– Battistero

– Negli ultimi anni dell’800, per le evidenti esigenze familiari e delle persone provenienti da altre zone, gli abitanti di Sanguarzo iniziarono a ristrutturare le case ed a costruirne delle nuove.
– La popolazione aumentava ed emerse l’esigenza di avere un proprio Battistero e una chiesa capace di accogliere i fedeli. Il 25 luglio 1898 fu rivolta istanza alla R.ma Curia di Udine per ottenere il fonte battesimale in Sanguarzo. Il 5 aprile 1901 venne concesso dal Rev.mo Capitolo di Cividale il decreto per l’erezione del Battistero.

– Decreto N° 213:
– “Noi Natale Mattiussi, Decano, Canonici e Capitolo dell’Insigne Collegiata di Cividale:
– Vista l’istanza 18 luglio 1900, diretta a questo Capitolo dal Vicario Curato dei Santi Pietro e Biagio, don Angelo Basso, e dal cappellano di Sanguarzo don Giovanni Comuzzi per ottenere la concessione del Fonte Battesimale in quella Chiesa filiale;
– Vista pure l’istanza 25 aprile 1898, firmata da 60 capifamiglia e spedita per lo scopo medesimo alla R.ma Curia Arcivescovile di Udine;
– Viste le conformi dichiarazioni in data 25 luglio 1898 del medico Dottor Giovanni Dorigo e della Levatrice Di Zanutto Anna;
– Considerati e riconosciuti ragionevoli i motivi addotti tanto nelle istanze, come nelle dichiarazioni accennate, essendoché tali motivi sono fondati sull’impotenza del villaggio che conta ora circa 700 abitanti, sulla distanza di essa da Cividale, mentre la principale borgata è lontana circa Km 2,500 e le altre sono ancor di più…
– Fatto riflesso che il Sacramento, com’è giustamente detto nell’istanza, propter homines, e che le decisioni della Sacra Congregazione dei Riti favoriscono i battesimi nella Chiesa filiale,
– per tutti questi motivi
– questo Capitolo delibera
– di assentire le istanze ad esso presentate dal Vicario Curato dei Ss. Pietro e Biagio, dal Cappellano di Sanguarzo e dai Capifamiglia di detto Villaggio, rilasciando il presente decreto, con cui viene concesso l’erezione del Fonte Battesimale in quella Chiesa filiale, alle seguenti condizioni:
– a) che restino assolutamente impregiudicati i diritti parrocchiali del Vicario Curato dei Ss. Pietro e Biagio riguardo ai Battesimi, che verranno amministrati a Sanguarzo;
– b) che gli atti di Battesimo siano riportati entro tre giorni nei Registri Canonici della Parrocchia;
– c) che prima del termine dell’anno siano trascritti nell’indice del Registro generale del Duomo;
– d) che vengano in qualche modo indennizzati i Nonzoli della Parrocchia dei Ss. Pietro e Biagio e del Duomo per la perdita degli incerti derivanti da tale concessione;
– e) che come regalia siano corrisposte al Canonico Custode n° 20 uova per la distribuzione dei Sacri Olii.
– Copia del presente decreto sarà conservato nell’Archivio Parrocchiale dei Ss. Pietro e Biagio di Cividale.
– Dall’Ufficio nostro Capitolare, il dì 5 aprile 1901.
– Natale Mattiussi Decano
– Canonico e Capitolo

– Il Sabato Santo, 6 aprile 1901, con grande solennità venne impartita la prima benedizione del Cero e del Fonte Battesimale. Fungeva da celebrante il Curato dei Ss. Pietro e Biagio di Cividale, can. Angelo Basso, da Diacono il Cappellano di Sanguarzo, don Giovanni Comuzzi, da Suddiacono don Luigi Flebus, Vicario Curato di Santa Maria di Corte di Cividale, per il servizio alcuni Chierici, cantori e un gran numero di fedeli.
– Il mercoledì seguente, 10 aprile, venne amministrato il primo battesimo.
– Dal Registro si rileva: Antonio-GiovanniBattista- Primo, figlio legittimo di Eugenio, fu Giuseppe Liberale, e di Benvenuta Marianna fu Giovanni Cumini, sposati in questo luogo, nacque il 5 di aprile, e battezzato dal Rev.mo Vicario Curato, Angelo Basso da Orsaria. Padrini: Mischis JoBatta da Spessa, della parrocchia di Gagliano e Mulloni Luigia da Madriolo. Erano presenti il Cappellano e molti fedeli.
– La popolazione, soddisfatta per aver ottenuto il Fonte Battesimale, richiese di realizzare quanto prima un progetto della Chiesa per renderla idonea alle esigenze liturgiche e all’aumento della popolazione.

