Riflessione tratta da una lettera spedita al Messaggero Veneto di Udine dal sig. Nerino Canciani

Ogni tanto in Italia scopriamo l’acqua calda. E’ veramente un bel Paese il nostro!
Qualche giorno fa è stato ripreso ed esaltato, per l’ennesima volta, il tema delle bellezze naturali dell’Italia, pressoché uniche, e dei beni culturali, storici ed artistici presenti sul nostro territorio che, come noto, rappresentano il 70% dell’intero patrimonio mondiale.

A me pare che parlare e riparlare senza prendere coscienza concreta di una tale realtà sia un esercizio assolutamente sterile e, se vogliamo, anche un po’ banale.

Non credo di dire cose nuove quando sostengo quello che ormai da anni vado sostenendo, e chi mi conosce lo sa, ovvero che non ci rendiamo conto, o non vogliamo renderci conto (ma qualcuno in questo caso dovrebbe spiegare il perché!), che l’Italia dispone di una vera e propria “miniera” pressoché inesauribile, di un vero e proprio “tesoro” che, prescindendo dall’intrinseco ed importante aspetto culturale, può costituire risorsa molto importante per la nostra economia anche per le generazioni future (altro che petrolio! in termini economici essa vale molto ma molto di più delle risorse naturali destinate ad esaurirsi, non solo, trattasi di un bene non soggetto ad obsolescenza tecnologica, non soggetto alla moda, non soggetto alla concorrenza, non è surrogabile né imitabile, poco influenzato dall’andamento delle stagioni).

Infatti, ci sarà sempre nei secoli futuri un giapponese (si fa per dire) che vorrà venire nel nostro Paese a vedere quanto madre Natura, la storia, l’arte e la scienza ci hanno lasciato in eredità. Se ciò è vero, come è vero, è da incoscienti non prenderne concretamente atto e comportarsi di conseguenza.

Che fare quindi? Non sta a me dire nello specifico quanto sicuramente a livello di Ministero per i beni e le Attività Culturali, di Ministero per lo Sviluppo Economico (per il turismo) e, più in generale, a livello di Governo si conosce molto bene.

Non posso pensare che l’”industria” (ormai tutto viene indicato con questo termine) turistica e dei beni artistici e culturali non venga percepita da chi governa (o ha governato) come industria non inquinante (per la verità il turismo in parte lo è), capace di creare e dilatare le opportunità di lavoro (diretto ed indotto) in modo considerevole (diversamente.che dire?).

Se così è, come credo, si programmino a scadenza medio-lunga, robusti investimenti nelle infrastrutture (vie e mezzi di comunicazione e ricezione alberghiera), nella preparazione scolastica dei futuri operatori (cultura generale e specifica, linguistica, alberghiera) e nei luoghi e personale deputati al restauro e conservazione dei beni culturali ed artistici.

Ciò darebbe una risposta, a mio avviso, sempre prescindendo dall’intrinseco aspetto culturale, alle numerose vocazioni specifiche del nostro Paese (non ci sono solamente l’industria automobilistica, quella delle costruzioni, quella elettronica e via dicendo) e potrebbe costituire un valido volano (anche attuale) per la ripresa economica.

Ma qualcuno potrebbe osservare, dove reperire i mezzi finanziari necessari?
Un programma del genere, seriamente impostato e pubblicizzato (assolutamente credibile a livello internazionale) non credo avrebbe grosse difficoltà a reperire i fondi necessari sul mercato mondiale (anche, perché no, attraverso delle “joint venture”, delle “project financing” o altre forme di collaborazione).

Oltretutto esso rappresenterebbe un’assunzione di responsabilità nei confronti dell’intera umanità affinché un grande patrimonio di interesse universale venga seriamente conservato e reso fruibile a tutti. Quello che ci manca è la determinazione e, quindi, la credibilità spendibile.

A quando l’inizio di una seria programmazione economica, culturale e scientifica che tenga realmente conto del grande patrimonio naturalistico ed artistico-culturale che tutti ci invidiano?

A quando por termine alle chiacchiere ed alle banalità? Non ci sono teorie economiche che si fondino sul banale. Solo l’incoscienza e l’irresponsabilità verso il bene comune possono presiedere all’ignavia ed al non senso.

Quando smetteremo di fare gli “italianetti” e di pensare solamente al “particulare”?
Ed i sindacati, ormai tuttologi, dove sono?

Nerino Canciani