Il Vangelo – A cura di Ermes Ronchi
10/03/2016
 
 
Quando Gesù apre le porte delle nostre prigioni
V Domenica Quaresima
Anno C

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. (…)

Se ne vanno tutti, cominciando dagli anziani. È calato il silenzio, Gesù rimane solo con la donna e si alza, con un gesto bellissimo! Si alza davanti alla adultera, come ci si alza davanti ad una persona attesa e importante. Si alza in piedi, con tutto il rispetto dovuto a una presenza regale, si alza per esserle più vicino, nella prossimità, occhi negli occhi, e le parla.

Nessuno le aveva parlato prima. Lei e la sua storia, lei e il suo intimo tormento non interessavano. E la chiama Donna con il nome che ha usato per sua Madre.
Non è più l’adultera, la trascinata, è la donna.
Gesù adesso si immerge nell’unicità di quella donna, nell’intimo di quell’anima. Ed è soltanto così che anche noi possiamo trovare l’equilibrio tra la regola e la compassione. Immergendoci nella concretezza di un volto e di una storia, non in un’idea o una norma. Imparando dall’intimità e dalla fragilità, maestre di umanità.

«Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?»
Dove sono quelli che sanno solo lapidare e seppellire di pietre? Non qui devono stare.
Il Signore non sopporta gli ipocriti, quelli delle maschere, del cuore doppio, i commedianti della fede; e poi accusatori e giudici. Vuole che scompaiano. Come sono scomparsi quel giorno, così devono scomparire dal cerchio dei suoi amici, dai cortili dei templi, dalle navate delle chiese, dalle stanze del potere.
Nessuno ti ha condannata? Neanch’io ti condanno. Gesù adesso scrive non più per terra ma nel cuore di quella donna, e la parola che scrive è: futuro.

E la donna di colpo appartiene al suo futuro, alle persone che amerà, ai sogni che farà. Il perdono di Dio è un atto creativo: apre sentieri, ti rimette sulla strada giusta, fa compiere un passo in avanti, spalanca futuro. Non è un colpo di spugna sugli errori del passato, ma è di più, un colpo d’ala verso il domani, un colpo di vento nelle vele della mia barca.

Va e d’ora in poi non peccare più: risuonano le sei parole che bastano a cambiare una vita! Gli altri uccidono, lui indica passi; gli altri coprono di pietre, lui insegna sentieri.
E d’ora in avanti… ciò che sta dietro non importa più. Il bene possibile domani conta più del male di ieri. Dio perdona come un creatore.

Tante persone vivono in un ergastolo interiore, schiacciate da sensi di colpa per errori passati. Gesù apre le porte delle nostre prigioni, smonta i patiboli su cui trasciniamo noi stessi e gli altri. Lui sa bene che solo uomini e donne liberati e perdonati possono seminare libertà e pace.

Dice a quella donna: Esci dal tuo passato. Tu non sei l’adultera di questa notte, ma la donna capace ancora di amare, di amare bene. E di conoscere più a fondo di tutti il cuore di Dio.

(Letture: Isaia 43,16-21; Salmo 125; Filippesi 3,8-14; Giovanni 8,1-11)
 
 
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