Ascoltavo tempo fa un dibattito televisivo, su uno degli argomenti più attuali di questi tempi “Bambini e televisione” e mi hanno colpito le solite allusioni alle colpe dei genitori e specie a quelle delle madri.
Essere madre, di questi tempi, è la situazione più adatta per sentirsi inadeguata, essere madre e lavoratrice sembra addirittura essere un peccato mortale.

La società alletta le donne lavoratrici perché diventino madri, le sollecita incitandole in tutti i modi anche preparando leggi ad hoc per favorirle e poi in ogni occasione le fa sentire inadeguate.
Gli esperti danno migliaia di consigli, i media danno consigli, la scuola consiglia, la comunità consiglia, tutti esercitano pressioni perché sembra che i figli di oggi siano più trascurati di quelli di una volta.

Le madri, che hanno disertato il loro posto di casalinghe, sottraggono il empo ai loro figli con gran detrimento della loro educazione.
Ricordo mia madre, ovviamente casalinga, abilissima in tutti quei lavori considerati “donneschi”, dedita completamente alla famiglia.

Mia madre che faceva il bucato nella vasca da bagno lavando e sciacquando per ore, che inginocchiata toglieva la cera dai pavimenti e la rimetteva pazientemente lucidandola con un pesante spazzolone e un panno di lana, che cuciva, sferruzzava, cucinava, toglieva l’erba dal ghiaino del cortile, indaffarata tutto il giorno dentro e fuori, che specie di madre era?
Con me c’era, è vero, la sua presenza fisica ma per chi era la sua attenzione?

Nella mia memoria non c’è un ricordo di quando ero piccola che sia legato all’effettiva attenzione di mia madre.
Io ero, mi pare, la bambina nell’angolo: con i giocattoli e i quaderni in un angolo del tavolo della cucina o di quello del tinello, con qualche passatempo nell’angolo della stanza o del cortile, con lo straccetto da lavare nell’angolo della vasca mentre la radio trasmetteva

“Sta qui, va via, fai i compiti, non sporcarti, dormi, finisci di mangiare raccomandazioni e regole, tante regole ma poche parole e pochissimo aiuto. Ogni ostacolo era tuo e tu dovevi superarlo, se cadevi sia materialmente che moralmente, ti ferivi, ti mortificavi, ti sentivi sconfitta era una buona lezione, ti rendeva più forte e riflessiva.

Questo perché mia madre aveva altro da fare, non aveva tempo da perdere e mi allevava semplicemente senza la mediazione di esperti e con il solo contributo di qualche perla di saggezza delle persone più vecchie di lei.
Era una buona o cattiva madre? Chissà se anche lei veniva accusata di non essere all’altezza. In realtà fare la madre è “un mestiere” che non si impara mai perché è troppo complesso articolatoe variabile. I figli sono “persone” diverse una dall’altra a cui si può raramente applicare un’esperienza precedente, specie la propria. Lavorare fuori di casa lo rende solo più “una sfida”.

E i figli di oggi, forse perché sono così pochi, più che persone sembrano essere diventati tesori da difendere e custodire e su cui riversare troppe aspettative.
Io credo che le madri, specie quelle che lavorano, di questi tempi siano molto più attente, semmai spesso lo siano anche troppo.
Ossia fanno sempre il “mestiere” più difficile del mondo e devono metterci molto più impegno.

Licia Pillinini Celledoni