V di Quaresima Gv 12,20-33

 p. Ermes Ronchi

Vogliamo vedere Gesù.

Grande domanda dei cercatori di sempre, domanda che è mia. Ed è per questa stessa domanda che anche noi siamo qui, stamattina.

Risposta sorprendente. Invece di dire: venite e vedete, come altre volte ha fatto, Gesù risponde per immagini, che chiedono occhi profondi.

La prima: se volete vedere me, guardate il chicco di grano.

E la seconda: “se volete vedere/capire davvero guardate la croce”, quando sarò innalzato attirerò tutti a me…

Il chicco di grano e la croce, due immagini per sintesi umile e vitale di Gesù.

Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.

Una frase difficile, e perfino pericolosa se capita male. perché può legittimare una visione doloristica e infelice della religione. Ma leggiamola con attenzione. Dove cade l’accento del discorso? Qual è il verbo principale della frase?

Noi siamo colpiti subito, suscita emozione immediata, l’espressione: se non muore, se muore. Il velo della morte pare oscurare tutto il resto, ma è la distorsione di una lettura solo emotiva.

E invece No. Il verbo principale verso cui tutto converge è: produce, porta molto frutto. “Se il chicco non muore” è una frase subordinata, con le condizioni perché lo scopo principale si realizzi, il chicco possa produrre molto frutto. L’accento non è sulla morte, ma sulla vita.

Gloria di Dio non è il morire del chicco, ma il molto frutto.

Al centro del brano è posta una promessa di fecondità.

 

Osserviamo un granello di frumento, un qualsiasi seme: sembra un guscio secco, spento e inerte, in realtà è una piccola bomba di vita. Caduto in terra, il seme non marcisce e non muore, altrimenti non succede niente, sono metafore temporanee, allusive.

Se guardi dentro il chicco, il cuore è costituito dal germe, il nucleo intimo e vivo da cui germoglia la spiga. Tutto ciò che è attorno al germe serve come suo nutrimento.

Nella terra non sopraggiunge la morte del seme, ma un lavorio infaticabile e meraviglioso, che è una donazione continua, ininterrotta: la terra dona i suoi elementi minerali preziosi, il chicco dona al germe il suo nutrimento, come una madre offre al bimbo il suo seno. E quando il chicco ha dato tutto, il germe si lancia verso il basso con le radici e poi verso l’alto con la punta fragile e potentissima delle sue foglioline.

Allora sì che il chicco muore, ma nel senso che la vita non gli è tolta, ma trasformata in una forma di vita più evoluta e potente.

Non sono due cose diverse il chicco e il germe. Sono la stessa cosa.

Tutto insieme, chicco e germe, si trasformano in più vita, in molto frutto, per un processo di donazione!

Quello che il bruco chiama fine del mondo tutti gli altri chiamano farfalla.

Il bruco muore alla vita di prima, ma vive in una forma più alta; è sempre lui, ma non striscia più, vola.

 

Continua Gesù con ancora parole difficili:

chi ama la propria vita la perde

e chi odia la propria vita in questo mondo,

la conserverà per la vita eterna.

Nella mentalità ebraica parlare di odio/amore ha il significato di preferire o meno. E si traduce così:

Chi ama la vita, cioè chi pensa solo a se stesso, chi preferisce l’interesse personale a tutto il resto…, essere così attaccati al proprio interesse è distruggersi, viene il momento in cui Narciso si toglie da sé la vita, niente più lo soddisfa.

Chi odia la proprio vita, la conserverà. Significa: chi guarda al di fuori di sé, chi dice “prima vieni tu e dopo io”, come fa ogni innamorato: preferisco che viva tu. Come fa il chicco con il germe. Chi si spende per un sogno di bene comune,

La conserva, Per la vita eterna. E qui vediamo che la vita eterna è già iniziata, già data, da conservare, non un premio al futuro, ma una possibilità presente.

Chi vive così, come fa il chicco di frumento, ha in sé una qualità della vita capace di non morire, di superare la morte, di moltiplicare la vita attorno a sé, fa cose che meritano di non morire, ha in sé una vita indistruttibile, la vita risorta.

Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo donato agli altri.

Sulle colonne dell’avere alla fine troveremo solo ciò che abbiamo perduto per amore di qualcuno.

 

La seconda immagine dell’auto-presentazione di Gesù è la croce: quando sarò innalzato attirerò tutti a me.

Germoglio di vita che si innalza sul campo della morte. Io sono cristiano per attrazione, lo siamo tutti. Il cristianesimo ha al suo centro non quello che io faccio per Dio, ma quello che Dio fa per me.

Io non sono cristiano perché amo Dio,

ma perché credo che Dio mi ama!

C’è una bella notizia da passarci, tanti uomini e tante donne del nostro tempo hanno il desiderio di vedere Gesù, non sempre frequentano chiese e parrocchie, eppure sono affascinati da qualcosa che Gesù sa dare e nessun altro è in grado di dare. E noi dovremmo gioire di una buona notizia: Attirerò tutti a me: dalla croce erompe una forza di attrazione universale, una forza di gravità celeste.

Con che cosa mi attira il Crocifisso? con i miracoli? Non c’è nessun miracolo sul calvario…con il dolore di un corpo piagato?

Ho ricevuto via wattshapp una bellissima vignetta: una persona sul calvario chiede al crocifisso: “ma se Dio è onnipotente, controlla tutto e comanda tutti, tu che ci fai lì?”

E il crocifisso risponde: “hai sbagliato Dio, il mio ama da morire..”.

Ecco con che cosa mi attira: con la bellezza dell’amore, la grande bellezza.

La regola, la norma di ogni bellezza è l’amore.

La verità e la bellezza apparse in quel Crocifisso

rivelano che bello è chi ama

bellissimo è chi, uomo o Dio, ama fino all’estremo!

Sulla croce l’arte divina di amare si offre alla contemplazione cosmica.

“A un Dio umile non ci si abitua mai” (papa Francesco), a questo Dio capovolto che scompiglia le nostre immagini ancestrali, tutti i punti di riferimento con un chicco e una croce, l’umile seme e l’estremo abbassamento, non ci si abitua mai:

Dio ama racchiudere

il grande nel piccolo:

l’universo nell’atomo

l’albero nel seme

l’uomo nell’embrione

la farfalla nel bruco

l’eternità nell’attimo

l’amore in un cuore

sé stesso in noi.

 

Alla comunione

 

Quando in questi giorni di primavera

Fissi il cielo nero

e senti come tutto viaggia eternamente

Quando compi un dovere che non nuoce

Anzi aiuta e dà gioia

Quando accarezzi

Una persona addormentata

Quando coltivi un orto

e sogni di regalare i suoi frutti

Ecco in quella piccolezza

Che ci costa fatica consiste il sogno di Dio

E il suo invito a sognarla con lui.

Non offendere la vita piccola.

Coltiva la speranza

Di una umanità più umana

(Luigi Verdi)