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IV quaresima Mendicanti di luce, Giovanni 9,1-41     (di p. Ermes Ronchi)

 

Saluto: Gesù oggi illumina gli occhi spenti del cieco, come lui siamo tutti mendicanti di luce. Figli della luce, dice Paolo. Figli: infatti nascere si dice anche venire alla luce, o dare alla luce.

La nostra vita è come un albeggiare continuo, nasciamo a metà e tutta la vita ci serve per nascere del tutto. Per questo siamo qui. Per avere occhi nuovi sulle cose.

 

Grazie e perdono: Grazie Signore per la luce del sole che sorge dal grembo della notte; grazie per la luce che splende nello sguardo di coloro che ci vogliono bene; grazie per il dono di poter godere ancora la carezza della madre luce; grazie per quel poco o tanto che abbiamo capito di noi e della vita.

E poi ti chiediamo liberazione da ciò che ci oscura, forza di rinascita per ciò che in noi stenta a vivere, e sguardo ad altezza di cuore.

Discenda Cristo in noi, come luce tra le ombre, come acqua feconda su terra arida, abbia misericordia di noi che cadiamo facilmente, venga come guarigione di ciò che fa soffrire, come creazione di occhi nuovi, ripulisca il cuore dalle ombre che lo rendono triste, ci faccia vedere la goccia di luce nascosta nel cuore vivo di tutte le cose. Ci illumini, ci perdoni, ci conduca alla pienezza della vita. Amen.

 

Omelia

Il vangelo di oggi con l’immagine del cieco racconta la vicenda umana come un progressivo un venire alla luce.

Mai avuta la sensazione di essere nella notte? Quella notte brutta che è sofferenza, perdutezza dentro cose che non capiamo? Forse perché avevamo vissuto un lutto, un fallimento, un abbandono, un errore?

Gesù vide un uomo cieco dalla nascita…

Gesù esce dal tempio e vede chi nel tempio non può entrare. Vede lo scarto della città, l’ultimo della fila, un mendicante cieco. L’invisibile. E se gli altri tirano dritto, Gesù no, si ferma. Senza essere chiamato, senza essere pregato.

Gesù non passa oltre, per lui ogni incontro è una meta. Sei seduto e ti incontra, sei a terra e si ferma, ti incontra così come sei. Perché Dio non guarda le apparenze, Dio vede il cuore (prima lettura).

I discepoli amici, i farisei nemici, tutti davanti al male si perdono a cercare le colpe (chi ha peccato, lui o i suoi genitori?), tutti insieme a sbagliarsi su Dio pensando: “in questa malattia c’è la mano di Dio, la sua volontà”.

Gesù non ci sta, fugge da quella logica, via immediatamente da un Dio esperto in castighi: né lui né i suoi genitori hanno peccato. Il male non viene da Dio. In un Dio che manda il cancro, io non credo.

Quell’uomo però è nato e cresciuto nel senso di colpa… Gli facevano capire: tu sei un maledetto da Dio, sei cieco a causa di un peccato. E spesso sono gli uomini di chiesa che pensano di suscitare senso di colpa, come fosse una cosa positiva, e sono ciechi padri di ciechi (il senso di colpa è davvero un’arma di distruzione di massa…)

Di chi è la colpa, perché il male? Una domanda alla quale la bibbia non dà risposte. Gesù stesso non da risposte, lui risuscita, ricrea, restituisce umanità. Non vede in quell’uomo cieco un punto di arrivo, ma un punto di partenza, di nascita.

E senza che il cieco gli chieda niente, fa del fango con la saliva, stende un petalo di fango su quelle palpebre che coprono il nulla. La saliva si pensava che contenesse il respiro, lo spirito, la Ruah che crea Adamo.

Ecco il mio Gesù: è Dio che si sporca le mani con l’uomo, ed è al tempo stesso un uomo che viene contaminato di cielo, contagiato di luce.

Ogni uomo, ogni donna, ogni bambino che viene al mondo, che “viene alla luce”, è un contagio di terra e di cielo, una lucerna di argilla che custodisce un soffio di luce.

Vai a lavarti alla piscina di Siloe… Il mendicante cieco si affida al suo bastone e alla parola di uno sconosciuto. Si affida quando il miracolo non c’è ancora, quando c’è solo buio intorno.

