Piero Leone  Pravisan, architetto in Udine, da lungo tempo affianca l’attività professionale alla pittura, che coltiva con costanza nel riserbo di una cultura vasta e umanisticamente fondata. Sono numerose le opere che testimoniano un fare assiduo, consapevole degli assunti storico-artistici, ma attento alle problematiche di cui l’arte si fa interprete nel panorama culturale contemporaneo.

L’aspetto tematico e lo sperimentalismo tecnico manifestano l’atteggiamento di ricerca di chi percorre in modo disinvolto la conoscenza per formulare ipotesi nuove con bagaglio solido e sicuro.

Oggi, dopo decenni di lavoro, Piero Pravisan propone per la prima volta al pubblico una selezione di  circa trenta opere che raccontano la sua personale e aggiornata avventura creativa.
Che fuori dal clamore assordante che troppo spesso ci circonda, si fa portavoce di una contemporaneità colta, silenziosa, ma intrisa dell’inquietudine consapevole di tanta parte dell’umanità del nostro tempo.

Dalla materialità del sasso al cosmo, dalla fluidità del racconto alla sospensione metafisica, Piero Leone Pravisan dice questo nostro essere nel mondo con fare imprevedibile e visionario.

Muove dalla durezza e finitezza del dato normale, che seleziona con occhio meticoloso dopo ampia ricerca. Valica il limite oggettuale del dato di partenza con innesco surreale, che trasforma l’elemento di base attraverso percorsi interiori così da favorire associazioni libere, che fuori da ogni stereotipo, si propongono dense di nuovi e imprevisti significati.

Sono questi gli oli, che nel soggetto eleggono la materia inanimata, per discuterne la fissità attraverso l’innesco di un carattere metamorfico che attribuisce al soggetto nuove ed inquietanti realtà (Senza Titolo 1992).

Talora l’artista accosta sulla tela elementi inconciliabili che nel differire creano situazioni spiazzanti e solo apparentemente disarticolate. Avanza il valore attivo di una interiorità che dà immagine al reale e si qualifica sempre più all’interno del paradosso, trasformando per antinomia gli elementi convenzionali della percezione attraverso opposizioni sensorie e intellettuali.

Nascono opere sospese nel contrasto animato-inanimato; duro-molle; fisico-metafisico; colore-incolore; pesante-leggero ecc… così da creare situazioni aperte e non arginabili nella finitezza del dato oggettuale (Senza Titolo 1996)

È una pittura lenta e meditativa quella di Piero Leone Pravisan, che percorre sentieri pazienti, per offrire risultati che chiedono all’osservatore uno sguardo scrupoloso, un’attenzione e un tempo di partecipazione lungo.

Anche nelle carte, alla base del processo creativo, vi è la ricerca di una forma che si offre attraverso un incontro improvviso di senso.

È dai tempi dell’università a Venezia che la china impropriamente sul tavolo da disegno offre allo sguardo dell’artista il pretesto per divagazioni percettive e che nella sua mente le forme generate dalla casualità del materiale danno luogo a nuove e fantastiche realtà.

Maghi, streghe, personaggi biblici o mitologici, re e regine si precisano quindi attraverso il paziente lavoro della mano, che con procedere lento, meticoloso, quasi ossessivo, definisce opere dal carattere misterioso per quel nascondere in modo anamorfico le forme nelle forme, i colori nei colori.

Dalla profondità del nero china, il cui carattere attivo nell’”arginare” diviene fondamentale nella definizione delle forme, si stagliano figure dall’inusuale ricchezza iconologica, accompagnate da titoli che aprono verso una articolazione capace di superare la pura visibilità dell’opera…

Le frasi che accompagnano le opere, nel loro articolarsi di rimandi letterari, citazioni personali e assonanze surreali dalla forte suggestione, conducono il pensiero nel riguardante attraverso sentieri pluridirezionali, improvvisi, alle volte spiazzanti.

Ma certamente in grado di creare uno smottamento di senso all’interno delle consuetudini e degli stereotipi culturali, di eludere i parametri delle convenzioni intellettuali aprendo varchi tangibili e destabilizzanti del nostro distratto, passivo, scivoloso pensiero quotidiano.

(Francesca Agostinelli  2007)

AGGUATO


ANCORA OGGI, CENT’ANNI DOPO IL FATTO, I MAGHI DISCUTONO SU COME IL BOSCO ABBIA POTUTO CAMBIARE COLORE E DIVENTARE, IMPROVVISAMENTE ROSSO



ATTENTA GINEVRA, ARTÙ SOSPETTA QUALCOSA…

DA CENTO ANNI IL VECCHIO ERBORISTA STA CERCANDO LA PIANTA CONTRO LA STUPIDITÀ

DOPO UN BAGNO ALESSANDRO NON SI SENTE NIENTE BENE… I SUOI GENERALI STANNO GIÀ PENSANDO A COME SPARTIRSI L’IMMENSO IMPERO

E TU BETLEMME SEI TROPPO PICCOLA PER ESSERE TRA I CAPOLUOGHI DI GIUDA

È BRUTTO DIRLO, MA UN MAGO È INVIDIOSO PERCHÈ L’ALTRO HA L’AUREOLA

EPPURE NONOSTANTE CIÓ, I DODICI PELLEGRINI SI SONO PERDUTI

ICARO ICARO… IO CI PENSEREI PRIMA NON 1 MA 100 VOLTE

IL RE DELLE MEDUSE (E ALTRO ANCORA)

MAGA BELLISSIMA MENTRE EVOCA SPIRITI IMMONDI

MI SA TANTO CHE IL CAVALIERE ERRANTE STAVOLTA SI FERMA

NUDO FEMMINILE, NUDO ANIMALE, MAGO BUONO E MAGO CATTIVO.

PAPAVERI A PERDITA D’OCCHIO

SAN LORENZO IO LO SO PERCHÈ TANTO ECCETERA

SE SIA VERO FUOCO NON È DATO DI SAPERE… CERTO, TIRA UN FORTE VENTO

SENZA TITOLO 1

SENZA TITOLO 2

SENZA TITOLO 3

SENZA TITOLO 4

SENZA TITOLO 5

SENZA TITOLO 6

SENZA TITOLO 7

SGUARDI INDISCRETI

SOLO E PENSOSO I PIÙ DESERTI CAMPI ECCETERA STSTSTSST

STRANAMENTE, NÈ GASPARE, NÈ BALDASSARRE L’HANNO ANCORA VISTA