Secondo il Catalogo episcopale aquileiese Ermacora e Fortunato furono il primo vescovo di Aquileia e il suo diacono. Nella loro passio, di cui ci sono giunte due diverse redazioni, si racconta che l’apostolo Pietro, mentre si trovava a Roma, incaricò il discepolo ed evangelista Marco di diffondere la buona novella nella città di Aquileia.

Obbediente, Marco intraprese il lungo viaggio e finalmente giunse in vista della metropoli altoadriatica. Presso la porta occidentale incontrò un giovane lebbroso, il quale, saputo che Marco era un medico cristiano capace di guarire tutte le malattie, la scongiurò di sanarlo.
L’evangelista allora la toccò e all’istante il suo braccio e la sua mano guarirono.

Il giovane, che si chiamava Ataulfo ed era di nobile stirpe, corse a casa e raccontò tutto al padre Ulfila; questi a sua volta si precipitò dallo straordinario taumaturgo e lo pregò di guarire completamente il suo figliolo. Marco esaudl la preghiera, vedendo che Ulfila era pronto ad accogliere la fede cristiana con cuore sincero; infatti il nobiluomo volle essere subito battezzato insieme alla sua famiglia.

Dopo aver svolto la sua missione per alcuni anni, convertendo numerosi aquileiesi e formando la prima comunità cristiana del luogo, Marco desiderò far ritorno a Roma per rivedere Pietro.
Egli condusse seco Ermacora, vir christianissimus et elegans persona ( uomo di salda fede e persona corretta) , affinché fosse consacrato vescovo di Aquileia da Pietro in persona.

Ritornato in patria, Ermacora continuò a predicare con fervore, compiendo miracoli, battezzando, ordinando sacerdoti e diaconi, inviando missionari nelle città della regione aquileiese.
Allorché ad Aquileia s’insediò il nuovo preside, Sebasto, i sacerdoti pagani gli chiesero di intervenire nei confronti di Ermacora, colpevole di sedurre il popolo con a nuova religione e di allontanarlo dai templi degli dei romani.

Sebasto lo fece arrestare immediatamente e gli intimò di abiurare e di sacrificare agli dei pubblicamente. Al suo netto rifiuto, lo condannò alle consuete atroci torture; Ermacora le sopportò tanto coraggiosamente da impietosire il popolo, che a gran voce chiese al preside di farle cessare.
Temendo disordini, irritato e impaurito Sebasto fece incarcerare Ermacora.
Anche in cella il santo vescovo continuò a pregare e a parlare di Cristo, cosicché Ponziano, il suo carceriere, convertitosi, chiese il battesimo. Con l’ aiuto di Ponziano molti aquileiesi poterono recarsi in carcere per ascoltare la predicazione di Ermacora e convertirsi, profondamente colpiti dalla luce e dal profumo soavissimo che emanavano dalla sua cella.
Questo fatto indispettì oltremodo i sacerdoti pagani i quali, minacciosi, intimarono al preside di condannare il vescovo alla pena capitale, come del resto era già stato fatto a Roma nei confronti di Pietro.

Sebasto domandò tre giorni di tempo per riflettere e agire con prudenza.
In quei giorni Ermacora poté compiere altri miracoli: guarì il figlio di Gregorio, che era indemoniato, e ridonò la vista alla matrona Alessandria.

Inoltre, su richiesta dei presbiteri, nominò suo successore il diacono Fortunato. Sempre più impaurito dalle minacce dei suoi sacerdoti, il preside decise di far decapitare Ermacora insieme a Fortunato, ma volle che la condanna fosse eseguita di nascosto, in carcere e nottetempo, per timore di tumulti.
I corpi dei due martiri furono raccolti da Ponziano, Gregorio e Alessandria e sepolti nel recinto funerario di quest’ultima, in un cimitero non lontano dalle mura della città.

Tutti i malati che si recavano a venerarne la tomba riacquistavano la salute (quocumque detentifuissent infirmitate sanitatem recipiebant). Non si ha memoria che anticamente ad Aquileia sorgesse una cella memoriae (cappella funeraria) o una basilica dedicata ai due martiri; soltanto nel medioevo essi furono accomunati a santa Maria madre di Dio nell’intitolazione della basilica.

