I contadini con i loro possenti trattori arano i campi e, dietro gli aratri, la terra girata, presenta le lisce zolle grigie scintillanti ai raggi del sole. Puntuali, anche quest’anno, sono arrivati dal mare i gabbiani.

Alcuni di essi seguono i trattori volteggiando nell’aria con le grandi ali bianche, pronti a carpire le prede, altri, forse stanchi, stanno sopra il terreno arato movendosi appena con i piedi palmati. I gabbiani hanno imparato ad arrivare nell’ampia conca pianeggiante di Moimacco, dove appare un meraviglioso paesaggio con le montagne dei Musi e le cime dei monti innevate.

I gabbiani rimangono durante il periodo dell’aratura, nutrendosi con i vermi di terra dei campi, chimati lombrichi e si spostano sopra i terreni appena arati. Osservando i gabbiani, si può pensare, come ai tanti esseri umani, ai tanti italiani che sono emigrati o si sono spostati sospinti dal bisogno o dalla speranza di una vita migliore in terre lontane.

E’pensando ai molti nostri emigranti di un tempo oramai lontano e di un altro più recente, che provo un sentimento di profonda e accorata tristezza e una gran riconoscenza. Oggi il Paese ha bisogno, invece, di .immigrati. Vedo, da una parte i sottili giochi di potere dei “forti”, di individui senza scrupoli e dall’altra la tormentosa vita ricolma di rischi, di sofferenza e di fatiche di queste genti. Gabbiani che migrate, non trovando pesce per nutrirvi, insegnate agli uomini che sono assai “intelligenti”, la vostra sofferenza? Uomini che migrate perché illusi da altri uomini, astuti e “birboni” bramosi di denaro non lasciatevi sospingere verso la: “Terra promessa”. Sappiate che essa non esiste, in questo mondo.

L’immigrazione, attuale, è un grosso problema che va affrontato con serietà e non con “birboneria” e deve coinvolgere, in modo sinergico, tutti i paesi dell’Ue. Tutti siamo chiamati a capire bene le cose, attuando con onestà l’insegnamento evangelico di giustizia e di solidarietà che troppo spesso dimentichiamo: “Date a Cesare quello che appartiene a Cesare e a Dio quello che appartiene a Dio”.

Eugenio Di Barbora

Pradamano, 01-novembre-2003.