– Il cappellano, don Giovanni Comuzzi, convocò i fabbricieri1 e persone rappresentative delle varie borgate. Gli incontri furono molti, con una partecipazione anche dei frazionisti. Si venne così ad abbozzare un progetto plausibile per la sistemazione della Chiesa. L’attuale chiesa potrebbe ridursi a croce latina, restando intatti nell’angolo della croce il campanile e l’attuale coro, che diventerebbe cappella del braccio laterale. Dov’è ora l’altare della Madonna, dovrebbe aprirsi il coro con a fianco la nuova sacrestia, con la porta esterna dalla parte del campanile. Dov’è ora la porta verrebbe la seconda cappella laterale, ove potrebbe essere collocato l’altare della Madonna. Il Battistero verrebbe trasportato in apposita nicchia in fondo alla Chiesa. La presente sacrestia verrebbe demolita con i muri dell’attuale altare di San Pietro, per dar luogo al braccio lungo della chiesa estendentesi sulla piazza, dove verrebbe la facciata principale e la porta maggiore. Come deposito di arredi sacri potrebbe aggiungersi una stanza uguale alla sacrestia, dalla parte dell’attuale coro.
– Ci sarà il fortunato che attuerà questo progetto?


– La nuova Chiesa

– Nel 1927, essendo prossimi a finire i lavori della nuova canonica, il Vicario Curatore, sac. Fabio Donato da Premariacco, diede l’incarico all’architetto Leo Morandini di Cividale di studiare a fondo la questione resa ormai necessaria ed urgente per l’aumento della popolazione che doveva soffrire continui svenimenti per mancanza d’aria. Il progetto e il preventivo di lavoro vennero approvati senza riserve dalla Commissione Diocesana d’Arte Sacra e la spesa complessiva di £ 1.500 venne sostenuta dallo stesso Vicario Curato, il quale ne tenne il più assoluto segreto fino al gennaio del 1929, in cui annunciò il suo regalo all’intera popolazione incitandola alla concordia ed alla generosità.

– Se ne diede l’annuncio a S. Ecc. l’Arcivescovo Mons. Giuseppe Nogara, il quale inviò una speciale benedizione a quanti avessero concorso ai lavori col consiglio, con offerte, con l’opera.
– L’annuncio fu accolto con un po’ di freddezza e di apprensione per l’ardua impresa, ma un po’ alla volta l’idea si fece strada e tutti concorsero con offerte in denaro, granoturco, frumento, bozzoli, uova, oggetti preziosi.
– Non mancarono delle difficoltà burocratiche. Frattanto il 19 gennaio 1930, presso il dott. GB. Mattana, notaio di S.Pietro al Natisone, i fabbricieri: Dini Bernardino, lussig Giuseppe e Pittioni Felice ricevettero in consegna la nuova abitazione del Vicario Curato, quale dotazione della Fabbriceria. La spesa totale benché non completa, sostenuta per detta opera, fu di £ 44.300, comprese le £ 9.900 del Comune.
– All’annuncio del nuovo anno Santo straordinario a ricordo del XIX centenario della Redenzione, venne presa la decisione di porre mano alla costruzione della nuova Chiesa entro l’anno, perché restasse ai posteri come ricordo e monumento della fede della comunità. Per conoscere a tempo il vero pensiero e la disposizione d’animo del popolo, fu indetta una votazione famigliare con scheda segreta di ritorno. Lo spoglio, eseguito in pubblico nella sala dell’asilo, diede i seguenti risultati:
– Famiglie 132
– – per il Sì:86
– – per il No:31
– – Voti nulli:13
– – Schede non restituite o smarrite:1
– – Astenuti:1

– Di Commissione riuscirono eletti:
– Per Sanguarzo: Cicuttini Giuseppe, Cicuttini Edoardo, Costaperaria Giuseppe;
– Per Guspergo: Luis Valentino, Boscutti Giuseppe;
– Per Sopravilla e Ponte: Cicuttini Angelo, Mulloni Antonio.
– La nuova Commissione si pose subito all’opera per ristudiare il progetto, ma dopo lunghe e battagliere trattative, riuscite infruttuose, si decise per un disegno già abbozzato dal 1930, di forma quadrata esterna e a forma di croce greca all’interno, con il coro a fianco al campanile, quindi inversa rispetto alla precedente.

