19° capitolo

“Il Regno di Dio è vicino” (Mc.1,15)

Siamo noi i creatori del nostro mondo. Dio ha già preparato il suo mondo, si tratta di saperlo “vedere”. Egli ci ha indicato la via. Se siamo attaccati alla materia transeunte la nostra visuale è materiale, transeunte. Se siamo gretti ed egoisti il nostro mondo diventa gretto ed egoista, incapace di amare.

La musica, ad esempio, ci insegna molte cose. Essa ha il potere di creare suggestioni particolari che fanno in modo che guardiamo la stessa realtà in noi e fuori di noi in modo del tutto particolare. Ed è la stessa realtà che poco innanzi appariva al nostro sguardo monotona, indefinita, frammentata, opaca, ora assume un’altro sembiante, una luce diversa e differenti tonalità che riecheggiano magicamente il cromatismo delle note. La nostra coscienza ha un potere assai più forte della musica stessa. Ma deve essere pervasa dal senso della presenza reale di Dio.

E’ il suo Spirito che tocca i tasti del nostro spirito, ma riesce a creare un’armonia indefinibile che ha realmente il potere di trasformare il nostro modo di vedere la vita e le cose. In Lui diventiamo fondamentalmente ottimisti perché sappiamo che Egli ci ama, anche se fossimo realmente le più misere e abbiette tra le sue creature.

In Lui il mondo ci diventa amico, le persone sono per noi “fratelli” e “sorelle”, ci sentiamo parte integrante di un’Unità cosmica, elemento armonico di un’unica melodia universale. In Lui abbiamo realmente il potere di trasformare il mondo interiore, e quindi anche quello esteriore.
La benevolenza è un dono, ma anche una conquista. L’egoismo ci porta al pregiudizio nei confronti degli altri.

Difficilmente riusciamo ad apprezzare la persona, chiunque essa sia, se il nostro cuore non è immerso nella benevolenza divina. Essa ci fa intuire le potenzialità che sono celate dietro ogni essere umano e per quanto il suo comportamento possa sembrare estremamente antagonista al nostro ideale, la benevolenza che c’è in noi ci suggerisce che la grazia divina ha il potere di trasformare ogni cuore più duro.

La benevolenza è generata dal vero amore per Dio e, conseguentemente fa amare ogni forma di vita.. Amore che implica rispetto, ammirazione , pazienza. Quella stessa pazienza che non fa violenza sugli altri, ma attende che il piano di Dio si compia su tutti coloro che incontriamo nel nostro cammino. La benevolenza , oltre ad essere un dono, è anche una conquista. Dobbiamo saper accettare il dono e quindi dobbiamo creare nel nostro spirito l’ambiente adatto. Cristo stesso ci indica il mezzo: la preghiera continua.

E’ proprio essa che spiana la strada. Se non desideriamo l’unione con Dio nella pura preghiera (intesa come pura elevazione dell’anima al Creatore) e veniamo distolti da mille altre cose legate all’orgoglio, alla cupidigia ed alla sensualità, difficilmente avremo uno sguardo di benevolenza. La preghiera, intesa come vera unione con Colui che ci ha creato per amore e vuole che in Cristo ci divinizziamo nell’amore, genera l’ambiente adatto per purificare il nostro sguardo e per far scaturire in noi il senso della riconoscenza e della lode. In questo caso la preghiera ha un’efficacia infinitamente superiore alla più bella musica: essa è l’atmosfera che ci riconcilia con il Creatore e le creature. In essa la nostra vita diventa una continua lode vivente che effonde dalla gioia di esistere. La stessa preghiera alla fine si fonde con la fede più genuina perché tutto diventa dono di Dio.

E nulla potrà effettivamente turbarci se saremo convinti che il Signore condurrà tutto verso un bene infinitamente superiore a quello che immaginiamo. Per ora non riusciamo ad intravederlo, ma dobbiamo credere che il bene che ci aspetta, se compiamo la sua volontà, è realmente molto più grande di ogni nostra aspettativa. Già in questa vita terrena possiamo gustare qualche anticipo, anche se frammisto alle numerose tribolazioni. Quando abbiamo lo sguardo fisso nel Padre che è nei cieli e poniamo tutte le nostre speranze in Lui, riflettendo e credendo nella sua infinita misericordia, una sorta di stupore gioioso invade il nostro animo.

Tutto il creato sembra quasi rappacificato in una sorta di armonia universale. Questo è un pallido anticipo della visione futura immersa nell’eternità, per questo Cristo dice:” il Regno di Dio è vicino”. E’ vicino perché non è giunto ancora nella sua pienezza. Prima ci sono le grandi prove della vita terrena che hanno il compito di vagliare la nostra fedeltà a Dio e di sensibilizzarci alle cose celesti.

Proviamo riferirci alla parabola del seme di senapa : “se nel seme è disegnato l’albero, nell’anima nostra è disegnato Dio; se un uovo contiene un pulcino, lo spirito dell’uomo contiene lo Spirito che è verità e vita.”… Il regno di Dio in noi è la coscienza della propria eternità; chi ne è consapevole germoglia e cresce spontaneamente come il grano verso la mietitura. Chi matura nel regno di Dio distrugge il tempo e lo spazio e vede se stesso eterno. Seduto sulla riva del divenire vede la corrente trascinare mille e mille cose, non si getta nell’onda per salvare il ciarpame che essa trascina. Ha compreso che una cosa è il fiume del tempo e una cosa è l’uomo; l’onda che implacabile passa non potrà nuocergli. Non pensa alla brevità della vita, avendo la certezza di vivere sempre; non l’angoscia della morte, ma l’ansia di vivere la verità.
Giovanni Vannucci, Verso la luce, p.132, ed.Cens)

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La vera ricchezza