dal Messaggero Veneto del 23/02/03

Non si “tassano” i disabili per il servizio di trasporto


Leggo sul Messaggero Veneto del 19 febbraio che i Comuni dell’ambito socio-assistenziale di Tarcento stanno deliberando, come da decisioni assunte dai sindaci, di chiedere alle famiglie con disabili una compartecipazione alle spese per il servizio di trasporto nei centri riabilitativi e socio-riabilitativi e al pasto quotidiano. Con una cautela, subdola: «In via sperimentale». Tutto questo accade nell’anno internazionale del disabile. Che esperimenti ci siano da fare in materia appare del tutto grottesco.

Che sindaci sono mai questi? Da dove vengono? Dove vogliono arrivare? Vanno a Porzûs con la fascia tricolore a festeggiare una pace impossibile e poi tassano le famiglie dei disabili? Senza nemmeno tenere in debito conto che trasportare i disabili nei centri per le relative cure equivale al farmaco salvavita e quindi a totale carico del Servizio sanitario nazionale e della solidarietà nazionale, regionale, comunale.

Non vorrei, e me lo auguro, che la vergognosa iniziativa sia stata presa di comune accordo con le associazioni di tutela dei disabili, o con alcuni rappresentanti, in particolare Aias e Anffas, com’è accaduto in altra parte del territorio, che l’hanno accolta con favore, ovviamente a patto che ci sia una ricaduta a favore dei loro assistiti: quale, non è dato sapere. Di più. Due rappresentanti dell’Anffas di Udine hanno affermato in un convegno «che le famiglie non devono dare contributi per far usufruire ai parenti disabili le strutture a loro riservate», dunque contro la possibilità che gli enti locali «chiedano un intervento economico ai parenti dei portatori di handicap per le spese di gestione dei servizi».

Dunque, in questa vicenda, assai delicata, c’è qualche insufficiente chiarezza: c’è qualche rappresentante fuori posto e che risponde a domande non poste. Non è possibile, perché decadente, assistere ad affermazioni di componenti di una stessa associazione completamente opposte l’una all’altra. Bisogna fare chiarezza, prima di tutto per una questione di decenza, considerato il campo in cui si opera.
Si obietta che già alcuni Comuni “tassano” i disabili e pertanto chi ancora non applica il balzello lo deve sicuramente fare per una questione o esigenza di equità. Perché non capovolgere il concetto?

E decidere di abrogare la cattiva invenzione della compartecipazione, avendola giudicata iniqua, dopo ulteriori e più illuminate riflessioni?
Be’, un’equità che non debba nemmeno essere presa in considerazione, ma solamente essere bocciata. E le ragioni sono molteplici, e penso che non serva nemmeno elencarle.
Giorgio Deotto
Udine