dal Messaggero Veneto dell’8/07/2002

Da qualche tempo, anche questo quotidiano pubblica, mensilmente, il messaggio della Madonna di Medjugorje ai veggenti e a tutta l’umanità. Mi consta che siano moltitudini i pellegrini, compresi vescovi e sacerdoti, che si recano al santuario, magari a titolo privato, convinti che ciò che vi accade da oltre vent’anni abbia il crisma dell’autenticità.

So che per certo tempo la perplessità sui messaggi, sui segreti e sui veggenti, per non dire sui frati francescani che sono preposti al santuario, era condivisa dalla Chiesa ufficiale, ma anche da teologi come René Laurentin (il più noto mariologo vivente) e da scienziati e studiosi della psiche umana, uno tra tanti il professor Marco Margnelli, apprezzato ed equilibrato consulente della trasmissione “Miracoli” di Pietro Vigorelli.

L’amico Margnelli, che è stato più volte a studiare il fenomeno estasi dei veggenti, mi ha assicurato che si tratta di giovani normali, che vivono l’esperienza estatica in modo normale e per nulla patologico, seppure in “modificate forme di coscienza”.

Quanto ai contenuti dei messaggi, Laurentin ha dissolto le sue perplessità, convinto si tratti di autentici interventi della Madonna, pur mantenendo qualche riserva sull’interpretazione da attribuire ai messaggi sui Novissimi: morte, giudizio, inferno e paradiso.
Che cioè l’inferno sia stracolmo di dannati e che quotidianamente vi confluisca una massa enorme di essere umani, senza possibilità di salvezza per l’eternità.
Se ciò fosse vero, le dottrine teologiche attuali, quelle che in gran parte, per intenderci, fanno riferimento al teologo e cardinale Hans Urs von Balthasar, secondo cui l’inferno esiste, ma sarebbe vuoto, quindi sarebbero smentite. Per non riferire le dottrine di Origene, che stanno riemergendo, le quali ipotizzano una “apocatastasi” finale: una sorta di amnistia generale alla fine dei tempi.

Ciò detto, i messaggi della Madonna di Medjugorje, che proseguono da oltre vent’anni, hanno qualche utilità e attendibilità? A leggerli attentamente e senza preconcetti, si tratta di una sorta di catechesi popolare per rinforzare volontà e coscienze al fine di non trovarsi impreparati dinanzi a possibili prove personali o mondiali: guerre, carestie e simili. L’importanza della preghiera autentica, dell’amore coniugale, dell’onestà, dell’altruismo, della pratica cristiana sono consigli frequenti e ribattuti con forza e dolcezza.

Tale catechesi così prolungata nel tempo ha qualche altra motivazione? Ho la sensazione che essa voglia colmare i vuoti lasciati dai sacerdoti, i quali fanno poca istruzione nelle parrocchie, e sono oberati da troppi impegni, anche per la scarsità di clero. Un invito, perciò a riprendere, magari con l’aiuto dei laici, la catechesi nelle parrocchie e nelle famiglie? Ritengo proprio di sì.

Professor Giampaolo Thorel
Udine