ANDREA BRUNO MAZZOCATO ARCIVESCOVO DI UDINE

“HO CREDUTO, PERCIO’ HO PARLATO” (2 Cor 4,13)
Nell’anno della fede un forte impegno per l’educazione cristiana
Lettera pastorale per l’anno 2012-2013

LA TENTAZIONE DI DARE PER SCONTATA LA FEDE

Care sorelle e fratelli, ho iniziato la Lettera pastorale con qualche riferimento alla mia esperienza di fede quasi per avviare tra noi un dialogo da esperienza ad esperienza; per condividere il desiderio di una continua ricerca di Dio e di Gesù che lo ha rivelato. La fede
si nutre di questo desiderio come ci insegna sant’Agostino: «Se dunque, cercandolo, si può trovare Dio, perché è scritto: Cercate sempre il suo volto? Sarà forse che, anche una volta che lo si è trovato, bisogna cercarlo ancora? [.. ]

Perché lo si cerca per trovarlo con maggior dolcezza, lo si trova per cercarlo con maggiore ardore».
Il desiderio di conoscere e incontrare Gesù cresce sempre nel cuore del credente, come vediamo nella vita dei santi. Intensificando ogni giorno questo desiderio,
essi sono stati testimoni di Dio e potevano dire a chi li incontrava: «Ho creduto, perciò ho parlato».
Questo è il tesoro nascosto per il quale val la pena di investire tutto. E non può essere meno di così perché, come ricorda il primo comandamento, Dio chiede tutta la mente, il cuore e l’anima.

Nel salmo 26 un credente apre il cuore ed esclama: «Di te ha detto il mio cuore: Cercate il suo volto il tuo volto, Signore, io cerco»?. Quanto è vivo anche in noi lo stesso desiderio dell’anima?
In questo contesto mi sembra doveroso anche mettere in guardia dalla subdola tentazione di «dare per scontata» la propria fede. Questa tentazione può insinuarsi specialmente in quanti di noi hanno, dentro la Chiesa, una responsabilità riconosciuta di educare alla fede (il Vescovo, in primis, i sacerdoti, i genitori e gli altri educatori cristiani).

Il ruolo e l’abitudine possono portare a dare per scontato di credere con la mente e col cuore in ciò che facciamo per gli altri (la predicazione, le celebrazioni liturgiche, le preghiere pubbliche, il catechismo) e annunciamo agli altri (Dio, Gesù, la Grazia, il perdono dei peccati, la vita eterna…).
Chi cade in questa tentazione, generalmente, è portato a puntare il dito sugli altri e poco su se stesso. Vede la pagliuzza nell’occhio del fratello, ma non accetta di riconoscere che nel suo c’è una trave.