– Tale esecuzione, però, richiese il preventivo acquisto ed abbattimento di una parte della casa di proprietà dei Fratelli Mulloni fu Marco, che sporgeva irregolarmente sulla piazza, ostacolando il passaggio con carri al Borgo Viola e impedendo un ampliamento della chiesa in quel senso. Il giorno 24 febbraio alla presenza di tutta la Commissione e dei proprietari Frat.lli Mulloni GioBatta, Luigi e Antonio fu Marco in Canonica si addivenne ad un accordo sul prezzo di compravendita di £ 4.000, con diritto di immediato possesso.
– Il giorno 6 marzo alle ore 9 si diede inizio all’abbattimento e alle ore 15 la parte della casa era demolita. L’indomani mattina una buona scorta di carri trasportò i materiali di rifiuto. Tutta l’opera venne prestata gratuitamente dai paesani.
– Alla fine di marzo si iniziarono gli scavi per le fondamenta. A Pasqua furono riempite di calcestruzzo con l’opera gratuita della popolazione entusiasta e sotto l’assistenza dell’architetto Leo Morandini.

– Si credeva di poter dare inizio immediato ai lavori, ma fu necessario attendere per ottenere il nulla-osta all’abbattimento della chiesa dal comm. Forlati, R. Sovraintendente ai Monumenti di Trieste, il quale, volendo ostacolare un’opera del Morandini e imporre un suo disegno, dilazionava il suo promesso sopralluogo fino alla fine di maggio. Poiché la popolazione non poteva più attendere per i lavori dei campi e non avendo avuto alcun esito da una quindicina di pratiche, il giorno 21 maggio, chiusa la divozione alla Madonna, si trasportò processionalmente il SS., fra generale commozione, nella sala della canonica adattata a Cappella, che funziona come tale fino al giorno della consacrazione della nuova Chiesa. L’indomani mattina alle ore 7, una buona cinquantina di paesani venne richiamata da un grande scampanio; mobili, altari, serramenti, pavimento ed ogni cosa conservabile venne asportata con cura. Nei giorni seguenti fu la volta del tetto, quindi dei muri. Celebrata la prima Santa Messa di buon mattino, la festa fu dedicata allo sgombero dei materiali e alla provvista della ghiaia e della sabbia. Alle ore 11 si sospesero i lavori per ascoltare la Santa Messa. Così si proseguì compatti per più mesi, di festa tutti, negli altri giorni a turno, senza defezioni. I fanciulli, le donne e i vecchi erano accanto ai loro congiunti. Il giorno 4 giugno l’area era sgombra e si potè collocare la prima pietra. Ne fu delegato il Decano di Cividale, mons. Valentino Liva, assistito da don Giuseppe Fedeli e mons. Ubaldo Picco, già cappellano di Sanguarzo, don Giovanni Suddici, mansionario del Duomo di Cividale e don Leone Mulloni, parroco di Faedis, da Sanguarzo. La piazza, ornata di fiori e di innumerevoli tricolori, era assiepata di popolo. Nel masso di pietra venne deposto e rinchiuso con cemento un vaso di vetro sigillato, contenente varie monete nazionali e pontificie, più una pergamena con la seguente dicitura:

– “Pridie nonis iunii, SS. Pontifice Pio XI – Rege Victorio Em. III – Vicario Loci Dom. Fabio Donato – Artefice Leone Morandini – Hodie D. D. Valentinus Liva. Decanus Capituli Foro Iulii – Primum Lapidem Ecclesiae S. Georgii M. de Sanguazo – solemni ritu – Benedixit et posuit”.
– L’opera muraria ebbe inizio il 14 giugno, eseguita dall’impresa Antonio Cargnello da Remanzacco. Intanto gratuitamente alcuni paesani squadravano le travi dai castagni, tagliati e trasportati durante l’inverno; Codecasa Bernardo con camion e rimorchio infinite volte trasportava ghiaia, sabbia, mattoni, tegole, calce, colonne e capitelli; talora era aiutato da Costaperaria Giuseppe con un automezzo.

