DOMENICA
DELLE PALME  – 2016

 

Is 52,13-53,12 –  Eb 12,1-13 –  Gv 11,55- 12,11

 

Omelia

Sei giorni
prima di Pasqua
Gesù va a cena dagli
amici, a Betania. E ci tornerà ogni sera da qui alla passione, a colmarsi
d’amicizia, a ricevere forza per avviarsi ai giorni dell’amore e del dolore.
Bisogno d’amici. Neanche Dio può stare solo. Mendicante d’amore.

L’amica e il
profumo:
tutto avviene in silenzio,
senza una parola. Parlano le mani, la tenerezza delle mani, e il profumo.

Che valeva una
cifra enorme, dieci volte il prezzo di Gesù, venduto per 30 denari. Perché
questo spreco?

Il Vangelo è pieno di spreco, di scialo, uno sciupio
di bellezza.  

C’è il seminatore che spreca la semente, fra rovi e
sassi e uccelli.

C’è lo spreco di quella festa per il ritorno del
figlio che se n’era andato.

Spreca il suo denaro il padrone che dà la paga intera
a chi ha lavorato un’ora soltanto.

C’è uno spreco d’amore quando Gesù chiede: “Amerai con tutto il cuore, con tutta
l’anima, con tutta la mente, con
tutte le forze”.

C’è uno spreco di perdono
nel cuore di Dio: settanta volte sette
perdonerai, cioè sempre.

Mentre l’uomo ragiona per
equivalenza, Dio ragiona per eccedenza. Ama per primo, ama in perdita, ama
senza contare. Non è il grande calcolatore del cosmo, non è il ragioniere
dell’anima, non ha un cuore di mercante. Infatti chi avrà dato anche solo un bicchiere d’acqua avrà in ricompensa l’eternità.

E l’eccesso
dell’incarnazione? Avete ucciso i miei
profeti e io mando mio Figlio. E sarebbe bastato un figlio, carne della
nostra carne, invece sarà carne crocifissa, flagellata,
inchiodata. Neppure il suo sangue ha tenuto per sé, fino all’ultima goccia sarà
bevuto dalla punta della lancia di un occupante straniero.

Ecco cosa significa evangelicamente, generosamente,
divinamente dare. T
utto ciò che fai
con tutto il cuore apre all’infinito e all’assoluto.

Nel corpo di Gesù già
germogliano le piaghe ma oggi germogliano carezze, di mani e di capelli.

Potremmo definirlo un gesto
sentimentale se non fosse ben più di questo: un gesto profetico, rivelatore.

Maria ha tra le sue mani i
piedi di Gesù, i piedi del viandante, del camminatore che ha percorso tutte le
strade di Palestina e conosce tutti i sentieri di ogni cuore.

Vorrebbe versare ai piedi di
Gesù se stessa, il cuore; versare la sua vita nella vita di quel Rabbi braccato;
essere uno-con-lui.

Abbraccia i suoi piedi per dire:

‘Dove andrai Tu, verrò anch’io;

dove ti fermerai, mi fermerò anch’io.

Non andartene via, mai;

stammi vicino, e io ti starò vicina.

E lo fa con un gesto dalla
carica veemente e luminosa. Che nessun fariseo potrà mai inventare, mai capire.
Una donna scioglieva i capelli solo nell’intimità. Maria amava molto Gesù, era
intima. E Gesù la lascia fare, accetta quel suo modo d’amare, non le impone un
altro modo. Così libero, così liberante, il nostro Signore. Che bella la sua
parola: lasciala fare!

L’amicizia mette sul piatto
300 denari, dieci volte il prezzo del tradimento: amico, qualcuno ti tradirà ma
io in cambio ti amerò dieci volte tanto. Qualcuno ti venderà, ma io ti
ricomprerò per dieci volte.

E il cuore di Gesù esultava,
e riceveva forza dall’amore di un’amica, forza per camminare verso il suo
destino estremo.

Quando si sa amato, l’uomo
diventa fortissimo. All’uomo una carezza, se è vera, fa nascere il respiro del
coraggio. A una donna la carezza, se è vera, fa nascere il fremito della
tenerezza.

 E la casa si riempì di profumo”. A cosa
serve nella storia un po’ di profumo? Cosa cambia nella storia del mondo un po’
di profumo? Niente secondo i nostri schemi.

Eppure perché il nardo? A Betania, per un attimo, per
un’ora, per una sera l’odore della morte è vinto. Profezia del nardo: ‘su Te il profumo della vita e non l’odore
della morte! Tu sei l’unto, il messia, il re, il sacerdote, lo sposo, il
risorto’.

E le carezze? A cosa serve una carezza, la puoi dire
inutile?

No. È necessaria. Necessaria alla qualità della vita.