Andò alla piscina e tornò che ci vedeva. Non si appoggia più al suo bastone; non siederà più a terra a invocare pietà, ma ritto in piedi cammina con la faccia nel sole, finalmente libero. Finalmente uomo. “Figlio della luce e del giorno” (1 Ts 5,5), ridato alla luce, ri-partorito a una esistenza di coraggio, dignità e meraviglia.

Nuovo. Infatti la gente che conosceva quell’uomo, ora non lo riconosce più. È lui, dicono alcuni; no, non è lui, sostengono altri.

E accade davvero: uno incontra il Signore e cambia dentro: ha un’altra visione, uno sguardo nuovo sulla vita, e diventa perfino più bello e luminoso. Si sono aperte finestre di luce. Ha una libertà e una dignità nuove.

Per la seconda volta Gesù guarisce di sabato. E invece del canto di gioia entra nel vangelo un’infinita tristezza. Perfino i genitori sembrano vili.

Ai farisei non interessa la vita ritornata a splendere in quegli occhi ma la ‘sana’ dottrina. E avviano un processo per eresia. Per difendere la dottrina negano l’evidenza.

Ma che religione è questa che non guarda al bene dell’uomo ma solo a se stessa e alle sue regole?

Invece a Dio per prima cosa interessa un uomo liberato dai sensi di colpa, veggente, incamminato; un rapporto che produca libertà e che faccia fiorire l’umano!

I farisei vorrebbero che il cieco tornasse cieco, per avere ragione loro.

Ma il cieco è diventato libero, è diventato forte, tiene testa ai sapienti: io non so di teologia, io sto con la vita e coi fatti: io ci vedo!

Il dramma che si consuma nella sala del processo, e in tante nostre comunità, è questo: da un lato la dottrina, dall’altro la vita, separati, un muro tra loro.

Gesù ricuce lo strappo, unisce il Dio della vita e il Dio della dottrina, e lo fa mettendo al centro l’uomo. La gloria di Dio è un uomo con la luce negli occhi e nel cuore.

I farisei dicono Gesù, “non viene da Dio, perché non osserva il sabato”. Per loro venire o no da Dio, dipende dall’osservanza o meno della legge. Per Gesù venire o no da Dio, dipenderà dall’atteggiamento che si ha nei confronti dell’uomo. L’atteggiamento di Dio, che ti prende là dove sei, rotto come sei, e si fa mano viva che aggiusta, che tocca il cuore e lo apre, che tocca gli occhi e li illumina. Amore che fa ripartire la vita.

Gesù non è venuto a portare il perdono dei peccati, non occorrevano l’incarnazione e la croce per questo: anche un uomo sa perdonare, e Dio molto meglio. Gesù è venuto a portare non il perdono dei peccati, ma molto di più, a portare se stesso: io sono la luce del mondo. Sole che guarisce, sguardo che consola, forza che fa ripartire, scintilla di Dio in ciascuno.

I farisei dicono: Gloria di Dio è il precetto osservato, il peccato espiato!

E invece no,

gloria di Dio è un mendicante che si alza da terra,

un pover’uomo con occhi che si riempiono di luce.

E ogni cosa ne è illuminata.

Gloria di Dio è l’uomo finalmente promosso a uomo.

Lui dà lode a Dio più di tutti i comandamenti del cielo e della terra!

 

 

Preghiera

 

Signore Gesù, luce del mondo,

luce eterna, principio di ogni cosa

Tu sei l’intima luce di ognuno di noi,

 

luce amante, luce discreta,

luce necessaria, dimenticata, amabile.

Luce che sei carezza di gioia e di libertà,

che splendi negli occhi buoni,

donami occhi in sete di luce.

 

Tu, luce del mio notturno deserto interiore,

tu, bastone cui appoggio la mia fatica,

stella accesa sulla valle oscura,

 

Tu che illimpidisci il cuore, guariscimi,

brucia le ombre che mi invecchiano

consuma le mie paure

donami occhi profondi come i tuoi.

 

Metti luce nei miei pensieri,

luce nelle mie parole,

luce nel mio cuore.

Amen.

 

p. Ermes Ronchi