Quarta
di Avvento – Anno C 2015

Is. 4, 2-5 ; Eb 2, 5-15 ; Lc 19, 28-38

 

Benvenuti alla Messa della
Comunità, in questa domenica del racconto dell’ingresso di Gesù nella sua città.
Viene con mitezza e semplicità
, come chi non ha paura, come chi non vuole
fare paura. In cammino con lui si sono messi i giorni e le creature e i sogni.
Anche noi raccogliamo i nostri cuori distratti e li apriamo, li mettiamo in
cammino verso una vita più vera.

Vieni a consolarci. Noi siamo sempre più tristi e dunque vieni sempre,
Signore, Kyrie eleison.

Vieni, Figlio della
pace.
Noi ignoriamo cosa sia la
pace e dunque vieni sempre, Signore. Kyrie eleison.

Vieni a liberarci. Noi siamo sempre più schiavi e dunque vieni sempre,
Signore. Kyrie eleison

 

Omelia

         Gesù entra a Gerusalemme, simbolo di tutte le città
del mondo, cuore della terra. Ma anche un sogno di pace spezzato e conteso.

Il paesaggio della città è il
paesaggio dell’anima. Gerusalemme parla di me, la città dove Gesù entra sono io,
siamo noi la porta santa, la porta bella
attraverso la quale Dio adesso passa, viene nel mondo.

         È bello poter
dire, nella fede: Dio entra, nella mia casa, nella mia famiglia, nella mia
città, in me; in questa
città amata e temuta, da cui si fugge e a cui si
ritorna, nella città anonima e piena di volti, Dio viene.

         Viene in Milano, in questa Gerusalemme con molti idoli ma anche con
molti Profeti. Perché per Lui non esistono città inabitabili, non dice mai: io me ne sto fuori. Sulla soglia di ogni
casa ripete, come a Zaccheo: “Oggi devo
fermarmi a casa tua!”

          Il racconto del Vangelo non riferisce solo un
evento storico, è una parabola in azione. Di più: una trappola d’amore. Dio
corteggia la sua città, in molti modi, il corteggiamento di Dio.

Il Maestro non
possiede neanche la più povera delle cavalcature; un Dio mendicante, che ha
bisogno e domanda.

Ha
bisogno dell’asino, ma lo rimanderà
indietro subito. Lui non prende ciò che è tuo, non tiene per sé nulla. Non
espropria e non deruba.

Viene un
re mite, sulla cavalcatura più mite: non invade, non fa paura, non si impone.
Chiede solo di essere accolto.

         Lo stile di Gesù,
inconfondibile, che capovolge lo stile dei grandi della terra. Quelli che
arrivano con cortei di macchine blindate e uomini di scorta con gli occhiali
scuri e le mani sulle fondine delle armi.

        Ve lo immaginare un
potente di questo mondo che chiede per sé, come Gesù, insegne non di grandezza
ma di umiltà e mitezza?

         Con Gesù scompare
tutto ciò che odora di potere e di dominio. Anche queste luminarie natalizie
che oscurano il cielo.

E qualcuno l’ha capito:
penso a quel puledro che scende dal Monte degli Ulivi, e mi viene in mente Papa
Francesco lunedì scorso mentre entra nel quartiere mussulmano, a Bangui, senza
aver paura, senza fare paura, dopo tre anni di guerra civile, con le sue
vecchie scarpe nere, senza difesa, a macchina scoperta…Profumo di Gerusalemme,
profumo di vangelo.

          E io  mi sento fortunato perché all’orizzonte
della chiesa e del mondo, vedo profilarsi un uomo, vero e credibile, senza
voglia di conquiste, uomo risolto totalmente.

          Se
qualcuno vi dirà qualcosa rispondete: il Signore ne ha bisogno”.
E’ l’unica
volta in cui si ode questa parola: il Signore ha bisogno, ripetuta
esattamente così da tutti e tre i sinottici. Qualcosa deve avere colpito i
discepoli: L’Onnipotente che ha bisogno? Di che onnipotenza parliamo?

           È Un
Padre che ha bisogno dei suoi figli, Dio ha bisogno delle sue creature, di
ciascuno di noi. Di un puledro e di un profeta. Di te e di papa Francesco. Ha
bisogno di me, del poco che ho e che sono, delle mie ore passate a fare bene
ciò che devo fare. Ma anche della mia capacità di sognare in grande.

            E
se la mia vita ancora non ha prodotto niente di buono, o troppo poco, come chi
ha perso tempo, ebbene mi commuove un dettaglio: Gesù domanda un puledro,
che non ha portato nessuno
, che non ha mai lavorato e non ha prodotto
niente, che finora ha mangiato inutilmente.