È l’espressione di quell’antica lingua, maschile e
femminile, capace di unire il quotidiano con lo straordinario, l’alto con il
basso, il corpo e lo spirito. Di nobilitare tutto ciò che tocca.

Il profumo non è necessario,
come lo sono il pane o la casa.

Ma è fratello del respiro.
Non ti puoi sottrarre al profumo.

È il di più, come i 600 litri di vino buono a Cana;

è la tenerezza, la traccia
che rimane dell’amato, nella casa e nelle mani, quando l’amato non se n’è
andato, e lo ricorda, lo evoca, lo invoca.

Il profumo è una dichiarazione d’amore.

La cosa di cui più abbiamo
fame, noi e Dio. Entrambi mendicanti d’amore.

E il cuore di Gesù si riempiva di gioia perché l’amica
aveva colto il segreto profondo della sua vita: la domanda d’amore.

L’unzione di Betania sui
piedi di Gesù, anticipa di quattro giorni l’altra lavanda dei piedi, quella di
Gesù ai discepoli.

Gesù impara, da una donna
che ama, i gesti forti dell’amore.

Uomo e Dio si incontrano nei
gesti che l’amicizia inventa.

Quando ama, Dio fa gesti
umani.

Quando ama, l’uomo fa gesti
molto divini.

E nella seconda parte del
racconto entra in scena Giuda, portavoce della mentalità del mondo. Lui sa il
prezzo delle cose, ma non il loro valore.

E si dice scandalizzato: “Questo denaro si poteva dare ai poveri”.
Ed è vero, si poteva dare; ma Gesù non si lascia chiudere nelle strettoie di
questa alternativa: o lui o i poveri. Non si rinuncia ad un amore in nome di un
altro amore. I poveri li avrete sempre con voi, li avrete sempre come mia
carne: quello che farete a uno di questi piccoli lo farete a me. 

Dove è un povero è ancora
Betania, è la Sua carne da accudire, curare, profumare, abbracciare.

 Giuda –
dice Gesù – perché guardi il prezzo del nardo?

Guarda l’amore e non il denaro.

Impara il cuore di Maria, e
non il costo del profumo.

Guarda la mia amica, non il
mancato guadagno.

Impara quella libertà dal
denaro,

e non ingannare te stesso
dietro la maschera dei poveri.

A me questo racconto dice:
anche tu hai un vaso di nardo: è la tua esistenza. Ogni sua goccia preziosa,
ogni istante vissuto a pieno cuore, vale come i 300 denari.

Impara a bruciare in un solo
gesto di amore, a uomo o a Dio, a un familiare o a un povero, interi patrimoni
di calcoli e di tristezze.

E la casa, la casa delle tue
relazioni si riempirà di profumo.

Entriamo nella Settimana
Santa con il modello di Maria di Betania: poche parole, occhi che contemplano,
mani che toccano.

Lo dico con una poesia di
Bonhoeffer:

“Uomini vanno a Dio nel loro dolore.

Piangono per aiuto, chiedono felicità e pane,

salvezza dalla malattia, dalla colpa, dalla morte.

 Così fan
tutti, tutti, cristiani e pagani.

Invece, uomini vanno a Dio nel Suo dolore,

 lo
trovano povero, oltraggiato, senza tetto né pane,

consunto da debolezza e morte.

I cristiani stanno vicino a Dio nella SUA sofferenza”.

Andare a Lui in questa
settimana, per essere guariti, per lasciarci guardare da Lui, e portargli in
dono qualcosa. Noi non possiamo fare
grandi cose, ma soltanto piccole cose con grande amore (Madre Teresa). Donando
a Dio un po’ di tempo, la carezza della contemplazione, forse una lacrima, una
goccia di tenerezza, uno dei trecento denari di Betania per Lui e per i poveri.

Per Lui, un Dio piagato, ma confortato, mentre va a
morire, dal profumo e dalle carezze dell’amicizia.

 

PREGHIERA ALLA COMUNIONE

 

Signore, sono
come Maria di Betania

e sono anche
come Giuda.

So essere
calcolatore e meschino,

ma tu sai che
ho anche qualche slancio nel cuore;

qualche volta
mi pare di volare,

e l’aria intorno
è profumata,

qualche volta
è solo buio sul cuore.

Ma oggi,
mentre ti avvii alla Passione,

 nel riverbero cangiante degli ulivi,

 vorrei che tu fossi almeno un po’ consolato

da miei
piccoli gesti di amicizia,

come lo fosti
a Betania.

Cerco dentro di me un sentimento da dedicarti,

una carezza da
offrirti,

come goccia
di profumo del mio nardo.

Che io possa
tornare ad innamorarmi di te, come Maria di Betania.

Che
possiamo  tornare ad amarti nei
poveri.

E la casa si
riempirà di profumo.

Si riempirà
di te, profumo della vita.

Amen.

 

 

 

 

 p. Ermes Ronchi