– Le colonne vennero acquistate presso la ditta Arch. Radovig di Aurisina, le vetrate furono costruite dalla ditta Moschioni Giovanni da Cividale, i portali da Amedeo Medves da Cividale, i capitelli della chiesa e del coro furono scolpiti da Cesare Cumini di Romans d’Isonzo. La copertura a crociera proveniva da Idria.
– Il 4 novembre si tenne il tradizionale “licof” in canonica.
– Ma un periodo di lunga pioggia e poi una improvvisa bufera di neve, di ghiaccio e vento imposero la sospensione dei lavori (13 dicembre), che ripresero alla fine di gennaio e terminarono alla fine di febbraio. Il coro e le sacrestie erano completati; la chiesa, all’interno ed all’esterno, era intonacata a grezzo. La spesa totale si aggirava sulle 95 mila lire, coperte appena per 55 mila, raggranellate con mille industrie fra il buon popolo che conosceva già le conseguenze della crisi. Le famiglie Fratelli Pittìoni Attilio e Valerio fecero un prestito grazioso al 2,5%. L’impresario si impegnò ad attendere per 2 anni £ 10 mila; altre 10 mila furono trovate a prestito presso Caporale Antonio da Spessa.

– Il 10 marzo 1934 si diede inizio all’addobbo del paese per la giornata memorabile della consacrazione della chiesa. Mai il paese fu trasformato a quel modo: era irriconoscibile, anche l’illuminazione della facciata della chiesa, del campanile e della piazza era fantastica.
– La sera del medesimo giorno, alle ore 21, nella Cappella della casa canonica, si iniziò la veglia alle S.S. Reliquie dei Santi Martiri Pio e Vitale, che il giorno seguente sarebbero state poste nella pietra sacra. Il popolo non mancò durante l’intera notte. Al mattino presto sveglia, ma incominciò fitta la pioggia, che non smise per tutto il giorno. Alle ore 7.45 giunse in auto S. Ecc. l’Arcivescovo, accompagnato dal suo segretario don Pietro Baldassi e dal Cerimoniere don Angelo Venturini.
– Alle ore 8.15 iniziò la solenne cerimonia della consacrazione della chiesa. Erano presenti don Antonio Bertoni, parroco di Gagliano, don Luigi Faidutti, parroco di Premariacco, don Leone Mulloni, parroco di Faedis, don Giuseppe Fedeli, parroco di Santa Maria di Corte, don Giovanni Suddici, mansionario del Capitolo, don Luigi Nadalutti, cappellano di Dolegnano, don Pietro Qualizza, cappellano di Vernasso, don Giovanni Guion, cappellano di Azzida.

– Compiuta la consacrazione della chiesa e celebrata la Santa Messa, accompagnata dal coro locale, l’Arcivescovo amministrò il sacramento della Cresima a 75 fanciulli del paese e una ventina di giovani venuti da fuori. Nel pomeriggio, dopo il canto del “Te Deum”, con l’esposizione del SS., Mons. Arci-
– vescovo, prima di ripartire, rivolse ancora la sua paterna parola di lode e incoraggiamento.

– Lo sviluppo economico della zona e della motorizzazione non trovava una strada preferenziale nella via principale della frazione, troppo stretta e con molte curve. Dopo circa cinque anni di pratiche, il 24 maggio 1935, il piccone iniziò la sua opera di demolizione. Scomparvero così completamente, da levante a ponente, le abitazioni di Mulloni GioBatta fu Marco, Macor Giovanni, Urbancig Giuseppe, Liberale Antonio di Giuseppe; restarono mutilate quelle di Ribolla Giuseppina, Mulloni Osvaldo, Poderiesach Eugenio, Di Zanutto Giuseppe, Di Zanutto Pietro, Dini Bernardino. Con la strada asfaltata anche la salute pubblica ne ha guadagnato, perché prima il fango e la polvere erano i re assoluti del paese.