            Quel giovane animale è il simbolo del bene possibile domani, del bene
giovane possibile a tutti: se anche la mia vita fosse stata fin qui inutile,
serve benissimo al Signore, Lui qualcosa farà di me, farà del mio nulla
qualcosa che serva a qualcuno. Devo solo lasciarmi adoperare, portare peso di
vangelo, e lui aprirà in me spazi al sogno e al volo

            L’ingresso
di Gesù è merito anche di alcuni personaggi minori del racconto, gente in
penombra, che appare un istante, dice una battuta sola in questa sacra
rappresentazione, e poi scompare per sempre.

            Sono
coloro che mettono a disposizione il puledro. Che intervengono: Perché lo slegate? e poi si fidano
e  lasciano fare.

           Il
Signore ha bisogno.
Di una cosa ha
bisogno: di slegare, di liberare, di sciogliere le nostre capacità bloccate,
paralizzate. Le paure che ci tengono legati.  

Scrive Etty Hillesum: è la paura di sprecarci ciò che sottrae
nelle persone le forze migliori. La paura ci ruba il meglio della vita. Ce
lo restituisce la fiducia.

I proprietari del puledro, persone
anonime di un villaggio anonimo, loro non hanno paura, rappresentano tutti gli
umili servitori del Regno, casa e lavoro, che fanno ciò che fa bene agli altri,
fiduciosi e generosi, fiduciosi e leggeri: Va
bene, prendete! Stanno dalla parte della gratuità, non monetizzano la vita,
stanno con chi osa e non chi sospetta. Simbolo di tutti coloro che instaurano
rapporti di fiducia  con gli altri.

La fede oggi è in crisi
perché è in crisi la fiducia, l’atto umano del credere, non ci fidiamo più, non
diamo fiducia all’altro, lo vediamo drammaticamente on tanti legami e storie
d’amore che si spezzano.

La crisi di fede sarà
superata quando torneremo tutti a creare, a tessere i fili della fiducia
quotidiana, reciproca, umana, orizzontale.

Poi, su quel terreno fertile
attecchisce la fede in Dio. Nella palude della diffidenza invece si perde anche
il germoglio del cielo.

E il Regno avanza sugli
asinelli di queste persone. Non nelle grandi adunate di folla, ma sulle spalle
di tanta bontà invisibile, di tanti volontari anonimi, di tanti come Rita
Fossaceca uccisa in Kenia, dove era per amore.

Io non sono così, però anche
se la mia vita non ha prodotto fin qui niente di buono, mi commuove, mi
conforta quel dettaglio: Gesù chiede un
puledro su cui nessuno è salito. Se anche la mia vita fosse così, come un puledro
fin qui inutile, il Signore sa bene come servirsene.

Infine l’ultimo versetto: “Benedetto
Colui che viene nel nome del Signore.” Colui che viene,
uno dei nomi più
belli di Dio, eternamente incamminato, viaggiatore dei millenni e dei cuori.
Che non sta lontano.

Scende su di noi la
benedizione intonata alle porte di Gerusalemme.

La benedizione mai
interrotta della visita mai interrotta di Dio.

Perché per Lui non esistono
cuori e città inabitabili; ad ogni donna e ad ogni uomo ripete:

Oggi devo fermarmi a casa tua!

Perché il mio cuore è a casa solo accanto al tuo”.

 

 

 

 

Preghiera alla Comunione
(Pietro di Celle).

 

E Tu a ripetere ancora,
o Signore,

“Io ho bisogno, ho
bisogno di te”

 ce lo fai capire sommessamente,
discretamente,

a volte attraverso la
voce di un amico: Ho bisogno di te.

Ti vedo venire sul puledro
dell’asina, non sui cherubini,

tu vieni nelle fasce del
neonato, non in vesti di porpora,

vieni nell’umiltà non nella
grandezza,

nella mangiatoia non sulle
nubi del cielo.

Tra le braccia di tua Madre

 non sul trono della tua immensa maestà.

perché Tu vieni verso di
noi, non contro di noi.

Tu vieni per salvare non per
giudicare,

per visitarci nella pace non
per condannarci.

Se vieni così, Signore Gesù,

invece di fuggirti, come
abbiamo fatto finora,

noi correremo verso di Te.
Amen

 

 

 

 

La parola chiave dell’Avvento è “venire”, Dio viene.
Tutta la creazione attende. E il Signore viene, entra nella nostra vita, come quel
giorno a Gerusalemme, con mitezza e semplicità, come chi non ha paura, come chi
non vuole fare paura. Anche noi ora raccogliamo i nostri giorni distratti e li
apriamo, come fossero una porta di Gerusalemme, al Dio che viene.

Dice Isaia: Il Signore è su ogni cosa, come
protezione.
Per tutte le volte
che ci siamo sentiti abbandonati, per la poca fede, Kyrie eleison

Dice il Vangelo: Il
Signore ha bisogno!
Per tutte le
volte che ho solo domandato e pretese, invece di dare, mettere a disposizione, Kyrie…

Il popolo gridava: Benedetto sei Tu. Per me che non so più benedire, che amo molto più
lamentarmi che lodare, Kyrie eleison

 

 

p.Ermes Ronchi