IL CRISTIANO E LA POLITICA: È GIUSTO VOTARE IL “MENO PEGGIO”?

Per un cristiano (ma anche per un laico) è immorale concedere il proprio voto a chi va contro i principi fondamentali del proprio credo, ai partiti o ai movimenti che hanno praticato ogni forma di corruzione e a coloro che hanno contribuito al massacro sociale causando povertà e miseria nei ceti sociali meno abbienti, compresi quelli che li appoggiano.

Per la propria coscienza, comunque, è davvero onesto il luogo comune: “Votiamo il meno peggio”?
Per molti anni siamo andati a votare con le idee confuse e tenendo bene in mente il concetto montanelliano “turiamoci il naso”. Questo ha permesso l’ascesa al potere di policanti spesso incapaci, disonesti e collusi, determinando le disastrose conseguenze socio-economiche che tutti conosciamo.
Anche se la Chiesa mantiene un vertice rigidamente gerarchico (avrà pur le sue valide ragioni), in linea di principio sceglie come guida persone di indiscussa autorevolezza etica, morale e culturale (naturalmente considerando che tutte le persone hanno le proprie fragilità) .

Perché non dovrebbe essere così anche per la politica che ha un ruolo sociale così importante?
Votando il “meno peggio” significa che ammettiamo che all’interno del partito o del movimento scelto ci sono anche persone di indubbia moralità. È eticamente accettabile?

Si dirà: allora chi mai potrà essere eletto?
Secondo me ci dovrebbe creare una Commissione di esperti ed onesti Costituzionalisti che valutano rigorosamente coloro che si propongono ad amministrare la cosa pubblica ed i loro programmi, con il compito di garantire affinché mantengano poi le promesse elettorali e governino con competenza ed equità.

Bisogna avere il coraggio di orientarsi verso coloro che amano davvero servire la collettività.
Altrimenti le cose continueranno come prima, o forse peggio di prima.