– Eseguiti i lavori stradali, la piazza rimase ad un dislivello che abbruttiva la chiesa e impediva il libero passaggio. Il comm. ing. Hermes D’Orlando, Capo Compartimentale dell’A.A.S.S. di Trieste, accogliendo i voti del Vicario Curato locale, dispose l’abbassamento e l’asfaltatura della piazza, sostenendo una spesa di circa 10 mila lire. I lavori di sterro, facendo rinvenire delle tombe con relative ossa, mostarono come il cimitero, che circondava la chiesa, si estendesse fino quasi a metà distanza fra la chiesa e la piazza.
– Costruita e consacrata la chiesa, il Vicario Curato iniziò la sua azione pastorale sia per preparare la popolazione alla Visita Pastorale del 4 e 5 marzo 1936 sia per sensibilizzarla ad ultimare i lavori: il soffitto, il pavimento, gli intonaci alle pareti ed altre opere di rifinitura.
– Iniziavano tempi difficili, resi ancora più duri dalle avversità atmosferiche. Alle ore 16 del 19 giugno 1936, festa del Sacro Cuore di Gesù, un violento temporale riversò, specie sul paese, una abbondante pioggia e per 75 minuti, ininterrottamente, una quantità eccezionale di grandine. Gli abitanti, usciti dalle abitazioni, si guardavano muti dal dolore per una simile sciagura. Il frumento, l’uva, il granoturco, le patate ed ogni altra cosa erano letteralmente scomparsi.
– Sua Ecc. l’Arcivescovo, pochi giorni dopo, inviò una sua personale offerta per i casi più pietosi di £ 500.
– Quando la vegetazione si era appena ripresa ed il cinquantino cominciava a promettere bene, un altro improvviso temporale, alle ore 21.50 del 4 settembre, scaricava sul paese un’altra buona dose di grandine, accompagnata da vento impetuoso, che distrusse quanto sopravvissuto al primo flagello.
– Il Vicario Curato moltiplicò le pratiche con il Municipio, il Fascio, gli Enti Agrari, il Prefetto per ottenere aiuti; ma, mentre in principio tutti erano larghi di promesse, i soccorsi in frumento da semina ed in denaro furono talmente irrisori ed inadeguati ai bisogni, che gli animi dei frazionisti ne erano esacerbati. La distribuzione di tali sussidi poi gettò nella lotta e nella discordia le famiglie, tanto che questo triste risultato fu più deleterio della grandine stessa.

– Se questa situazione rendeva impossibile il completamento dei lavori del- la chiesa, la notizia della partenza del Vicario Curato precluse qualsiasi speranza.
– La venuta del nuovo Vicario Curato, nella persona del sacerdote don Terzo Zanini, riaccese nei fedeli il desiderio di rivedere la propria chiesa accogliente e atta per i servizi liturgici.
– Su questa plausibile aspirazione, si addensavano sempre più dense nubi foriere di guerra, preannunciate anche da una situazione economica assai precaria. Così il 10 giugno 1940 iniziò anche per l’Italia la seconda guerra mondiale.
– Terminato il conflitto, non rimaneva se non una forte ripresa per sanare il dolore di tante famiglie per i propri congiunti caduti o dispersi in guerra, ricostruire le proprie case danneggiate dai bombardamenti o dai conflitti di parte e riprendere o trovare in qualche modo un lavoro.
– Lavori di completamento

– Solamente nella riunione del 6 febbraio 1965, i capi famiglia, convocati dal parroco nella sala parrocchiale, dopo un attento esame deliberarono di procedere all’esecuzione dei lavori riguardanti la chiesa: rimettere in efficienza il tetto, rifare il soffitto e intonacarlo e similmente pareti e pavimento. Espletate le varie pratiche, il 1º luglio 1965 l’impresa appaltatrice, ditta Giovanni Lesa da Cividale, diede inizio ai lavori che terminarono il 31 ottobre 1965.
– Il 15 novembre iniziarono i lavori per la messa in opera del pavimento in “Repen Classico”. L’8 dicembre 1965, solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, la chiesa accoglieva di nuovo i suoi fedeli per le funzioni liturgiche.
– Per il termine dei lavori non si fece alcuna festa, volendo partecipare al lutto per la morte della signora Mulloni Carina, vedova del nonzolo Mulloni Raffaele, e al saluto cristiano con la celebrazione della Santa Messa nel pomeriggio alle ore 14.30, di detta festività.


