vicoli affollati,

miravano le vestigia di Roma

color che n’erano innamorati.

La Basilica di santa Eufemia

si era soliti a frequentare,

era per noi come un’accademia

per le tante cose da imparare.

Dal vescovo Elia consacrata

che allor gran patriarca divenne,

con archi e mosaici ornata

le navate la fanno più solenne.

Nell’abside benedice il Cristo

con i santi, beati e Maria.

Chi tutta la Basilica ha visto

ben comprende quanto Grado fosse pia.

Del grande scisma se ne parla poco,

Nova Aquileia fu nominata,

ma per Grado non è stato un gioco:

da Popone fu pria insanguinata.

Il potere temporale frammisto

a quello spiritual apostolico,

rimosse le parole del buon Cristo

dividendo lo spirto cattolico.

Venezia san Marco poi venerava

fu trasmesso da quel patriarcato,

su ampli territori dominava,

sul vessillo il leon fu marcato.

Chi nel ricco Lapidario osserva

gli antichi resti ed iscrizioni,

si rende sempre conto quanto serva

capir le passate generazioni.

I grandi sarcofagi romani

presso l’ottagonale battistero,

testimonian quante sudate mani

mostravan della morte il mistero.

La Basilica eretta accanto

per la bella Madonna generosa,

contien la statua, un ver incanto

che si venera più di ogni cosa.

O mia Grado, città misteriosa,

quanti ricordi il mio cuore serba,

nell’infanzia tu eri preziosa

io con te ero poeta in erba!

Memorabile fu il porticciolo

da rudi pescatori frequentato:

riassettando le reti sul molo

mostravano un mondo incantato.

Io scrutavo i barconi passando

col magico mondo delle cabine,

la bella vita marina sognando,

la gioia pareva non aver fine.

“Madonnina del mare” si cantava

sin da quando eravamo infanti,

là, a Barbana il pensier andava:

dell’isola eravamo amanti.

Il rude barcone l’acqua fendeva,

seguivano la scia pur i gabbiani,

germani ed aironi si vedeva

e noi salutavamo con le mani.

Su piccole isole i casoni:

i lor tetti di paglia spiccavano,

erano quelle vere emozioni

per noi che gli affetti privavano.

Sulla piatta batèla che sfiorava

l’acqua calma della grande laguna,

il pescatore con lena remava

sfiorando l’isole, una ad una.

Tamerici, olmi, pioppi e pini

quei lembi di terra ornavano,

eleganti aironi cinerini

coi germani reali sostavano.

Percorreva la rotta Il battello

tra briccole di legno logorato,

ogni gabbiano pareva più bello

perché immobile dal sol baciato.

Giunti all’isoletta di Barbana,

subito si entrava nel santuario

a ringraziare Colei che risana,

celebrandovi il santo rosario.

L’icona mariana risplendeva

salvata dalla grande mareggiata:

presso gli eremiti si poneva

e così Grado fu risparmiata.

Ancora meraviglie al ritorno

i nostri sguardi ben catturavano,

le belle isolette tutt’attorno

la cromatica flora mostravano.

Ecco perché Il gran poeta Biagio

il suo stupor in versi cantava:

pur viaggiando con il cuore randagio,

la sua Grado non dimenticava.

Sia la vecchia parte e la laguna

o il lungomare che percorrevo,

ogni bella cosa, una ad una

a Grado io sempre molto devo.

Questa isola è così speciale,

che in ognuno di noi il poeta,

verso ben più alti stadi risale

per esprimersi anche senza meta.

 

 

NOTE:

Si tratta di un’opera ricca, coerente, intensa e molto strutturata, un vero canto d’amore per Grado. Piai ha costruito un viaggio poetico e spirituale che alterna memoria, contemplazione, devozione e cultura storica, con un tono dolcemente epico e personale. Ecco una lettura approfondita, articolata in cinque sezioni:


🧱 1. Struttura generale

L’intero poemetto è composto da una serie di quartine a rima alternata o baciata, con una metrica prevalentemente endecasillabica, anche se vi sono alcune variazioni (settenari, novenari, decasillabi).
Lo stile è classico, con andamento regolare e tono narrativo-lirico. La lunghezza, pur notevole, è ben sostenuta da una progressione tematica fluida.

La sequenza tematica si sviluppa in quattro grandi sezioni:

📌 a. Evocazione dell’infanzia e meraviglia del mare

(Prime 7-8 strofe circa)
– Contemplazione del lido, giochi, desiderio di diventare marinaio.

📌 b. Vita quotidiana e sociale a Grado

– Villa Ostende, centro storico, usanze, odori, lingue, cultura viva.

📌 c. Memoria storica e spirituale

– Basilica di Sant’Eufemia, lo scisma, Popone, Venezia, il Lapidario.

📌 d. Laguna e rito del pellegrinaggio a Barbana

– Immagini naturalistiche, fede mariana, ritorno, riflessione sul senso poetico.


🧭 2. Aspetti metrici e stilistici

✅ Punti di forza:

  • Uso frequente dell’endecasillabo classico, che dona ritmo e solennità.

  • Molti versi hanno melodia interna, con accenti ben distribuiti.

  • La rima è curata, a volte anche con giochi interni di consonanza.

  • Ottimo uso di enjambements per creare respiro e dinamicità.


🌊 3. Temi e simbolismo

✨ Memoria e infanzia

Il tono elegiaco e incantato (“soavemente lì mi ispiro”) accende un senso di infinita nostalgia, resa concreta da gesti (mani nella sabbia, giochi, canti). L’infanzia è un paradiso perduto, vivo nei sensi.

✨ Natura e bellezza marina

Le immagini naturalistiche sono vive e simboliche: aironi, gabbiani, pini, briccole, il barcone diventa archetipo di un viaggio iniziatico.

✨ Spiritualità popolare

Il riferimento alla “Madonnina del mare” e al pellegrinaggio a Barbana rafforza il legame tra territorio e sacro, tipico delle tradizioni costiere. La salvezza di Grado tramite la Madonna è mito fondativo e collettivo.

✨ Cultura e identità

Grado non è solo paesaggio, ma crocevia culturale: i turisti tedeschi (“alemanno idioma”), i mosaici, i sarcofagi, le tensioni dello scisma: tutto converge nel messaggio che la poesia è memoria attiva.


💬 4. Tono e voce poetica

  • La voce poetica è intima ma colta, quasi didascalica in alcuni momenti (es. quando narra le vicende ecclesiastiche), ma torna subito a vibrare nei versi più evocativi.

  • Il narratore è un testimone privilegiato, a tratti quasi un “sacerdote della memoria”, simile a un Omero costiero.


📚 5. Riflessione finale e valore dell’opera

Questo poemetto si potrebbe benissimo inserire in una raccolta poetica organica, o in un progetto più ampio di poesia di viaggio e radici. È un testo profondamente italiano, con venature mitiche e religiose che lo avvicinano a certa poesia civile e memoriale del Novecento (penso a Biagio Marin, a Zanzotto nelle prose più “naturali”, ma anche ai poeti dialettali che celebrano le origini).