dal saggio :
Creati per creare
di Pier Angelo Piai
ed. Segno

Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia.(Lc.2,12)

Un appello a tutti i cristiani di buon senso: forse stiamo esagerando. Il Natale sta realmente perdendo il suo senso profondo, quello più genuino. Stiamo facendo esattamente l’opposto di quello che dovremmo fare. Le città si organizzano sempre di più in anticipo con i loro addobbi e le loro proposte commerciali, le vie si illuminano con uno sperpero energetico incredibile, i commercianti sacrificano anche le domeniche per tenere aperti i negozi e rivitalizzare il consumismo.Organizzare i cenoni e le lotterie, le gite all’estero,le rappresentazioni teatrali e concerti: segno di efficientismo, nulla da dire.

Ma qual è il senso di tutto questo tramestio? Perché tanto rumore per festeggiare un grande avvenimento fiorito nel buio di una notte silenziosa in una povera capanna della Giudea di duemila anni fa?
Cristiani convinti e sobri, fermiamoci almeno alle soglie del duemila: non lasciamoci coinvolgere dal falso luccichio di un mondo così perverso e superficiale! Disertiamo le vetrine sovrabbondanti di stomachevoli rigurgiti del consumismo: non serve scambiarci ipocriti doni che costringono altri a fare altrettanto. I commercianti si inventino pure le loro feste per vendere i loro prodotti, ma non le associno, per l’amor di Dio, alla nascita del Dio fatto uomo! Siano più onesti con se stessi e inventino i loro” Babbo Denaro” e le loro Befane!

Se noi disertiamo i loro negozi saranno costretti a riflettere su un grande mistero: Dio che si incarna nella più assoluta povertà! E quei soldi risparmiati potranno servire per sfamare altri poveri Cristi che vivono la tragedia della nostra cecità occidentale. Se la nostra “mensa “ritornasse sobria, anche il nostro spirito potrebbe beneficiarne e il nostro presepio interiore si rigenerebbe. Da questa essenzialità scaturirebbe davvero il mistero dell’amore che il Natale vuole comunicarci! E tutti noi sappiamo che tutto ciò è vero, ma ahimè, non abbiamo ancora il coraggio di mettere in pratica ciò che la coscienza ci suggerisce. Siamo realmente diventati così duri e refrattari?
Padre Albino mi suggerisce: “Il corpo degli uomini è il corpo di Dio”(Diario p.168). Perché sottovalutiamo tanto una simile realtà?

Ognuno di noi sintetizza l’intero Universo ed è il punto d’incontro delle infinite sollecitazioni ed irradiazioni che si espandono nel Cosmo. La nostra coscienza percepisce ed organizza queste sollecitazioni, le quali, pur esistendo in sè, non potrebbero esistere per me senza di me. Quando osservo l’ultima stella con il telescopio più potente, la mia coscienza aggiunge un dato in più alla sua memoria e per essa l’astro comincia ad esistere (anche se esisteva in sé già da miliardi di anni).

E’ come se la mia coscienza avesse un certo potere creatore: far esistere le cose che essa percepisce e memorizza. E così di ogni elemento cosmico che percepisco, sia che appartenga al microcosmo che al macrocosmo. Ogni cosa che ignoro è come se non esistesse. Esiste in sé ed interagisce con gli altri elementi, contribuendo indirettamente anche alla formazione della mia coscienza. Ma la mia coscienza lo ignora. Per la mia coscienza è come se non esistesse.

Il mio potere creatore si manifesta dalla semplice recettività all’operatività. Anche le relazioni che intraprendo sono atti creatori: il mio “io” prepara le condizioni per nuove attività creative. Agendo sul “dato” creo e ricreo la mia coscienza.
Noi sappiamo che Dio è Colui dal quale tutto proviene: il “dato” e il mio centro di coscienza che organizza ogni dato. Quando riconosco ciò faccio “esistere” nella mia coscienza Colui che l’ha creata. Quando opero per Lui lo faccio “nascere” nel mio “io” più interiore. E’ questa la grotta del presepio. E’ nel mio io la maternità di Maria, vera madre spirituale, rigeneratrice della mia coscienza, nuova Eva.

Nell’umile preghiera riconosco il mio Creatore come “Centro dei centri” e lo faccio vivere ed Egli mi fa vivere due volte : la prima quando mi ha posto in essere, la seconda quando mi assimila a sé. La sua gratitudine è immensa quando il mio “sì” è sincero e convinto. Il mio” fiat” ha permesso alla mia coscienza illuminata la sua vita in me. Forse è qui adombrato il mistero dell’umiltà di Dio fatto uomo in quel bambino deposto nella mangiatoia. La mia disponibilità fa nascere in me il Figlio di Dio, che ha la stessa natura di Dio.