– Terremoto

– È maggio 1976: la natura si riveste di colori variopinti, tra il verde dei prati spuntano come stelle i fiori, nei giardini la loro fragranza invita ad uscir di casa, i primi tepori suggeriscono programmi di soggiorni al mare o ai monti.
– Fanciulli, giovani, uomini e donne si recano alla chiesa per esprimere con la recita del Santo Rosario la filiale devozione alla Madre celeste.
– Al termine dell’incontro di preghiera, il mese offre agli adulti un’occasione utile per uno scambio di parole a sostegno ed aiuto per le vicissitudini della vita ed ai giovani per trascorrere qualche ora lieta tra prove di canto e giochi.
– Con questo spirito la popolazione si reca in chiesa la sera del 6 maggio 1976.
– Dopo la recita della preghiera mariana, alcune persone si trattengono in chiesa per ascoltare i ragazzi che eseguono alcuni canti in preparazione alla prima comunione dei fanciulli, altre, la maggior parte, escono in piazza a gruppetti scambiandosi impressioni sui fatti del giorno.
– Alle ore 21.02 si percepisce un forte boato con movimenti sussultori del terreno. La gente in piazza fugge immediatamente a casa. I ragazzi e le altre persone rimaste in chiesa, vengono invitati dal parroco a reggiungere un angolo assai sicuro dell’edificio sacro. Trascorrono alcuni momenti terribili e terminata la scossa tutti ritornano alle proprie abitazioni, emettendo anche delle grida.
– Chi ha provato, può comprendere! Viene a mancare la luce, le comunicazioni telefoniche sono interrotte. Il parroco con alcune persone, servendosi delle torce, si reca in chiesa. Notano dei calcinacci a terra per le lesioni alle pareti e al soffitto della chiesa, assai gravi sono le lesioni alla sacrestia e in certi punti al campanile.
– Giunge l’alba del 7 maggio. Il sole illumina ogni luogo e, come un faro, mette in rilievo i danni recati dal sisma. Tutte le famiglie della frazione quantificano i danni. Così, ai primi di luglio ha inizio l’iter burocratico per poter riparare i danni. Effettuati i sopralluoghi da persone esperte e qualificate, si definiscono progetti e tempi di ricostruzione e di riparazione. I mesi si susseguono e solamente nel 1979 iniziano in zona i lavori di ricostruzione.
– I danni subiti dalla chiesa sono denunciati alla Curia Arcivescovile di Udine, che in accordo con il Genio Civile di Udine, deve provvedere a suo tempo al ripristino.
– Per gli edifici abitativi secondo la disposizione della legge regionale 22 maggio 1977 n. 30 e successive modifiche ed integrazioni è delegato ogni Comune della Regione.
– Con il decreto datato 16 dicembre 1978, il parroco viene informato della concessione del contributo per la riparazione della casa canonica con le sue adiacenze: i lavori devono iniziare entro il 15 dicembre 1979 e terminare entro il 15 dicembre 1981.
– Il progetto, approvato in data 10 ottobre 1978, viene realizzato dalla Linea A.
– I lavori iniziano e terminano nel tempo fissato dal decreto. La ditta appaltatrice è l’Achille Fadalti Costruzioni di Fontanafredda di Pordenone.
– Nell’agosto del 1981, il parroco ritorna nella sua canonica.
– In occasione del collaudo dei lavori della canonica, l’ingegnere Lorenzo Della Torre viene incaricato di stendere i relativi progetti per il restauro della chiesa.
– La gara d’appalto viene vinta dall’Impresa Friulcos S.p.A. di Spilimbergo – via Santorini n. 34. Il contratto d’appalto è stipulato in data 10 ottobre 1988 e registrato a Udine il 4 novembre 1988, al n° 1456, serie 3 – Privati.
– Importo dei lavori a Base d’asta£162.000.000*
– Ribasso d’asta 9,60£ 15.628.800*
– Importo del contratto£147.171.200*
– In data 12 dicembre 1988 il rappresentante dell’Impresa Friulcos S.p.A., il signor Rinaldo Cedolin e il Direttore dei Lavori, l’ingegnere Lorenzo Della Torre si sono trovati in Sanguarzo per stendere il verbale di consegna del lavori:

– Contemporaneamente viene redatta la relazione geologica.
– Tenendo fede a tale studio, l’Impresa Friulcos realizza i seguenti lavori per il ripristino della chiesa di San Giorgio Martire in Sanguarzo: rifonda certi punti della base del campanile; erige quattro setti ai lati nord e sud della chiesa; realizza nuovo manto di copertura della chiesa, intonaci interni ed esterni, grondaie, tubi pluviali, iniezioni di strutture lesionate con resine sintetiche ed altri lavori di completamento, quale la posa in opera del pavimento del coro, il cui acquisto è a carico della parrocchia.
– I lavori, causa periodi di sospensione, terminano il giorno 4 aprile 1990.
– Il 6 agosto 1995 il pittore prof. Aldo Colò comunica al parroco la volontà di donare alla Chiesa di San Giorgio Martire un quadro, avente per soggetto la “Cena di Emmaus”, da porre all’abside della chiesa e precisamente nel coretto.
– Realizzata l’opera, viene esposta ed inaugurata la prima domenica di ottobre, l’8 ottobre 1995, solennità della Beata Vergine del Santo Rosario.