Non ci sono pervenute iscrizioni funerarie paleocristiane che perlomeno alludano alla loro tomba. Secondo gli acta essa si trovava foras murum Aquileiae in agello memoratae Alexandriae matronae (fuori le mura di Aquileia, nel terreno della gia ricordata matrona Alessandria);

secondo una fonte medievale, che narra il ritrovamento dei corpi santi e la loro traslazione nella cripta del duomo di Grado, essi giacevano ancora in un mausuleo saxo (mausoleo marmoreo) situato nella planities agelli Alexandriae (nella campagna, e precisamente nel terreno di Alessandria).

Dove poteva trovarsi l’ agellum di Alessandria, cioé il suo piccolo appezzamento di terreno situato in zona sepolcrale? Forse lungo la Via Gemina, nei pressi del cimitero che accolse anche le sepolture dei Canziani, Proto e Crisogono? Quel cimitero è stato localizzato dagli archeologi nell’attuale paese di San Canzian d’Isonzo, dove tuttora esiste una localita detta Marcorina: il toponimo è suggestivo e promettente, e chissà che in futuro l’ archeologia non ci regali un’ altra sorpresa come quella dei Canziani ( cf. scheda Canzio, Canziano, Canzianilla) .

Secondo gli studiosi il racconto riportato negli acta e leggendario; l ‘unico elemento di verità e costituito dalla realtà storica dei due martiri Ermacora e Fortunato, che certamente furono uccisi ad Aquileia, poichè come tali sono ricordati dal martirologio geronimiano, fonte attendibile. In questo documento al 12 luglio è riportato: «IV Id. Iul. In Aquileia sanctorum Fortunati et Armageri». Il nome Armagerus,

nelle diverse copie del martirologio giunte fino a noi, compare anche nelle forme Armagrus e Armigerus.

In un altro codice è ricordato solo Fortunato: «IV Id. Iul. In Aquileia Fortunati».
Saltano agli occhi due fatti: Ermacora e Fortunato non sono qualificati come vescovo e diacono e inoltre il nome di Fortunato precede quello di Ermacora.
Su queste inconfutabili osservazioni gli studiosi si sono confrontati in interminabili discussioni, il cui fulcro può essere chiaramente riassunto attraverso le parole dell’illustre storico francese del XVII secolo Louis Sebastien Tillemont: «Se questo Armagero e sant’Ermacora, ciò sarebbe una prova che la chiesa d’ Aquileia l’ha sempre venerato come martire. Ma l’avrebbe essa messo dopo san Fortunato se l’avesse riguardato come il suo primo vescovo, come l’apostolo della città e dei dintorni, e come incomparabilmente più illustre di san Fortunato, secondo quanto scritto nei loro atti?».

Le discussioni sulla «questione ermacoriana» sono tutt’altro che appianate. Nei martirologi altomedievali sono contenute maggiori informazioni. In quello di Floro è riportato: «IV Id. Iul. Apud Aquileiam natale sancti Hermagorae, primi eiusdem civitatis episcopi» ( 12 luglio. Ad Aquileia si commemora l’ anniversario del martirio di sant’Ermacora, primo vescovo della città).

Nel martirologio di Usuardo è aggiunto che Ermacora fu discepolo di san Marco evangelista, che Fortunato fu il suo diacono e che furono martirizzati insieme mediante decapitazione, dopo essere stati sottoposti a torture (in Aquileia natalis sancti Hermagorae episcopi) discepuli beati Marci evangelistae) qui inter miracula sanitatum et predicationis instantiam ac populorum conversionem) plurima poenarum genera expertus, ad ultimum cum Fortunato archidiacono suo capitali supplicio perpetuum meruit triunphum.

«Ad Aquileia si commemora il martirio del vescovo sant’Ermacora, discepolo di san Marco evangelista; egli, mentre predicava instancabilmente convertendo le folle e guarendo miracolosamente, fu sottoposto a ogni genere di torture;
alla fine fu condannato alla pena capitale insieme al suo diacono Fortunato, meritando la gloria perpetua»).

Sembra di poter affermare, oggi, che i martirologi altomedievali abbiano utilizzato come fonte gli acta di Ermacora e Fortunato, scritti verosimilmente nell’età carolingia con lo scopo di confermare con documenti scritti la tradizione orale dell’origine apostolica della chiesa aquileiese, tradizione sviluppatasi nei tempi turbolenti dello scisma dei Tre Capitoli (553-699), che mise Aquileia in forte contrasto con Roma.