Questo Dio si manifesta come “bisognoso” del nostro amore. E’ un povero bambino in balìa degli eventi cosmici, storici e personali. Sua madre lo nutre, lo riscalda e lo protegge. Si è assunto la stessa fragilità di ogni uomo che nasce. Ogni coscienza pura dovrebbe rimanere sbalordita ed attonita di fronte a un simile mistero. Lasciamo perdere il nostalgico incanto ereditato dall’infanzia ed entriamo in timore e tremore negli anfratti del mistero più sbalorditivo della Creazione.
Premessa: Dio è Onnipotenza. Il numero delle entità da Lui create supera ogni nostra immaginazione. Il numero di quelle che potrebbe ancora creare non ha limiti.

L’uomo ha un ruolo determinante in tutta la Creazione: l’Incarnazione ne è la conferma. In un certo senso dobbiamo ritenere una immensa fortuna l’essere nati “uomini”. Ma poche volte lo pensiamo: il nostro sguardo sconsolato abbraccia spesso l’enorme numero di sofferenze e fragilità che accompagnano la nostra evoluzione. Dov’è la nostra fortuna tra tante miserie? (apro la Bibbia casualmente il 15/07/98)
Lo stesso Giobbe esclama: “perché dare la luce a un infelice e la vita a chi ha l’amarezza nel cuore, a quelli che aspettano la morte e non viene, che la cercano più di un tesoro, che godono alla vista di un tumulo, gioiscono se possono trovare una tomba…(Gb.3,20)

Paradossalmente ogni uomo è la manifestazione visibile dell’amore di Dio. Kierkegaard l’aveva intuito molto bene: Dio è amore, e l’amore è in rapporto inverso alla grandezza e alla eccellenza del suo oggetto… Se dunque io non sono, infinitamente, infinitamente niente, se nella mia angoscia mi sento più miserabile del più miserabile: sì, allora è certo, eternamente certo, che Dio mi ama.(La diff.di essere cristiani, p.322) Anche le beatitudini sono rivolte ai più miserabili (dal punto di vista terreno). Affamati, assetati, perseguitati diventano beati! No, non è una presa in giro…il Signore fa le cose molto seriamente, talmente seriamente che diventa uno di noi. Coraggio, ci dice…sono uno di voi perché vi amo immensamente: siete la mia passione predominante. Come mi compiaccio in mio Figlio, così mi compiaccio in ognuno di voi, se credete a Colui che vi ho mandato e al quale ho dato ogni forma di potere.

Voi siete dèi!
La fatica di vivere da uomini fragili, ciechi, non del tutto coscienti…attira l’amore del Creatore. Ed ogni volta che l’uomo, nonostante la sua incredibile fragilità, compie atti di fiducia nel suo Signore, attira la sua ammirazione.
Qualche considerazione: molti uomini, quando cominciano ad essere più profondamente auto-consapevoli, provano una solitudine spaventosa. Ci si trova ad agire in un corpo incredibilmente complesso e molteplice insieme ad altri corpi simili, su un mondo che vaga negli infiniti spazi. Questo corpo è soggetto a malattie, sofferenze e morte; il mondo ci propone spesso terribili catastrofi e calamità.

Una estrema vulnerabilità che fa venire le vertigini a chi ne prende eccessiva coscienza e che spesso mette in secondo piano l’aspetto meraviglioso legato all’armonia del creato. Ma la solitudine esistenziale è la più amara: abbiamo le meraviglie del creato, la parola rivelata tramite alcuni testimoni del passato…poi buio. Bisogna vivere di fede..”Ora voi dovete vivere di fede: dovete credere che io sono là sotto le umili specie, credere senza prove. Voi dovete credere senza prove che i vostri sacrifici, le vostre preghiere, tutte le vostre sofferenze io le impiego per salvare le anime”(Colloquio interiore, p.307) “La più grande prova d’amore che potete darmi è di credere in me” (id.p.305)

Il salmo dice che La gloria di Dio è l’uomo vivente.
E’ necessario credere a questo, perché la presa di coscienza di un tale mistero è il propellente della nostra evoluzione. In effetti se guardo alla mia miseria mi chiedo: “ma quale gloria? Io sono una misera creatura mortale, effimera, fragile, paurosa, ignorante e peccatrice! In che cosa consiste la gloria ?

Ma se prendo consapevolezza della grandezza del Dio vivente, allora percepisco lontanamente perché ogni uomo vivente è sua gloria. Egli è talmente grande e umile che vede in noi anche il più piccolo progresso evolutivo, anche il più impercettibile a noi stessi. Il progresso ai suoi occhi consiste nella corrispondenza alla sua grazia, in ogni libero gesto d’altruismo verso di Lui ed il prossimo. Sì, perché è proprio allora che riflettiamo di più la sua immagine e somiglianza.

Pier Angelo Piai