Tra il VI e il VII secolo, infatti, proclamando la propria origine apostolica attraverso Ermacora, Marco e Pietro, Aquileia sostenne l’ autocefalia, sottraendosi di fatto all’autorita del papa e autorizzando i propri vescovi a fregiarsi del titolo di patriarca. Ermacora e Fortunato sono stati scelti quali santi protettori della regione Friuli Venezia Giulia; ogni anno, il 12 luglio, nella basilica di Aquileia sono commemorati con una solenne concelebrazione a cui partecipano centinaia di fedeli delle quattro diocesi.

Il racconto degli acta è puntualmente illustrato nel ciclo di affreschi eseguito nella cripta della basilica di Aquileia nella seconda meta del XII secolo, durante il patriarcato di Voldorico di Treffen. Ermacora e Fortunato sono ritratti anche nel catino absidale del presbiterio popponiano, a destra della Vergine con il Bambino (pri

ma metà del secolo XI) e nel trittico di Pellegrino da San Daniele (1503), originariamente pala dell’altare maggiore e oggi collocata nella cappella Torriani.

Nel tesoro del duomo di Grado è conservata una cassetta-reliquiario in argento sbalzato, opera di una bottega veneta del1338, con le figure del protovescovo, del suo diacono e delle quattro Vergini martiri aquileiesi (cf. scheda Eufemia, Tecla, Dorotea ed Erasma).
L’immagine di sant’Ermacora è riprodotta anche sulla copertura di un evangeliario d’argento dorato risalente al Trecento. Dietro l’altare maggiore è collocata la pala d’argento dorato del1372; nel registro inferiore, a destra e a sinistra di san Marco celebrante, sono rappresentati Ermacora e Fortunato affiancati dalle quattro vergini aquileiesi.

Le figure dei due santi compaiono anche nell’ affresco sbiadito del catino dell ‘ abside (secoli XIV- XV) . Nella navata destra della cattedrale di Udine e dedicato loro un altare con una pregevole pala, opera del pennello di Giovan Battista Tiepolo (1732).

Nella navata sinistra è collocata la pala dipinta nel 1501 da Giovanni Martini, nella quale Ermacora è raffigurato insieme a san Marco in cattedra e ad altri santi; Ermacora è identificabile grazie al suo speciale pastorale, un semplicissimo bastone ricurvo privo di ornamenti preziosi, l’antico baculum pastorale a capite arcuatum che qualifica l’iconografia del protovescovo a partire già dal secolo XII.

Esso rispecchia una insigne reliquia, il pastorale di sant’Ermacora, detto anche pastorale di san Pietro, oggi conservato nel tesoro della metropolitana di Gorizia, che fin dal medioevo fu insegna peculiare dei patriarchi di Aquileia. Secondo la leggenda esso fu trasmesso da san Pietro a sant’Ermacora, come segno della sua consacrazione.

Al di là delle leggende agiografiche e della pietà popolare, bisogna riconoscere l’antichità dell’oggetto e la sua forte connotazione simbolica, di cui seppero ben approfittare i patriarchi da Poppone in poi. Nel tesoro della metropolitana di Gorizia è conservato anche il busto reliquiario di sant’Ermacora, copia fedele dell’originale rubato nel1956.

L’originale era un ottimo lavoro di oreficeria, assegnabile a una bottega udinese o cividalese attiva nella prima meta del Trecento; il reliquiario fu commissionato dal patriarca Bertrando di San Genesio nel1340, come informa l’iscrizione gotica incisa sull’orlo della casula (unica parte originale superstite).
Altre presunte reliquie del protovescovo e del suo diacono sono visibili nella cripta della basilica di Aquileia.

GABRIELLA BRUMAT DELLASORTE

BIBLIOGRAFIA
PASCHINI P. – CANNATA P., Ermacora e Fortunato, in.Bibliotheca Sarctorum, vol. V, coll. 10-21, Roma 1964.
PASCHINI P., La chiesa aquileiese e ilperiodo delle origini, Udine 1909. TAVANO S., Aquileia e Gorizia. Un tesoro in comune, Udine 1993.

da : Santi e martiri nel Friuli e nella Venezia Giulia
Ed. Messaggero Padova, pp. 29-32